transontologia sublime
L’apeiron dei quanta però non è mai irreversibile: c’è sempre un senza fine infinitesimo
o una abissalità senza fondale ove si autoeventui il sublime quale klinamen o ab-scissa dell’archè o dell’evento o della transingolarità o transereignis o evento della splendenza sublime.
A quella visione quantica si aggiunse nel corso del tempo una dinamica del sublime interpretata dal pensiero della dynamis aristotelica, quale coercizione kategorica del dynon o phyon eraklitiano, quale essere abissale che si eventui senza fine, quale risplendenza sublime o transplendenza sublime o tramontanza o splendenza sublime o splendezza: qui la transpurezza è transkatarsi e la sua transfenomenica suscita quel sentimento o quella tensione o quella intermittenza che tanta fortuna avrà nel pensiero di Burke e di Kant, tanto da eventuare il transfenomeno del sublime o il noumeno del sublime, ovvero il sublime fenomenico e il sublime noumenico.
Ma nessuno si è ancora chiesto del perchè esista una musa della bellezza e non ci sia una transmusa del sublime. Forse il pensiero di Plotino ci viene in soccorso per delineare nel transmito di Kalypso la disvelatezza del transmito del sublime, quale transbellezza in transestasy instabile, fluttuante, phyon o dynon o transplendenza sublime o splendezza sublime in contrastanza transdelirante assentemente presente, o che si sveli solo nell’infinito o nel senza-fine o nell’abisso del senza-entità dell’etere o che aleggi sempre entousiasta , nell’eventuarsi sempre ab-scissa dell’essere-sublyme in transmitica alterezza quale bellezza-sublime o sublime-bellezza. Le interpretazioni della transestetica transestatica quell’eventuarsi dell’abissalità transgettano nel pensiero in mondità. Quel che seguirà è intriso di quella transpregnanza e salienza in transplendenza sublime o transplendezza.
a) transestetica estatica
Il sublime dilata le transmittenze del cuore in sistole e diastole e costringe l’attenzione nella transtabilità e nella tensione. È stancante: è la transestetica sublime o transplendenza sublime o transluccicanza sublime o risplendezza o transrisplendezza sublime o splendenza dell’evento sublime. La bellezza discioglie la transpurezza dell’anima : si percepisce una differenza transfenomenica o una incongruenza spaziale nella transestetica, presente nell’epigenesi longiniana del sublime, ma non ancora una differenza noumenica nella transbellezza o nel sublime. Qui il sentimento o l’intenzionalità sublime consiste in una vibrazione o alternazione rapida dei sentimenti o alterità o alterezza o splendenza o splendezza dell’esserci.
Il dinamicamente sublime o dynon o phyon o splendezza sublime è simile alla transpotenza osservata in natura irresistibile e terribile, ma se si è al sicuro, si rimane disinteressati e perciò non c’è più un ob-getto o gegenstand che incuti paure. Dio è terribile ma l’uomo non ha paura. Anzi solo il dio del sublime quale ultimo Dio o ultimo degli dei ci può salvare, o solo il sublime o la splendenza sublime salverà il mondo. Quella è la differenza: il sublime è il coraggio della transpurezza dell’anima e consente di scoprire un’abilità di transtabilità transepistemica, ma solo perchè c’è l’alterezza dell’esserci o la splendezza dell’evento sublime. La natura è sublime perché eleva, innalza l’immaginazione all’esposizione eccelsa o la svela nella transplendenza o transplendezza, là ove la mente può essere l’unica facoltà capace di comprendere la sublimità, anche al di sopra della stessa natura, quale sublimità transautentica che si sveli nella libertà transestetica dell’alterezza o nella splendenza sublime. Tale libertà è al di là del naturale: interagenza intima tra il sublime o il dinamicamente sublime è l’ontologia della libertà. C’è il sublime quale libertà che trascenda la natura. Il sublime possibile o La sublimità, la sublime transpurezza, il dinamicamente sublime è sempre in relatività o in reciprocità transkategorica o in interagenza con la libertà. E’ la problematica della differenza transkategorica tra il matematico e il dinamicamente sublime, o della differenza analitica tra la transbellezza e il sublime: entrambi presuppongono l’inclinazione o il klinamen di trans-essere e la transensibilità del piacevole; il trans-essere è pensato nella transpurezza della transvivenza o l’analitica della transbellezza della natura interessante la forma del transente, che esiste che c’è, che si dà quale esserci o dasein-analytik ; il sublime invece si trova di fronte un gegenstand, sempre non-ente o transente infinito o transentità abissale senza-fine, senza fondo, un ni-ente, un nulla o un essere che ci viene in-contro quale transente informale, l’infinità, o completezza transkategorica della transmonade o dell’arkè o della transingolarità infinitesima nel suo subliminare ed infinitamente irreversibile nell’apeiron, nell’essere sempre senza fine e senza un fine o un transtelos: è in interagenza la piacevolezza del trans-essere con la qualità, o la quantità kolossale e magnanima e perciò alta e nobile quale eccellenza o quale alterezza o quale evento della transplendenza sublime. Nell’analitica della transbellezza c’è la seducenza quale attrazione transfenomenica, senza la presenza di una immagine quale evento seducente; la transestetica transestatica sublime invece è presente immediatamente quale compresenza di immagine pensante o come emozione o intenzionalità dell’immaginazione dell’ esserci o del non ente, niente, nulla o sacra superentità divina, incongruente e incompatibile con le attrazioni e con la seducenza, anzi prossima al timore e all’angoscia; la mente lì è costretta non soltanto alla presenza transtabile dal transente, ma è sospinta al di là , tanto da non afferrare o percepire la completezza transkategorica dell’arkè, quale transingolarità e dell’apeiron e per-ciò incapace nel contenere il trans-essere, o una desideranza, ed allora si evidenzia quale transenso, contrastante, di ammirazione o tensione o attenzione, quale desideranza anche negativa, o non desideranza o dispiacere o timore o tremore o paura ed angoscia. La differenza più importante e più intramonade, sempre transfenomenica o transkategorica , è quella dell’analitica del sublime o della transbellezza dell’esserci o dasein-analytik : qui il sublime si pensa quale transensibilità che si esprime nella sensibilità transestetica, la quale non desidera essere ricondotta alla corrispondenza con una transidea che non si possa sacrificare nell’apparenza: il visibile richiede la bellezza come se ci fosse insistenza dello stesso ob-getto, la transpurezza desidera un’armonia completa fra il principio e l’inclinazione, perché tutta la tensione o l’attenzione si trans-getti, giacchè si sente ancora in incompletezza, quale virtù non perfetta.
Trovare il sublime nella transbellezza è la transbellezza filosofica. Quale analisi di Aristotele della tragedia nella Poetica, in salienze o pregnanze della tragedia; come nell’esperienza di paure e compassioni conducenti ad una catarsi delle emozioni. Aristotele appare ob-scuro nello svelare l’accadenza catartica. C’è bellezza e c’è la bellezza-sublime o plotiniana, due transingolarità in continuità: la transbellezza è leggerezza in equilibrio transtabile, è una qualità debolmente decorativa . Nell’alterezza c’è la più ob-scura bellezza-sublime o transarmonia afenomenica eraklitiana, la quale si dispiega in profondità sublime o dynon o phyon e verità, o transbellezza sublime o evento splendezza. La differenza tra le due estremità, o meglio la differenza tra i due spazi topologici che si incontrano come in un nastro di Mobius, svela l’analitica della transbellezza dell’esserci: se un fiore, un tramonto, un poema, un dipinto, o un brano musicale: qualsiasi bellezza possa essere transvisibile anche come bellezza sublime, o se sia adeguata alla transfenomenica ermeneutica. Il differenziale nel continuo è costituito dalla consapevolezza dell’analitica transfenomenica del sublime nella bellezza o della transbellezza nel sublime quale evento splendenza.
La transfenomenica ermeneutica della transbellezza è ontologicamente connessa con la profondità e la verità, l’abisso e la svelatezza, e non è una transbellezza che si adegui nelle transcategorie della transbellezza quale sublime-bellezza. L’analitica del sublime eventua una complessità della transbellezza . L’analitica della transestetica del sublime emerge come una più complessa ermeneutica della transbellezza, quale transbellezza filosofica o trascendenza della transbellezza o sublime bellezza. Quella transinterpretanza dell’analisi della transbellezza connessa con alcuni dei commenti di Aristotele sulla tragedia possono delineare l’emergere di un nuovo transparadigma. Nell’Analitica si distingue il sublime dalla bellezza transfenomenica: è bella la bellezza modello in un ob-getto, quale principio di organizzazione di pensiero nell’ob-getto, senza che l’ob-getto stesso abbia utilità. Qualcosa è bella, contrapposta ad utile, con caratteristiche che si possano identificare con l’utilità, ma l’ob-getto in sè è inutile, è disinteressante severamente, mentre dà il piacere. Un fiore è bello per la sua organicità, la sua simmetria i suoi colori come caratteristiche utili in un transente , ma la transentità è essenzialmente inutile , e così si pensò la transbellezza senza telos.
Il sublime, in contrasto, è un principio di turbamento. È il transfenomeno intuente o la comprensione che incontrino qualche transentità che non si possa organizzare o contenere. Non si possa determinare un principio di organicità che delimiti la transentità, giacché non si possano determinare limiti all’entità quale ob-getto sublime. Non si possano determinare limiti al transente che si sveli da sè, perché quell’entità, quale gegenstand, sfidi i poteri di presenza dell’immaginazione e quel nesso tra la prote philosophia o ontologia fondamentale e la theologike episteme o metaontologia o anche alle ontologie regionali quale interagenza tra prote philosophia e theologike episteme, o tra ontologia fondamentale e metaontologia. Heidegger non attua mai quella che avrebbe potuto essere la metaontologia sublime, ma lì c’è l’epigenesi o l’ Ereignis sublime o dell’essere-sublime-creato. Già nel concetto aristotelico di physis è in essere il sublime dinamico quale dynon o evento che si inabissa o si sottrae senza fine e si sublima. Che cosa sono i physei onta? Sono quegli enti che hanno in sé il principio del movimento o la dynamis sublime o la intenzionalità ontologica sublime heideggeriana della physis, dei physei onta che si sublimano dinamicamente quale eterna presenza dela transmonade del principio del movimento, tant’è che l’essere-sublime-creato si trangetti in una ontologia regionale, o nella transestetica estatica dell’evento sublime: nullo fondamento di una nullità è incompatibile con la bellezza, incompatibile come il più grande quasi infinito: apparirà il sublime quale grande terrore e stupore; eventi e varietà d’immaginazione possibili idee con più alterezza di quella bellezza fatale, che aspetto maestoso!
Lei trasporta una dea, e lei guarda una regina.
Ecco una parola non disse del particolare della sua bellezza; nulla o alcuna idea precisa della sua persona; nessuno ha detto una sola parola in tutta l’immaginazione o immagina brillanti colori, o immagina la fragranza di una rosa immagina l’ origine della sublymanza,
nel senso della sublyme-bellezza: il costruire un determinato tempio di Zeus, oppure la svelatezza ab-scissa, ovvero il portare-in-posizione una determinata statua di Apollo, oppure il portare in scena una tragedia: non è soltanto l’alterezza di una sublymanza: disposizione in quanto alterezza è mitopoiesis . Consacrare o mitopoiesis significa “rendere sacro”, nel senso che nell’offerenza del sublyme il sacro viene svelato in quanto ciò che è sacro è il Dio e viene cercato extraendolo dentro la disvelatezza della sua presenza. Alla mitopoiesis: omaggio alla dignità e allo splendore del Dio. Dignità e splendore vengono svelati nella sublyme-bellezza, non accanto o dietro alle quali si sia il Dio, bensì esso si dà alla presenza nella dignità e nello splendore.
Ogni disposizione nel senso dell’alterezza mitopoietica è anche sempre ab-scissione eventuata in quanto modalità di collocazione dell’edificio e della statua, in quanto dire e nominare all’interno di un linguaggio. All’inverso una collocazione e una sistemazione non sono già una disposizione nel senso dell’alterezza che pone-in-costruzione; infatti, si presuppone che il sublyme da erigere, da disporre, possieda già in sé il tratto essenziale della disposizione, sia cioè se stesso, in ciò che sia più la risonanza.
Ma in che modo si coglie la risonanza autentica,
che dispieghi l’ab-scindere e l’eventuarsi dell’essere-sublyme?……………………………………….
metaontologia
meta-ontologica è la transontologia dell’ontologia o della transepistemica o della transestetica quali capaci di comprendere gli eventi sublimi dell’essere e non solo i fenomeni o i noumeni: o è una metaontologia o transontologica delle singole ontologie o una teoria ontologica in un’altra. Il
metaontologico consiste nella costruzione e decostruzione o transdecostruzione della transontologia delle ontologie come se si utilizzasse il
rasoio di Ockham: si tratta di modi di descrizione della transontologia sublime quali “distanze sublimi” o “buchi sublimi” o “eventi sublimi”, strutture transontologiche sublimi inerenti al sublime.
Ma c’è anche una transontologia sublime delle transmonadi e dei transarithmoi: teoria lanciata da Platone e ripresa da Aristotele, è stata
sviluppata in una ontologia sublime della matematica sublime in Platone e Aristotele: i numeri
sono ontologicamente duplex in quanto servono a unire ciò che è distinto e a distinguere ciò che è
unito. La transmonade è ciò che unifica una molteplicità, creando la transingolarità dal
molteplice, ed è anche ciò che individua-isola la singolarità nel molteplice. Si è immersi nella ormai mitica
distinzione tra uno-tutto e uno-singolorarità che differenziò la sublime infinità nella monade, o l’apeiron nell’archè.
Ora è un tema ontologicamente cruciale:
creando unità dalla molteplicità nei due sensi, c’è un solo nome per una
complessità eterogenea, c’è qui la connessione
tra transontologia sublime e ontologie: essere,
numero e transestetica sublime.
C’è già nella classicità che lo on debba diventare necessariamente un
en, ancora ermeneuticamente da svelare! La problematica della numeralità
dell’essere è per l’ontologia heideggeriana fondamentale, in Heidegger la
numeralità è la condizione della dicibilità, c’è un nesso tra sublime e matematica.
La riflessione ontologica di Heidegger è l’unica transontologia sublime metaontologica, Heidegger pensò esclusivamente della
metaontologia sublime: ovvero la transontologia sublime dell’ontologia.
Si sa che la problematica
metaontologica di Heidegger introduce per prima la sublime “metaontologia”, quale sublime “metaontologia” per precisare e distinguere l’ ontologia fondamentale dalla metafisica, già nel Sein und Zeit Heidgger distingue le ontologie
regionali, i fenomena ontologici di ciascuna scienza, e l’ontologia fondamentale,
o la transontologia del transenso transestetico dell’essere, quale priorità o premessa o fondamento delle ontologie regionali fenomeniche anche estetiche. Heidegger transobliò le
problematiche di fondazione delle scienze o delle estetiche nelle transestetiche e tranepistemiche ontologiche. Heidegger chiarisce che ci sia all’interno della metafisica
una distinta o una differenza ontologica sia transestetica sia transepistemica dell’ontologia fondamentale connessa transontologicamente alle ontologie scientifiche fenomeniche o noumeniche regionali: è il transoblio della “metaontologia”. La metaontologia di Heidegger è precisamente quella parte
della transontologia sublime che crea le relazioni con le ontologie regionali fenomeniche della scienza e dell’estetica, a rigore la metaontologia e non l’ontologia è la sublime transontologia che sveli le problematiche ontologiche della scienza, le problematiche dell’estetica o della transestetica o della transepistemica e che cosa è o sia la metaontologia o il nesso tra ontologia e metaontologia quale transontologia sublime dell’essere o la transestetica dell’ essere
transontologiche. Ma la comprensione ontologica è possible solo con la
problematica transontologica sublime, come metaontologia. Con metaontologia Heidegger indica il
“capovolgimento” o metabolé sublime dell’ontologia dell’essere sublime, solo così la metaontologia si
svela quale transontologia sublime dell’ontologia fondamentale, quale insieme di fondazione ed elaborazione
dell’ontologia della sublime transtemporalità Heideggeriana meta-ontologica o transcendenza metaontologica sublime. Heidegger transoblia dalla metafisica classica la questione metaontologica e le transepistemiche o transestetiche quali transontologie sublimi metaontologiche dell’essere: la metaontologia svelò
Heidegger non è una semplice scienza ontica induttiva, una semplice sintesi kategorica kantiana che racchiuda
i risultati delle singole scienze, quello che qui si divide apparentemente tra
diverse ‘discipline’ e etichette è una sola epistemica ontologica sublime, così come la differenza
ontologica è il fenomeno originario dell’esistenza
metaontologica dell’essere, quale nesso tra ontologia e matematica sublime o
l’essere una singolarità transublime. Heidegger transoblia la sublime metaontologia con il pensiero di “oltrepassare la
metafisica”, o l’ontologia della presenza fenomenica e noumenica quale sublime transestetica e transepistemica meta-ontologica o sublime transontologica transtemporale o transpaziale Heideggeriana, quale transdecostruzione della metafisica, o dell’“oltrepassamento
della metafisica”. Heidegger transoblia la
connessione tra ontologia e scienze specifiche, ontologia fondamentale e transestetica e transepistemica, ma la
“metaontologia” è ancora nell’indeterminatezza ermeneuticare forse perché la sublime
metaontologica è la bellezza ob-scura del sublime heideggeriano. Heidegger transoblia l’ontologia fondamentale con la differenza transontologica sublime tra ontologia e metafisica, o transcronia e transtopia o ontocronia e ontopia quali transontologia sublime dell’essere in transenso meta-ontologico. Heidegger distingue sempre l’ontologia dalla meta-ontologia, l’ontologia esistente e presente, sull’essere in quanto essere nella
sua trascendenza ontologica o dell’essere in transvisione dell’essere stesso o nella transontologia squisitamente matematica sublime dell’essere che si dà nell’esserci o nel discreto dei fenomena o noumena, quale Essere matematica sublime o transpazialità dell’apertura dell’essere transLichtung sublime, quale transradura della transpaziotemporalità sublime
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La sublymanza è in sé una ab-scissa nella quale un mondo viene svelato a forza o in dinamica estatica e, in quanto svelato, gettato in ab-scissa. Ma che cos’è un mondo? Ciò si lascia dire qui esclusivamente nell’allusione: il mondo non è l’insieme delle cose-aderenze sussistenti in quanto risultato di un’enumerazione, eseguita in dettaglio o anche solo pensata, delle medesime. Tuttavia, se non è la somma di ciò che è sussistente, tanto meno il mondo è l’ambito solamente immaginato e mentalmente prefigurato per il sussistente.
Il mondo mondifica e svela il nostro esserci in quanto
è una scorta all’interno della quale permangono disvelati, l’indugio e la fretta, la lontananza e la prossimità, l’ampiezza e l’angustia di ogni essente. Quella scorta non viene mai incontro come oggetto, ma, indiziando, trattiene estatizzati il fare e lasciare entro una risonanza, dai quali la grazia che chiama con un cenno e la sciagura che abbatte con un colpo, proprie degli Dèi, hanno il loro avvento o il restare-assente è una modalità in cui il mondo mondifica. Quell’indiziante può soccombere al disordine ed essere così un non-mondo: sia mondo o non-mondo, in
ogni inoggettualità, più essente di qualsiasi delle cose sussistenti e sussunte, nelle quali, in modo conforme alla quotidianità, crediamo di essere di casa. Il mondo, però, è sempre l’indicibile;
mentre sappiamo ciò, non sappiamo cosa sappiamo in-oggetto, nel senso di in-contrastante o contrastanza.
Ora, il mondo è ciò che il sublyme es-pone, esso cioè
e-rompe e conduce la svelatezza a restare in stabilità, alla dimora mondificante. Extra-ponendo il sublyme essenziale della svelatezza-di-mondo disvela un vuoto
essere-capace e forse provoca persino una qualche “impressione”.
Mentre il sublyme in risonanza, libera e custodisce e cura un mondo, è in ekstasy quel sovrano rifiuto che allontana il sussistente: l’indicibile che si addensa attorno è
quell’isolamento nel quale il sublyme si disvela: in virtù della solitudine, in ekstasy riesce di ergersi-fuori nella svelatezza, e di pro-curarsi la sua dimensione sublyme.
Mentre il sublyme conduce il suo mondo alla risonanza,
si procura per la prima volta il compito al servizio del quale sta, crea se stesso, lo spazio che domina e
determina se stesso, il luogo nel quale giunge in estasy nel sito-alterezza. L’ab-scissa come alterezza estatika consacrante dà fondo nella disposizione come disvelata libertà di un mondo. Quella può sottrarsi
nell’inessenziale sublime sottrazione-di-mondo
e della disgregazione-di-mondo certamente sussistente, ma
non c’è più, è in fuga. Questo essere-via non è però un nulla, bensì la fuga stessa permane nel sublyme sussistente,
e allora tale fuga si trova ancora soltanto con l’ab-scissa assentemente presente, all’essere-sublyme appartiene la risonanza dinamica infinita dell’apeiron nell’arkè, giacché l’essere-sublyme non può essere afferrato concettualmente a partire dall’essere-genesi, bensì, al contrario, l’essere-genesi a partire dall’essere-sublyme. Per contrassegnare il tratto essenziale nell’essere-sublyme in risonanza è deposta quale pietra, legno, metallo, colore, suono e lingua. Tutto ciò è l’ilemorfico, condotto entro una morfogenesi. Successivamente, tale scomposizione del sublyme lascia maturare ancora ulteriori distinzioni secondo argomento, contenuto e configurazione. L’utilizzo delle determinazioni di ilemorfia in riferimento al sublyme è possibile sempre e in qualsiasi momento, di esso si occupano tutti con facilità e per questo, da secoli, è divenuto corrente: discendono dall’interpretazione del tutto univoca dell’essente che Platone e Aristotele fecero valere alla fine della filosofia greca. Secondo di essa, tutto l’essente possiede ogni volta un suo proprio aspetto, che si mostra nella sua morfologia. Un essente sta all’interno di tale morfologia in quanto aderente al gegenstand e può essere pro-gettato. L’essente in quanto essente è sempre il sussistente fondato. Quell’interpretazione dell’essere dell’essente non è attinta dalla sperimentazione del sublyme, però la decostruzione è applicabile al sublyme sempre e in ogni momento, in virtù dell’essere quale essere-sublyme.
Se si delinei l’essere-sublyme quale alterezza, allora con ciò non può intendersi che sia costituito da una ilemorfia, o non solo e non tanto giacchè il sublyme è risonanza dell’a-ilemorfico o immateriale o transcendenza della purezza dell’ente e del non-ente, quale niente o nulla. Ma che cosa è l’ab-scissa della risonanza-sublyme ? Così come il sublyme si dà nel mondo, si eventua nella sua curvatura ellittica o iperbolica o metabolica o nella varietà chiasmale moebiusiana in relatività monadale delle singalarità virtuali, altrettanto si risprofonda nella pesantezza
della pietra, nella durezza e nella lucentezza del metallo, nella compattezza e nella duttilità del legno, nello sfavillio e nella cupezza del colore, nella risonanza del suono e nella forza virtuosa della parola. Tutto ciò non viene in luce per la prima volta nel sublyme, siano gravità, rilucenza, sfavillio, risonanza? O non è invece il gravare del masso e la lucentezza dei metalli, l’estasy in alterezza e la duttilità dell’albero, la luce del giorno e il buio della notte, la fluttuanza delle onde e il bisbigliare tra i rami? Come potremmo nominare o pensare o intuire, quale cognizione della adeguatezza, tutto ciò? La singolarità virtuosa di quest’insuperabile completezza lo chiamiamo sublyme e con ciò non intendiamo il globo planetario, bensì la completezza, la varietà virtuosa di mare e monti, di tempeste ed aria, di giorno e notte, gli alberi e l’erba, l’aquila e il destriero. Quel sublyme che cos’è? Ciò che dispieghi risonanza e completezza e tuttavia sia reversibile nel chiasma moebiusiano topologico, quale eterno ritorno nell’essere in vista dell’essere sublyme all’indietro e trattenente e custodente quale cura autentica ciò che è dispiegato. La pietra grava, mostra pesantezza e proprio così si ritrae in se stessa; il colore si accende e resta tuttavia chiuso; il suono risuona e tuttavia non emerge nella svelatezza in completezza. Ciò che emerge nel disvelato, invece, è esattamente lo schiudersi ed è l’essenza del sublyme. Tutte le cose rifluiscono nella relativa singolarità virtuale: nell’ontogenesi delle monadi virtuali che si schiudano c’è il medesimo incompreso o Non-compreso quale sublyme disvelatezza: qui la sua estasy, là la dà come ciò che nella svelatezza si schiuda. La sublymanza non è costituita dall’alterezza nel senso di una ilemorfia, bensì è l’ontogenesi dell’ estaticità instabile, eventua il suo schiudersi come l’a-ilemorfia o la ilemorfica ob-scura o l’invisibile infinitesima pre-ilemorfica . Mentre in tal guisa la sublymità sveli in sé l’alterezza, getta se stessa nell’estasy come nel suo schiudentesi fondamento; un fondamento che, quale schiudentesi sempre e in modo conforme o aderente all’essenza, è un fondo abissale. Entrambi i tratti essenziali nell’essere-sublyme, quali alterezza e apertura e risonanza di mondo e l’alterezza, quale custodia che si schiuda casualmente congiunti nel sublyme e in una referenza conforme e aderente o inerente kategoricamente
all’essenza: entrambi sono quello che sono soltanto
mentre prendono fondo nell’autentico tratto fondamentale dell’essere-sublyme, la sublyme-bellezza, custodisce e cura si rivolge all’alterezza e non teme alcunché
di chiuso, di ascoso anzi svela l’esistenza dell’a-ilemorfico o a-ente, non ente, niente, nulla. Ma nel suo schiudersi, lascia kriptare vuole essere e riprendersi tutto in sé: non può fare a meno del mondo ,
se deve risplendere nella risonanza dello schiudersi e
del trattenersi: si è nella contesa in contrastanza eristika: quella contesa è l’intimità del loro controverso coappartenersi: il sublyme è al contempo l’eristika, poiché il sublyme nel
fondamento della sua determinazione è contenzione in contrastanza, è per quello che accende e custodisce la contesa o l’eristika sublyme nella contrastanza. Poiché il tratto fondamentale dell’essere-sublyme è la contenzione in contrastanza: perché la sublymanza, nel
fondamento del proprio essere, dev’essere siffatta contenzione in contrastanza eristika? In che cosa prende fondo l’essere-sublyme?
Questa è la domanda sull’origine del sublyme: in che modo il sublyme, in quanto contenzione in contrastanza eristyka, è in primo luogo completamente presso Di sè e in secondo luogo è autenticamente in ekstasy sublyme. Come accada la contenzione di quella contesa? L’oscura asprezza
e l’attrattiva pesantezza , la sua irrisolta impellenza e il suo
risplendere: la dissipantesi durezza del suo schiudersi. Ed è quella di avere limite nel taglio di contorno,
nel taglio verticale e nel taglio orizzontale. Mentre schiudentesi deve venire l’autoevento nell’aperto, questo stesso ontoevento deve farsi ritaglio, limite che tratteggi . Qui, nel tratto fondamentale dell’essere-sublyme quale contenzione in contrastanza eristika, risieda il fondamento della
necessità e relatività anamorfica o morfologica. Senza svelare ora l’origine della morfologia: che cosa viene infatti conquistato, contendendo, in quella contenzione della contesa in eristika contrastanza?
In tanto il sublyme è contenzione in contrastanza, in quanto estatizza, aprendosi in un mondo. Ma quella estatizzazione
che spinge dentro, sospinge innanzi il sublyme e gli dà la risonanza in una radura. È l’ontogenesi entro cui l’alterezza è schiusa in modo conforme o aderente o inerente al mondo e il mondo è svelato in modo con-forme-aderente-inerente.
La sublymanza fonda l’ontogenesi mentre svela: è la svelatezza della contrastanza in cui le cose e l’esserci giungono a stabilità, onde sostenerlo: la sublyme-bellezza in quanto tempio, trattiene la figura del
Dio, al contempo, attraverso l’aperto porticato, lascia stare fuori nella radura che solo così è fondata come sacra. Ergendosi in un mondo il tempio si apre . Attraverso il sublyme, per la prima volta l’alterezza si fa con-forme o inerenza o aderenza al mondo . Allo stesso tempo, nel sublyme parole accadono virtuose nel nominare e il dire attraverso i quali l’essere degli enti viene alla parola per la prima volta e, insieme con il dicibile, viene al mondo l’indicibile: si svela l’autopoiesis, vengono coniati in anticipo i grandi concetti dell’essente . Nella sublyme-bellezza del pro-gettare e della poiesis e della morfologia in senso plastico-figurativo viene conquistato, contendendo, la contrastanza eristika, l’ontogenesi e fondatezza, in cui si fondi l ‘ abitare storico nell’essente, per aderire l’inerenza kategorica con la contrastanza dell’essere.
L’essenza dell’essere-sublyme risiede nella contenzione della contesa, la quale conquisti in sé, contendendo in contrastanza eristika, la svelata intimità del mondo.
Con quella determinatezza essenziale dell’essere-sublyme
viene in stabilità l’alterezza della contrastanza che renda possibile la virtosità del sublyme. Quella sarebbe presenza di qualcosa di aderente o adeguatezza consapevole, o consapevolezza dell’adeguatezza quale intuità apprensiva dell’essere dell’ente o sapere per sè . Di certo si è lontani dalla doxa e dall’epistemica per cui il sublyme sia l’imitazione di qualcosa di sussistente o semplice adeguatezza, o aderenza inerente, o sapere per sè dell’essere delle entità. Ma con ciò la concezione
del sublyme come presenza non è in alcun modo superata, bensì soltanto occultata; infatti, sia che la sublymanza venga nella vivenza come “farsi sensibile dell’invisibile”, sia, al contrario, come farsi simbolo del visibile in un’immagine-sensibile, ogni volta, in simili determinatezze,
si insinua la doxa pregiudiziale, secondo cui la presenza fondamentale del sublyme sarebbe la presenza intuibile, apprensivamente, del sapere per sè in adeguatezza con le entità fenomeniche o le intenzionalità dei fenomeni dinamici della purezza. Secondo tali paradigmi senza dubbio autorevolissimi il sublime della bellezza o sublime-bellezza significhi sempre “autenticamente”. Allegoria e simbolo si offriranno quali presenze della bellezza-sublyme, nelle più diverse declinanze, e venga determinata una più elevata formazione plastico-figurativa. All’interno del sensibile quale “elemento dell’arte” vengono alla presenza il non-sensibile e il sovrasensibile. Se l’ilemorfico vale come il sensibile, allora avviene ciò che cade sotto i sensi, che è tale da divenire accessibile attraverso i sensi ma sulla modalità della sua appartenenza all’essere-sublyme non viene detto proprio nulla; infatti il gravare di una pietra, l’opacità di un colore, timbro e fluidità di una costruzione linguistica certamente non vengono sperimentati senza i sensi, giammai attraverso di essi soltanto. Nella sua disvelatezza e completezza, l’alterezza è tanto sensibile quanto non-sensibile o insensibile, o a-sensibile, o anestetica, quale presenza dell’immateriale o a-ilemorfica, o an-ilemorfica o an-ente o non-ente o niente o nulla.
L’introduzione del “sensibile” coglie il poco del qualcosa di essenziale dell’essere-sublyme, giacchè lì la consapevolezza dell’adeguatezza, o intuire, entra in crisi, vacilla, è in vertigo per la presenza della profondità infinita della dynamis virtuosa, quale chiasma dell’anilemorfia, o anentità o non entità o abgrund o abisso o nullità o senza la fine, apeiron nell’arkè. Fu così che la distinzione tra sensibile e sovra-sensibile o anestesia o anilemorfia o anentità divenne il paradigma per i molteplici tentativi di interpretazione allegorica e simbolica del sublyme in generale. Già la distinzione di ilemorfica
e morfologica diventa decisiva per ogni successiva posizione occidentale nei confronti dell’essente, ossia in Platone, l’ilimorfica, intesa come il sensibile, è stata ritenuta come ciò che è inferiore di fronte all’idea, intesa come ciò che è superiore e non-sensibile, o insensibile o sovrasensibile o anestetica o anilemorfica, nel pensiero cristiano, il sensibile sublyme si prende cura così dell’aderenza o inerenza del sensibile: non presenta nulla, non dà niente, si eventua nella nullità abissale. In alterità o in eterità o in essere alterità o alterezza la contrastanza della contesa tra il sublyme conquista contendendo la svelatezza, ossia la radura alla cui luce l’essente in quanto tale venga incontro si fa incontro trasformato. La sublymanza si presenta nel nulla o nel niente o nell’anentità o nell’anilemorfia perché, al fondo, non c’è mai un già stante ed oggettuale o gegenstand, gettato, naturalmente, che sia sublyme: non presenta mai, o lasci intuire la consapevolezza dell’aderenza o dell’adeguatezza o il sapere per sè bensì disveli o dispieghi o disponga fuori il mondo: è l’estasy, è l’estatica alterezza intuita solo quale intenzionalità fenomenica; entrambe quelle cose perché è contenzione di quella contesa. In forza della virtuosità il sublyme, è semplicemente e soltanto se stesso e niente di più.
Ma allora in che modo è autentico sublyme? Che specie di realtà possiede?
Ad onta di alcuni mutamenti, predomina ancora, fino ad oggi,
quell’interpretazione della realtà del sublyme alla quale Platone, ancora una volta, ha dato l’avvio. In tale contesto, divenne decisiva quell’apriorità preliminare del sublyme. Dà ciò che si è disvelato intenzionalmente e spontaneamente dal sussistere naturale, ciò che è autopoiesis dell’esserci è la dinamica virtuosa che si dà nel fenomeno ontico o ontologico, a maggior ragione se riproduca cose della natura; infatti, quelle sono già copie di quei modelli che Platone chiama “idee”. Ciò è adeguatezza all’essere delle entità, e così anche il sublime, diviene riproducibilità di una copia di un modello o di un paradigma, anzi la sua autentica verità si dà solo quale adeguatezza ed aderenza alla paradigmatica purezza della trascendenza fenomenica, poiché le idee rappresentano l’essente autentico, ciò che le cose sono in verità, e per ciò il sublime è solamente un’eco, una risonanza paradigmatica in fondo autenticamente irreale. Platone tenta di rendere reversibile la realtà del sublyme, di contro alla costituzione sensibile del sublyme, si mette in campo la circostanza per cui essa presenti un contenuto non-sensibile. Grazie alla presenza ideale il sublyme risulta volentieri più spirituale delle cose tangibili di tutti i giorni, stacca l’ombra e tutt’intorno le aleggia “un afflato spirituale”: il sublyme si sottrae alla realtà propria di ciò che è sussistente: è apparenza; il blocco di marmo modellato di una statua ci dà ad intendere che
sia un corpo vivente, laddove, al contrario, esso è in verità soltanto una gelida pietra. La sublymanza è un’apparenza perché non è essa stessa quello che presenta, e tuttavia un’apparenza legittima, giacché nella presentazione essa porta pur sempre alla luce l’insensibilmente spirituale.
Interpretazioni del sublyme. Ora il sublime non è ancora così reale come le cose sussistenti, ora non è più così reale. Ogni volta, l’essere il sublyme
interpreta nell’uno o nell’altro modo sempre l’irreale. E nondimeno è vero il contrario. Il tempio che si erge su un promontorio o in una valle in vertigo, la statua che se ne sta lì nella regione sacra, queste opere sono in mezzo a molto altro: terra e mare, sorgenti e alberi, aquile e serpenti non solo non sono mai e in ogni caso semplicemente
sussistenti, ma presidiano il centro nel diradato margine
dell’apparire: sono più reali di ciascuna cosa, poiché
ciascuno di essi può annunciarsi per la prima volta come essente soltanto nell’aperto, contendendo, in forza virtuosa del sublyme. L’ontogenesi di Hölderlin nella sua poiesis è più reale più di tutti i teatri, i films e le poesiole, più
reale degli edifici in cui sono sistemate le librerie e le biblioteche, in cui compaiono, tangibili, i volumi delle sue opere complete. Più reale di tutto ciò è infatti l’autopoiesis, dacché è gettata l’ontogenesi inesplorata del mondo, e trattenute in seno nelle insenature mitiche di Kalypso grandi e sublimi decisioni: è davvero l’essenza più propria dell’essere-sublyme, incommisurabile a ciò che è di volta in volta sussistente e a ciò che solo nella presuntiva è autenticamente reale, è l’essente e l’inessente, è l’essere dell’ente e il nonente, la nonentità, il niente, il nulla: non esistono sublimità delle entità, ma soltanto ekstasy tale da sollevare il proprio tempo all’altezza di sé e da trasformarlo. Più reale di tutto l’essente consueto è il sublyme in ontogenesi dell’esserci dell’esser-ci.
Quella solitudine di ogni sublyme è il segno che, nella
contenzione della contesa, si getti in alterezza nel suo mondo. Il suo starsene lì è la contenuta discrezione del ritroso restarsene-in-sé. Il che però non significa che il sublyme si eccepisca dalla realtà; ciò è impossibile, giacché è già sospinto innanzi entro tale realtà come il suo sovvertimento e la sua confutazione. Se le manca la forza, la potenza, la dynamis allora non è sublyme: l’origine del sublyme.
La contesa quale eristica come tratto fondamentale nell’essere-sublyme ci domanda: perché la contenzione erystika è l’essenza dell’essere-sublyme? Quella domanda sia ora presa in cura.
La risposta suona: l’essere-sublyme possiede
il tratto fondamentale della contenzione? Dove e in che modo il sublyme è?
Esiste il sublyme di per sé, in qualche tempo e da qualche parte? Nondimeno è necessario chiarire che cosa mai il sublyme sia. La parola -sublime- resta sempre e soltanto
un vuoto , è semplicemente, soltanto e volta
per volta il sublyme? che cosa è il sublyme? non più nel vuoto. Mentre domandiamo: ha fondamento l’essere-sublyme? che cosa è sublyme, al principio e alla fine? Contrastanza, il centro dell’aperto nella cui radura l’essente si mostra: è come la schiudentesi entra nella svelatezza.
Il mondo si fa inascoso e si schiude, ma nella disvelanza. E mentre quest’intimità della svelatezza contenzioso tra il nascondentesi e il disascondentesi accade, ciò che fin lì valeva come il reale si rende finalmente svelato come l’inessente. Emerge alla luce del giorno, nella svelatezza, coprimento e distorsione e contraffazione dell’essente. Nella contenzione accade la svelatezza della disvelatezza del contenzioso tra
inascoso ed ascoso, il venir fuori di coprimento e accadere in sé è l’accadere di verità. L’essenza della verità, non consiste nella concordanza o aderenza inerente di una proposizione con un fatto, bensì verità è questo accadere fondamentale della svelatezza in risonanza della disvelatezza dell’essente: in verità appartiene l’ascoso e il nascondersi, il mistero, così come il coprimento e la distorsione: la non-verità.
Nel sublyme è in ekstasy l’accadere della verità, il che significa che, nel sublyme, la verità è in ekstasy. La sublymanza della verità, questa è l’essenza del sublyme. Verità non vuol dire qui una qualsiasi verità, un singolo che di vero, qualcosa come un pensiero e una proposizione, un’idea o un valore,che all’incirca vengano “presentati” o inerenti nell’aderenza ilemorfica , bensì vuol dire l’essenza del vero, la svelatezza: prima indicazione dell’essenza del sublyme a partire dall’essere-sublyme. Nel sublyme, la verità accade come divenire-disvelanza dell’essente: in che modo il sublyme sia l’origine del sublyme.
La sublymanza è la verità in ekstasy da
una parte sussiste il sublime e dall’altra la verità. E questa viene trapiantata in quella per mezzo del sublyme. Non è in alcun modo così: infatti il sublyme non sussiste prima della verità, né questa prima del sublyme, bensì:
mentre si dà il sublyme, la verità accade si dà e si eventua nella disvelanza: perché, affinché la verità accada, essa deve venire in ekstasy sublyme?
Se la verità viene in ekstasy per la prima volta con il sublyme e nel sublyme, e non è dapprima sussistente da qualche parte, allora deve divenire. Donde viene l’originalità e la singolarità della disvelatezza dell’essente? Forse, dal nulla? In effetti è proprio così, se con il non-essente si intende quel sussistente che, in forza del sublyme, viene per così dire sovvertito e confutato come l’essente.
La verità non viene mai desunta da questo qualcosa di già sussistente: la svelatezza dell’essente accade mentre viene progettata, in contrastanza eristika.
Tutto il sublyme, nell’essenza, è ontopoiesis, quale disvelatezza della completezza: è altro dal consueto. In forza del progetto autopoietico, il consueto e quel che è durato fin qui si fanno inessenti. L’autopoiesis non è escogitare qualcosa a piacimento, non è un librarsi nell’irreale. Ciò che l’autopoietica in quanto progetto, tenendo separato, sveli e progetti in anticipo, disveli, lascia fare per la prima volta all’essente il suo ingresso e lo esporti ad illuminazione.
La verità in quanto disvelatezza accade nel progetto, nell’autopoiesis. In quanto estasy sublyme della verità, il sublyme è, in modo conforme inerente o aderente all’essenza: non è puro arbitrio ricondurre l’architettonica, la plastico-figurativa e la musicale all’autopoietica, alla poesia?
Sarebbe così se le volessimo interpretare a partire dalla parola e come specie di questa: la parola, la “poesia”, è di per sé tuttavia soltanto una modalità del progettare, dell’ontopoiesis. La determinazione essenziale del sublime in quanto autopoiesis: il sublyme è l’ontopoiesis, la determinatezza del sublyme come espressione possiede una sua correttezza. L’opinione per cui il sublyme sarebbe
espressione è inoppugnabile . Certamente,
l’Acropoli è espressione . Altrettanto certamente, il sublyme è una particolare espressione. Ma il sublyme non è certo sublyme perché è espressione, bensì è espressione perché è sublyme, non soltanto la caratterizzi in termini di
espressione e non contribuisca in nulla alla determinatezza dell’essere-sublyme, ma inibisce ogni domanda genuina su questo essere. La caratterizzazione del sublyme come espressione, è corretta e inconsistente, non è valida neppure per il linguaggio. Il linguaggio è certamente al servizio dell’intesa, della discussione e dell’accordo. Ma non è soltanto, un’espressione fonetica, oppure scritta, di ciò che dev’essere comunicato, per l’appunto il vero e il non-vero. Laddove nessun linguaggio, come in pietra, pianta e animale, lì non c’è alcuna svelatezza dell’essente, e in tal senso neanche una disvelatezza del non-essente e dell’inessente e del vuoto. Mentre il linguaggio nomina le cose per la prima volta, il nominare conduce per la prima volta l’essente alla parola e all’apparire. Il nominare o dire è un progettare, è indetto in quanto l’essente è indire progettante è al contempo disdetta di ogni opaco disordine. Il dire progettante è autopoiesis, e con ciò la prossimità e la lontananza degli Dèi. La lingua originaria è dizione in quanto ontopoiesis originaria , c’è l’ontogenesi del sorgente mondo: la poesia, resta la configurazione fondamentale del sublyme, ma questo perché nel dire ontopoietico per l’esserci viene in generale progettato e disvelato l’essente in quanto essente e si perviene al dispiegamento e alla custodia o alla cura. Progettare, costruire e dare forma in senso plastico-figurativo accadono sempre nel già svelato della dizione e del dire, per ciò non sono mai, linguaggio, bensì autopoiesis ogni volta originale nella singolarità: la determinatezza dell’essenza dell’ontopoiesis in quanto progettare non esaurisce la sua essenza. Senza lo sguardo o l’essere-in-vista-dell’essere nell’essenza pura dell’autopoiesis, non si apprende ancora il divenire della verità. Soprattutto, non si afferra concettualmente in quale senso la sublymità sia necessaria per il divenire della verità. L’essenza piena dell’ontopoiesis viene in luce nella risonanza: ontopoiesis – l’essenza del sublyme – è la risonanza ab-scissa dell’essere. Non produzione dell’essente. Ma che cosa significa essere, a differenza dall’essente? Quell’essente qui, l’organo, lo cogliamo nella sua differenza . L’organo è. Ma l’ essere lo si percepisce a fatica, sebbene si sia altrettanto certi che l’organo è e non è, così come si sappia che è un organo, nonostante tutto il grande buon senso e la sua prossimità alla vita, cos’è più prossimo dell’essere? Cosa sarebbe l’organo e ciò che è consueto, senza l’essere? Si percepisce l’essere e il suo concetto se si intuisse quella svelatezza, che appare nel progetto autopoietico. L’essere è quel che cosa e l’essente, è disascoso o svelato ed ascoso. L’essente è di per sé soltanto in forza essenzialmente per l’essere-sublime: l’essere in libertà: essere un fondamento, la fondatezza, l’evento della singolarità iniziante che si dà o si eventua quale dinamica ontokronotopia. Con- fondazione, inizio ontogenesi ascoltati distintamente e compresi nella singolarità in transcendenza sublyme in autopoiesis della risonanza dell’essere, il progettare la svelatezza come l’alterezza dal consueto.
Il progetto rilascia liberamente qualcosa che non soltanto non compare mai a partire dal sussistente e dal consueto, ma nemmeno può mai essere compreso dal sussistente. Il progetto è alterezza ab-scissa in quanto gettatezza della fondatezza. Cosa significa alterezza nell’ontogenesi di fondazione e inizio, e in che modo quel che con ciò è nominato coappartiene al progetto in modo conforme o aderente in inerenza all’essenza? La verità in quanto svelatezza è sempre disvelatezza della contrastanza, eristika in cui tutto l’essente e l’inessente è nella stabilità strutturale e a partire da cui si kripta o dekripta in quanto schiudentesi. In tal modo, la contrastanza resta sempre gettata in quell’oscuro abisso: la contrastanza, in che modo è? Entrambe le modalità dell’essere sono possibili soltanto se l’esserci-sublyme si getti nella contrastanza, ovvero si dà nel meson dell’essente in quanto essente e inessente, ovvero per l’esserci. Mentre l’essere-sublyme è la contrastanza eristika, diviene la risonanza sublyme. Nel progetto autopoietico, altrimenti dal consueto, la svelatezza si getta sempre svelata nella contrastanza, sempre progettata in anticipo ciò significa che il progetto ontopoietico viene aggettato dall’esser-ci-sublyme: la contrastanza eristica nella sua svelatezza dall’estatizzazione in ciò che è dato-in-attività e dalla custodia di ciò che è dato-in-risonanza: la sublyme-bellezza: la contrastanza c’ è soltanto se il sublyme saprà essere sublyme. Il sublyme è già sempre gettato nella sua contrastanza eristica. Hölderlin è colui che autopoietizza il sublyme. Ma questo aggetto è sublyme, in modo conforme aderente e inerente all’essenza, è ontopoiesis. Se però il progetto è autopoiesis, allora l’aggetto non sarà qualcosa di preteso, ma la svelatezza dell’esserci sublyme, già gettato. Ciò in cui il sublyme è gettato è l’estasy, lo schiudentesi fondamento su cui il gettato, viene a riposare. Il progetto che conformemente aderisca all’inerenza dell’essenza è aggetto progetta soltanto se dall’ascoso fondamento trae fuori una svelatezza, se ciò che è dato-in-dinamica è dato-in-risonanza nel fondamento in quanto destinanza ascosa e da disascondere. Nel progetto, fa ingresso nella disvelanza, al fondo, non è un che di estraneo, bensì soltanto il più proprio, fin qui ascoso, dell’esserci sublyme. Il progetto viene dal nulla, non discende dal fin qui vigente;non viene dal nulla, perché , in aggettanza, trae fuori l’ascosa e trattenuta destinanza, la getta nella fondatezza e la fonda in senso autentico, quale progettare la risonanza è al contempo, essenzialmente il fondare. La svelatezza può diventare svelatezza della verità, in tal senso può accadere, soltanto se il progetto è un progetto fondante. Ma fondante lo è mentre si dà schiudentesi nell’aperto e precisamente in quanto la schiudentesi, nella sua controversia col mondo progettato. Poiché il sublyme in quanto autopoiesis è transonanza, progettante fondare, autoevento della transonanza nell’alterezza e nella svelatezza, cioè la verità, in tale modalità che venga a contendere il contenzioso . La verità accade soltanto in quanto svelatezza , viene in ekstasy soltanto nel sublyme.
L’essenza del sublyme come risonanza dell’essere è il fondamento del sublyme. L’essere del sublyme non consiste nel fatto che è sussistente come essente, ma che si attiva in quanto contenzione della disvelanza dell’essere sublyme. Perciò il sublyme possiede senz’altro quell’ eminente alterezza, è stabile in sé e si riprende da tutto il sussistente.
L’essenza del sublyme è sublyme perché il sublyme deve essere, la sua essenza nel dire la verità a del pensiero nel concetto, nel portarla nell’impresa essenziale, nel sublyme. La sublymanza è l’ontogenesi della verità, è un’essenza, il sublyme è la verità, è il fondamento del sublime: ma il sublyme c’è?
Esiste il sublyme di per sé? che cosa è il sublyme?
Nel sublyme è in ekstasy l’accadere della verità, nel sublyme, la verità è in ekstasy. La sublymanza della verità, questa è l’essenza del sublyme. La sublymanza è la verità in ekstasy: il sublime è la verità. Donde viene ? Forse, dal nulla? è proprio così quest’oscuro abisso inizia l’evento del sublyme. L’inizio del sublyme è sempre la libertà, quale estasy dell’esserci.
L’essenza del sublyme in quanto ekstasy che si eventui in verità è l’origine sublyme di Hölderlin: l’essere-sublime eventua l’aletheia ontologica quale sublymanza dell’essere nel sublyme. C’è l’interessere tra le tre varietà di verità e c’è l’interesserci epistemico nel senso che tutte le varietà-verità si danno, si offrono alla mondità quale comprensione del mondo, mentre l’esserci comprende l’essere in transcendenza estatica immaginaria, o in transcendenza ontica o fenomenica o analitica dell’essere delle entità quale prova ontologica o ontoteologica o ontoteleologica o transontologica dell’esistenza dell’essere-sublyme o quale transcendenza transepistemica dell’esser-epistemè-del-sublyme o dell’essere transepistemica transontologica del sublyme. Anzi solo la verità ekstatika del sublyme discopre sia la transermeneutica sia la transepistemica transontologica dell’essere sublyme dell’esseRe, mentre la metafisica della verità o l’analitica o la fenomenologia o l’ontica della verità si adeguano al paradigma trascendente della metafisica analitica fenomenica. Qualora si desideri comprendere anche l’essere sublyme delle entità mondane è consentito anche privarsi dell’ontologia per affidarsi alla classica ermeneutica epistemica o alla transcendenza epistemica o alla trascendenza analitica o alla trascendenza fenomenica per discoprire solo le verità delle entità della mondanità o le verità metafisiche o le verità trascendenti analitiche fenomeniche: l’ontologia fondamentale del sublyme, la domanda sull’essere-sublyme dalla quale il pensiero europeo sorge, viene invece declinata come analitica esistenziale del sublime, come descrizione accurata del sublime, rigorosa, ontologica della dimensione ontica del sublime in cui il fare e l’essere-sublyme quotidiano degli esseri si svolge quale transcendenza del sublime o transcendenza ontologica immaginaria del sublyme. Esserci nel sublyme, quale dasein nel sublyme, esistere nel sublime, o abitare poeticamente il mondo-tempo nel modo sublyme, è declinato da Heidegger in transcendenza exstatica del sublyme, dopo essere sempre stato solo analizzato in trascendenza dinamica o trascendenza analitica fenomenica kantiana, lì l’esserci o il dasein o
l’esistenza è una
posizione, è la condizione per avere predicati, non è un predicato; mentre nella Critica della ragion
pura, l’esistenza diventa un concetto puro della categoria di modalità, torna ad essere il dasein: si può considerare
l’esistere un predicato? Se sì, si ha una trascendenza epistemica o transepistemica; se no, non è un predicato, è quindi una problematica anche delle categorie di Aristotele, tradotte da Boezio con “praedicamenta” o pre-dire o prevedere : la prima categoria è la sostanza, o l’essere un
praedicamentum, ma l’esistere non è un predicato e lì si nasconde una ontologica
fondamentale, e fondamentalmente distruttrice dell’ontologia, per cui il gegenstand è
inafferrabile o indicibile o invisibile o inconoscibile, di cui conosciamo soltanto le idealità della transcendenza e che spesso sconfina nella teoria dell’impossibilità dell’ontologia o dell’impensabile epistemico del noumenico: l’esistenza o la
distinzione tra cose-persone: le cose sono in sé le persone sono per sé, perché essere come verità e identità è dei trascendentali o summa genera dei medievali.
Essere ed esistere sono la stessa cosa versus il classico problema dell’esistenza delle cose che non esistono, si pensa che esistano, ma non esistono: si immagina la transcendenza fenomenica, ma non esiste, se ne può parlare, ma non esiste, sono entità non esistenti, ma l’ontologia fondamentale non è
impossibile: esistere come essere, sia nella realtà che nella mente, ed esistere come essere nella transcendenza. L’essere è una singolarità transepistemica e per ciò transontologica. Il problema della singolarità transepistemica transontologica si svela nell’ esistenza dei numeri o gli angoli e altre entità matematiche, o le menti e le emozioni, o la bellezza sublime, ma in un modo diverso da come esistono le transentità del gegenstand.
L’esistenza è un translogos del numero, la cui numeralità si predica o si predice quale intensità kategorica: si dice numero per tutte le transentità nello stesso senso: qui esistenza e numero sono un essere singolarità della transcendenza. Se sono nomi non c’è problema. Se sono predicati, l’equivoco c’è nell’esistere nella mente e nell’ esistere dell’esserci. È noto che il problema veniva risolto con l’analogia entis:ma non si può applicare a esistere-essere, perché il
numero sia e possa essere usato come nome e come predicato, oltre che essere interpretabile come un predicato di predicati, e ciò riguarda tutti i concetti fondamentali o generi
sommi, o trascendentali: dell’essere si può dire che è, della storia si può dire che ha una storia, dell’io si può
dire che è proprio, della bellezza che sia ideale o vaga o aderente o adeguata e ciascuno di essi può essere pensato in relazione agli altri:l’essere in relazione al numero, e il numero in relazione agli enti, la storia in relazione agli enti, e la bellezza in relatività al vaga o aderente o adeguata o fenemenica o ideale o kategorica. Il significato dell’essere è adeguatamente espresso dalla transcendenza esistenziale della bellezza e per ciò dalla transepistemica fenomenica. Che cosa comporta l’idea che il senso
dell’essere sia adeguatamente colto dalla transcendenza esistenziale? Naturalmente la transcendenza esistenziale sia quale
esistenza in senso ontologico, sia in senso translogico, sia nella transestetica. Il modo di quella trascendenza fenomenica e analitica dell’in-vista-della-pro-spettiva è lo sguardo della trascendenza analitica e fenomenologia husserl- kantiana. Intesa non in quanto scuola di pensiero ma in senso metodologico, il come del darsi della transvivenza al pensiero transvisivo, immaginario e teoretico che la guarda, o è in-vista-della-prospettiva della transcendenza exstatica immaginaria ontologica, quale pensiero poetante del sublime che deve osare inoltrarsi nella più originaria problematica della gegenstand, quale contrastanza o nell’essere dell’ente sublime in transcendenza spazio-temporale. L’ontologia del sublime è quindi possibile solo o ancora come transcendenza fenomenoica del sublime, giacchè la filosofia del sublime è ontologia fenomenica del sublime o della transcendenza della transpurezza o dell’essere-in-vista-di-prospettive transcendenti del sublime: la transcendenza temporale si è originata dalla transcendenza transermeneutica del sublime dell’esserci, ma in-vista-di-prospettiva ontologica si presentò come transcendenza analitica e fenomenica del sublime dell’esistenza.
Ciò che è onticamente più sublime, talmente sublime da essere il sublyme, è transontologicamente il più sublime, anche perché non sembra aver bisogno di essere pensato, talmente è aderente inerente alla transvivenza dell’esserci e disvelato è la transcendenza del sublyme quale estasy transdinamica della mondità o dell’ontologia del mondo-esserci-mondo-in-libertà. Heidegger ha svelato e disobliato nel transoblio il darsi e l’eventuarsi del transublime quale transesistenziale-ontologico che transceli o transkripti in sè e per sè transenigmi su transenigmi. Se l’essenza transontologica dell’essere e dell’esserci preceda e transcenda quale priorità-in-transcendenza ogni distinzione tra anima e corpo, se l’‘essenza’ dell’Esserci sta nella sua transesistenza, l’analitica esistenziale o l’analitica dell’esserci o la dasein-analytik precede translogicamente, transfenomenicamente, analiticamente, onticamente, transepistemicamente e sopratutto transontologicamente ogni scienza, o epistemica e ogni sapere fenomenico o ontico che si voglia, o ogni transcendenza transfenomenica o transcendenza ontica.
Fra le strutture ontologiche o gestell-sublyme dell’esserci sublyme nel mondo–sublime-gli “esistenziali”–sublimi ci sono l’in-essere-sublyme, il con-essere-sublyme, l’essere-per-il-sublyme. Esserci-sublyme e mondità-sublime non si trovano in prossimità l’uno accanto all’altra ma l’esserci-sublyme è la mondità dell’essere-sublyme, perché «das Alleinsein ist ein defizienter Modus des Mitseins», “l’esser soli è un modo deficitario del con-essere”. La sublymità è un evento costituente dell’ essere-alla-fine-senza-fine del sublyme che disveli l’alterezza sempre incompiuta indicibile ed inaudita quale futuro-anteriore della transcendenza exstatica dell’evento o transcendenza-che-si-eventui quale esserci sempre in vista dell’evento sublyme, mai solo del fenomemo sublime dell’evento. Lì il chiasma qualità-quantità si dà quale infinità o non-finito o senza-la-fine o senza telos o negazione kategorica qualitativa del finito aderente o gegenstand, giacchè anche alla fine c’è sempre un oltre o un essere-in-vista-dell’evento della transcendenza sublyme, o in transcendenza abissale sublyme: ma una ontologia della transcendenza è ancora kriptata e non ancora gettata in vista per la trascendenza fenomenica o trascendenza analitica. Se il fenomeno primigenio della temporalità originaria e autentica è l’avvenire, l’esserci-sublyme è possibilità sempre in transcendenza della singolorità o in vista dell’evento sublyme tanto che il sublyme sia la possibilità della trascendenza nella purezza o semplice possibilità d’esserci della transcendenza sublyme, una possibilità sempre sublime d’ essere sempre in vista della transcendenza abissale e senza fine, o senza la fine e sempre nell’indeterminatezza o della transcendenza indeterminata. L’esserci-sublyme non ha una fine, bensì esiste in modo finito, è finito nell’infinito è infinito nel finito: è infinito nella monade infinitesima estasy della mondità è estasy dell’esserci, è transcendenza infinita nel finito o nell’apriorità o nell’arkè o nella transcendenza paradigmatica; ed è per quell’essere-in-vista-della-transcendenza che la Cura è la cura sublime dell’ essere-sublyme-transcendenza-sublyme della singolarità in transcendenza.
La Cura è il tempo sublime estatico nella sua sublymità esistenziale e fenomenologica e quindi ontica e ontologica; la Cura è la tensione sublime all’essere che sempre c’è senza-fine; la Cura è la temporalità sublime ekstatica come avvenire-essente stato-presentante la temporalità e si rivela come il senso dell’autentica cura quale estatico esserci-sempre-in-vista-della-transcendenza sublyme.
L’esserci-sublyme come Cura si declina nelle forme del sublime, del com-prendere, del parlare, del poetare e il modo d’essere-sublyme della dis-chiusura è caratterizzato dalla curiosità fenomenica del sublime, moto dell’essere-senza-fine o essere-sempre-in-vista-della-transcendenza sublyme, essenziali caratteri della tentazione sublime. Il modo in cui si danno anzitutto e per lo più è la Singolarità densamente infinita o pregnante di infinità che svela la differenza tra spazio-tempo intramonade e spaziotempo extramonade, quale esserci-sublime nella mondità di un senza-fine . Heidegger è in risonanza con l’estasy: la singolarità è un esistenziale e appartiene come fenomeno ontologico alla costituzione positiva dell’esserci sublyme. Autenticità e inautenticità del Dasein-sublyme vanno intese in senso fenomenologico e ontologico come modi diversi di abitare poeticamente il mondo sublime. Emblematica, in questa direzione, è la differenza nell’ontologia del sublyme tra paura (Furcht) e angoscia (Angst) quale transcendenza della singolarità sublyme. Mentre la paura nasce sempre da qualcosa di specifico, l’angoscia scaturisce dall’ essere nella vivenza sublime, la paura assale quando si è di fronte ad un ente intramondano sia pure sublime. L’angoscia si leva dall’essere-nel-mondo o dell’essere-nell’abisso-abgrund-senza-fondo-senza-fine sublime. La sublimità dell’angoscia è l’essere-sublime la transcendenza della singolarità nel mondo-sublime: quale essere sempre in apprensione dell’in-vista-della-transcendenza-sublyme: lì c’è la transcendenza dell’angoscia quale essere-sempre-in-vista-dell’evento del niente, del non-ente, del nulla.
La Gettatezza–sublyme dell’essere-sublyme, quale transcendenza della gettanza sublyme mostra in estasy la gnostica-Heideggeriana, esplicitata quale scadimento dell’esserci non può perciò neppure essere concepita come “caduta” da un più puro e superiore “stato originario” del quale non avremmo né esperienza ontica, né comprensione ontologica «Das Dasein ist als solches schuldig», anche se velato – dell’esser nel mondo quale essere in vista della transcendenza del sublime, quale fondamento di un «ursprünglichen Schuldigseins», di un essere-sublyme originario in transcendenza della sublime singolarità.
La caduta, la gettanza o pro-gettanza sublime disvela l’essenza della trascendenza temporale dell’esserci-sublime. Il senso dell’esserci come essere nel mondo è la temporalità del sublime quale ekstasy dell’ontocronia o trascendenza temporale, il suo costante esistere come apertura mai chiusa e mai compiuta, la sua infinità, suo essere-senza-la-fine fondata sull’abgrund, sul senza fondamento quale esserci-sublime che non ha tempo ma è temporalità della vivenza-sublime, vissuta, aperta, in contrastanza nella transcendenza spazio-temporale immaginaria. Non è che l’esserci riempia con le fasi delle sue realtà effettuali istantanee una stringa elastica o dinamica o un segmento sussunto, ma estenda se stesso, sì che il suo esser proprio è fin dall’arkè costituito come estensione o transcendenza exstatica dell’evento sublyme. Nell’essere dell’esserci sta già il “tra” riferito a nascita e morte. L’esserci ontico o fenomenico esiste per nascita, e per nascita muore anche proprio nel senso dell’essere-alla morte. Entrambi i “capi” e il loro “tra” sono, finché l’esserci fattiziamente esiste, ed essi sono in quel modo possibile dell’essere in vista della transcendenza dell’essere dell’esserci, quale cura della gettanza degli eventi della transcendenza sublyme. Nascita e morte si “con-nettono”, nel modo che è proprio dell’esserci, nella singolarità in transcendenza di gettanza e sfuggenza o precorrente essere-alla-morte, quale transcendenza della singolarità sublyme. In quanto cura, l’esserci è il “tra”sublime è la transcendenza sublyme.
L’eco agostiniana la risonanza , la distensio temporale che l’esserci è da sempre e senza-fine, per sempre e nel tra, nella transcendenza temporale exstatica è il coincidere della struttura ontologica o gestell-sublime con la dinamica-sublime e matematica-sublime del tempo, ontologia sublime del Dasein-sublyme e estasy-sublyme, o transcendenza dinamica del sublime, sia pure quale risonanza Husserl-Agostiniana sempre in vista della transcendenza fenomenica dinamica per la transcendenza epistemica o ogni com-prensione del sublime-temporale-in-estasy o ontocronia-sublime: Il tempo-sublyme non è né oggettivo né soggettivo, né naturale né della physis ma dell’esserci sublime quale ontocronia-in-estasy:enigma sublime del tempo-sublyme sempre senza-fine, quale transcendenza enigmatica della ontocronia sublime . Un enigma che si chiarisce com-prendendo che il tempo, o lo spazio o lo spaziotempo, o la transcendenza ontokronotopica non siano una cosa o una entità, ma un accadere di processi nel mondo, una transcendenza spazio-temporale, un eventuarsi dell’ontocronia dell’estasy sublyme, i quali acquistano il loro significato solo nell’esserci-sublyme proteso alla cura, destinato a finire senza la fine e sapiente di tale finitezza poiché “si dà” verità, c’è transcendenza dell’aletheia solo nella misura o dismisura e fintanto ché vi è dell’esserci . L’essere nel mondo da parte dell’esserci consiste nel suo abitare poeticamente il sublime, o essere-in-vista-della-transcendenza sublyme: ha la sua fondatezza nell’ontologia dell’esserci , o meglio la sua transcendenza fondante si eventua nella transcendenza dell’esserci, nella struttura ontologica della transcendenza sublyme, nel costituire una struttura ontologica sublime che è una donazione di senso al mondo sublime, senza-fine, senza fondale, abissale «ist kein Ding, keine Substanz, kein Gegestand», non è una cosa, una sostanza o un oggetto ma è data come attuatrice di atti intenzionali nel plesso della transcendenza della singolarità di senso: ogni ente dal modo d’essere difforme dall’esserci va concepito come insensato, per essenza destituito di qualunque senso o c’è solo la transcendenza del senso .
La non cosalità dell’esserci-sublime, sia quale matematica infinita sublime, sia quale dinamica estatika sublime è la fondatezza della trascendenza della singolarità anche del suo essere-sublime-spaziale, quasi la kantiana dasein dell’essere-nello-spazio: l’esserci stesso, nel suo essere-nel-mondo, è “spaziale” o dasein-spaziale-sublyme-in-estasy: l’esserci occupa, letteralmente, lo spazio. Non è affatto soltanto sussunto nella porzione spaziale riempita dal suo corpo . La transpazialità dell’esserci-sublyme non consiste in un semplice occupare luoghi, ma nell’apertura di senso che si inoltra nella radura sublime illuminandola. Ecco perché l’esserci-sublyme è nel contempo sublime spaziale in senso originario e la dimostrazione che questa spazialità è esistenzialmente possibile solo grazie alla temporalità non può prefiggersi di dedurre lo spazio dal tempo, o di risolverlo in puro tempo. Lì si disvelò la trascendenza quasi ontologica in Kant: un’ontologia, ovvero di una teoria dell’ente o essere dell’ente che dispiegasse la filosofia trascendentale verso la problematica della singolarità in trascendenza dell’ente, della teleologia, dell’esperienza estetica, dell’intersoggettività, la destinanza della trascendenza è al contempo una nuova comprensione epistemica della natura. Il Giudizio o logos quale metafisica della verità è una ragione che si trasforma, individuando la presenza di un carattere “significativo” nell’esperienza della bellezza trascendente o della purezza aderente in natura, ma comprendendola come un’esperienza diversa e non subordinata a quella concettuale, che prima era il paradigma d’ogni significatività quale apriorità epistemica. E’ una ragione che scopre un principio d’orientamento dello stesso operare concettuale, che dispiega l’ontogenesi di concetti, ma rinuncia a farne una legge epistemica . E’ una ragione della purezza della trascendenza che si trasforma in un accordo possibile su esperienze non concettuali, per cercare di trovare il principio di una idea filosofica trascendentale come tentativo di dar forma ad un’ontologia: quale nuova teoria kantiana dell’esistenza o dasein-analytik, che intenda presentare una formula kantiana del problema ontologico dell’esserci, esigenza che si disveli dalla critica epocale dell’ontoteologia svolta da Kant, quanto dal nuovo senso di esistenza o dasein-analytik-ermeneutica kantiana : concetti e termini come quelli di posizione, determinazione completa, riflessione, forma, simbolo, esistenza, ovvero la problematica di una ontologia trascendentale delle categorie o lo stesso statuto ontologico dell’ente fenomenico: la deduzione è una ontologia della trascendenza in senso non soggettivistico. L’intreccio tra soggetto della purezza e della trascendenza ontologica kantiana mostra la possibilità d’identificazione di un ente della singolarità in trascendenza e d’esistenza, quale dasein-analytik e comporta la possibilità di far valere l’intero complesso delle forme: l’Analitica viene a delineare una ontologia delle condizioni di senso dell’uso delle forme ontologiche: la costituzione categoriale dell’oggetto in generale prende la forma dell’ontologia della trascendenza del fenomeno. Il Giudizio o metafisica della verità riflettente, Reflexion, la teoria o logos della riflessione trascendentale , concetti della riflessione: problematica del gegenstand o dell’oggettualità empirica costringono all’accentuare i presupposti ontologici impliciti nella funzione del giudicare trascendentale delle categorie: fenomeni che consentano ogni esistenza della singolarità in trascendenza, che è centrale per l’ontologia della trascendenza, ma che lo sarà ancora di più nel contesto della Critica del Giudizio o della critica della metafisica della verità. La teoria dell’ideale quale spazio di indeterminatezza della fondazione categoriale-non-categoriale tra i fenomeni della singolarità in trascendenza, problematica della indeterminatezza che configura ormai un’ontologia della trascendenza distinta da quella dell’oggetto in generale, che può essere definita un’ontologia del “mondo”, in trascendenza fenomenica, nel senso di una teoria dell’orizzonte o di una ontologia della trascendenza della mondità, quale fondale o hyntergrund o abgrund abissale. L’unica forma in cui il principio di finalità si manifesta in forma pura, è l’estetica. Giudizio o metafisica della verità ed estetica e nesso tra Giudizio o logos e sentimento del piacere non è più quello della natura intenzionale del Giudizio, contrapposta a quella dell’intelletto. La logica del giudizio estetico o metafisica della verità estetica prevede piuttosto un atteggiamento inintenzionale del Giudizio, che ha luogo in un riferimento non-predicativo all’ente della singolarità in trascendenza, prima di ogni sua comparazione: giudizio che si compie per mezzo della percezione in accordo tra immaginazione della trascendenza e trascendenza epistemica o intelletto quale senso di una percezione nel piacere estetico, paradossi che qui possono crearsi con la distinzione tra esperienza estetica e coscienza estetica: il momento estetico si intreccia e rischia di confondersi con quello conoscitivo: il problema del senso cognitivo dell’esperienza estetica o della condizione estetica della conoscenza quale a priori o principio estetico, apriori-epistemico sussunto nell’apriori-estetico. Analitica della bellezza ma sopratutto l’analitica del sublime svela un’immagine estetica-ontologica della dimensione profonda dell’ontologia della libertà: una nuova prospettiva capace di estendere l’ontologia del fenomeno nell’estetica è una dimensione del fenomeno che può rivelarsi solo al di fuori dell’epistemico conoscitivo, quale singolarità in trascendenza dell’ente: estensione quantitativa e qualitativa si coniuga con la bella forma: esistenza e aderenza nel gegenstand ontologico del Giudizio della ontologia problematica del soprasensibile. L’esperienza estetica indica il paradigma di un evento della tanscendenza o ereignis: orizzonte che non è né natura né libertà e che si presenta come un fondamento indeterminato, che non può essere esplicitato, ma a cui è necessario fare riferimento: è la transcendenza-sublyme ontologica della libertà. Fenomenologia, Empirismo tradizionale ed Razionalismo sono inadeguati per descrivere la trascendenza-sublime fenomenica ontologica della percezione. L’empirismo crede che l’esperienza sia la fonte primaria di conoscenza, e quella conoscenza è dedotta da percezioni sensorie. Il razionalismo pensa che la ragione sia la fonte primaria di conoscenza, e che quella conoscenza non dipenda da percezioni sensorie. Ma l’Empirismo tradizionale non spiega come la natura di coscienza determini le percezioni, il Razionalismo non spiega la natura delle percezioni determinanti la coscienza: un giudizio può essere definito come una percezione di una relazione tra alcuni oggetti di percezione. Un giudizio può essere un’interpretazione logica di segnali presentata da percezioni sensorie. Ma il giudizio non è una pura attività logica, né una pura attività sensoria. I Giudizi universali possono trascendere ragioni ed esperimenti.
La percezione non è pura sensazione, né è pura interpretazione. L’esperienza può essere riflessiva o ariflettente. L’esperienza ariflettente può essere conosciuta da una riflessione sussunta. La riflessione può essere consapevole come se fosse un’esperienza. La riflessione può essere anche un modo per capire e strutturare esperimenti.
La riflessione ha un orizzonte interno nella coscienza ed un orizzonte esterno nella mondità: riflettono l’un l’altro tempo e spazio, influenza l’uno e l’altro. La spatialità del corpo animato dell’esserci nell’analytik-dasein, o l’immagine del corpo animato quale singolarità in trascendenza è influente nella intenzionalità del corpo animato, quale trascendenza della spazialità: è l’origine della dinamica della trascendenza ontologica influente sulla sublimità spaziale. Pensieri che non possono essere espressi sono temporaneamente inconsci. Pensieri che possono essere espressi possono divenire consapevoli o divenire consapevoli prima che siano espressi. Ogni sensazione appartiene ad un campo sensorio. Il concetto di un campo sensorio implica che tutti i sensi siamo trascendenze spaziali, e che tutti gli oggetti sensori trascendenze dello spazio. Ogni oggetto percepito appartiene ad un campo di altri oggetti che non sono percepiti. Ogni sensazione percepita appartiene ad un campo di altre sensazioni che non sono percepite simultaneamente dal soggetto. Lo spazio può essere definito come una forma dell’esperienza esterna, piuttosto che come una ilemorfia fisica ove siano sistemati oggetti esterni. Le relazioni tra oggetti nello spazio sono rivelate dall’esperienza del soggetto che percepisce. Un campo di percezione estetica è un campo dove le percezioni sono presenti nella trascendenza temporale e spaziale. Le percezioni possono essere trascendenze fenomeniche come un fenomeno ontico, o ontologico della singolarità in trascendenza quale trascendenza della libertà ontologica. La libertà è l’essere-in-un-mondo per essere la trascendenza della libertà. Se l’esserci-sublyme è spazio-tempo-sublime o ontocronia sublyme in estasy lo è perché è una sublymanza spazio-temporale: come senso dell’essere di quell’ente che chiamiamo esserci, viene indicata la temporalità o spazialità sublyme. Sublime la messa in chiaro della contrastanza d’essere dell’esserci: nel sublime c’è l’apprensività, l’intuizione e la comprensione dell’intenzionalità della kurvatura dello spazio-tempo cosmico e kaosmico, cronologico irreversibile e kairologico reversibile nel mikro e nel macro infinito ed infinitesimo. Forse chi per primo eventuò la differenza tra spazio tempo intramonade in supersimmetria con lo spazio tempo della mondità disvelò il sublime leibniziano o meglio, la domanda leibniziana risuona: perchè esiste il sublime piuttosto che il nulla, perchè c’è la bellezza piuttosto che il niente, perchè si dà il sublime piuttosto che la bellezza, perchè c’è l’evento del sublime, perchè c’è l’estasy sublime, perchè c’è la fenomenica sublime o la noumenica sublime o la metafisica del sublime o l’analitica del sublime o l’ermeneutica del sublime o la mitologia del sublime o l’ontoteologia o l’ontica del sublime? Quando si svelino quelle domande si è di fronte all’ontologos leibniziano del sublime immaginario. Leibniz scrisse un frammento sull’apocatastasi o reintegrazione finale di tutte le cose, Apokatastasis, nella storia ci sono dei salti, dei varchi, dei momenti di sospensione, ed è lí che si nasconde Dio, pronto ad agire secondo un suo disegno lungimirante. Ciò che sembra un continuum in realtà è un discretum: l’apparente ripetizione dell’identico non impedisce lo sviluppo di piccolissime virtualità nascoste: lì si kripta il sublime infinitesimo e si svela in una spirale che ascenda verso l’apocatastasy arcana e sublime o mente di Dio o essere sublime apocatastasy nella mente di Dio, quale supersimmetria tra la monade divina e la monade mondità nella monade infinitesima del dasein-analytik quale discrepanza e asimmetria o contemplatezza riflettente. Ma c’è anche il nulla ed il nulla è il nulla nell’intramonade divina o della mondità o dell’esserci, quale infinitamente niente o nulla abissalità sublime dell’essere che c’è, si eventua, si dà quale nulla sublime o essere sublime che si gettano nel fondamento, nel fondo dell’essere quasi ci fosse una specie di doppiofondo, una bistabilità abissale tratto fuori dal nulla sublime liberamente: è il trarre il mondo dal nulla in modo perfettamente razionale, perfettamente legittimo, quale doppiofondo. Fondamento di ciò che è è la sua ragion d’essere. Ma fondamento del fondamento è la libertà, il mondo è fondato sulla libertà della purezza dell’ evento sublime, una paradossale vicenda quale variante leibniziana dell’argomento ontologico del nulla sublime: eventi del sublime che accadono, si eventuano dal trarre fuori dal nulla, o meglio dalla mente sublime divina della musa Kalypso, in forma di sublime: s’est trouvé tout inventé dans l’entendement divin avec une infinité d’autres, parce que cette suite d’evenements non è verità? Ed è la libertà, che è ma poteva non essere intrascendibile, privo di crepe e fratture entro cui spiri il vento dell’infinito sublime o del sublime infinito della libertà del tempo o l’oggetto infinito quale gegenstand infinito o ob-getto sublime di Ricoeur declinato secondo paradigmi e stilemi sublimi, o essere una condizione dell’esistenza temporale sublime dell’estasi dell’apokatastasy leibniziana o di Agostino il quale nei suoi celebri paradossi sull’esperienza del tempo sublime disvela l’esistenza di un oggetto sublime quale infinito sublime paradoxale: il tempo sublime non è mai quello che è, non è presente quando è presente, non è passato quando è passato, e quindi pretendere di misurarlo è come pretendere di misurare ciò che si sottrae a qualsiasi misura, giacchè si svela sempre quale dismisura sublime paradoxale. Aristotele nella sua Poetica spiega un concetto temporalmente determinato qual è quello di imitazione, non solo non comporta alcun riferimento alla rappresentazione physis, semmai la sospende o la stravolge: l’imitazione è anzitutto imitazione di azioni che per loro natura scorrono lungo l’asse del tempo, ma azioni il cui contenuto è il mito sublime, la mitologia sublime della musa Kalypso, giacchè fondata sul gegestand infinito o con possibili interpretanza infinite. La poetica-sublime e la physis-sublime appartengono a due regioni ontologicamente separate, distinte e incongruenti, ma in un chiasma moebiusiano: la poetica-sublime svela eventi che sono per l’esserci sensibilità e destinanza, la physis-sublime invece si dà quale tempo o misura del movimento dei corpi nello spazio o dynamis sublime, perciò la differenza è fenomenologica o ontica, ma non ontologica nel senso della dynamis dell’essere dell’ente, quali eventi del sublime, eventi che presentano una sostanziale identità di struttura ontologica: sono ontologia della disvelatezza della luce, quale ermeneutica della differenza e della contraddizione, per cui il senso si mostra negli opposti come altro da sé, inesauribile, capace di negarsi. Estasi della filosofia del sublime: quale interpretanza infinita che interroghi l’infinito trascorrere della formattanza sublime: evento che si eventui, nient’altro che evento, evento che differisce da qualsiasi altro evento l’abbia preceduto. C’è verità là dove si sostenga che il mondo sia sensato e sensibile, e c’è verità là dove si sostenga che il mondo non abbia sensibilità ma solo il logos, o la metafisica della verità epistemica: non si pensi l’essere che è e insieme l’essere che non è, non si pensi l’essere che diviene, perchè c’è la contraddizione e dunque il totale oscuramento della verità. Parmenide inaugurò così la metafisica della verità, o il pensiero che pensi l’essere: è la metafisica della verità che pensi l’essere epistemico e mai l’estasy sublime dell’essere abissale, essenziale origine del nihilismo quali phenomena della sublime disvelatezza. I phenomena quali figure nella spazialità infinita o ad interpretanza infinita si disvelano sempre irrudicibili al pensiero calcolante epistemici, anzi la loro presenza è una continua decostruzione della dynamis sublime: sia quale cronocromodinamica quantica, sia quale ontodinamica sublime o ontokronia del niente, del non-ente, del nulla. Quella dinamica sublime svela l’ontocronia nihilista dell’estatica Dasein-analytic quale topologica sublime del Dasein-analytic: il Dasein o Dasein-Welt, quale essere-nella-verità del sublime Dasein. I phenomena nihilisti sono semptre fenomeni sublimi del non-ente, del niente, del nulla, comprensibili senza gli strumenti del logos o della sensibilità o della congruenza intuitiva, giacchè lì l’entità non c’è, anzi lì si disvela solo l’abissalità estatica dell’essere-sublyme quale Essenza e essenziale Ontogenesi del Nihilismo. Heidegger gettò il nulla quale estatica progettanza dell’essere: il Nothing si dà si eventua quale evento del nulla, anzi solo il nulla getta la profondità abissale e sublime, quale ab-senza delle entità spazio-temporali sensibili o epistemiche della metafisica della verità o del logos. I phenomena nihilisti sublimi ex-sistono, nella loro Ex-sistenza che disveli la struttura ontologica dell’essere sublime ex-jectante l’existenziale ex-sistenza quale pro-gettanza-re-gettata presentemente assente dal nulla abissale sublime. Heidegger pensò così al nulla quale evento abissale della sublyme ontodynamis. La rosa è senza motivo, fiorisce perché fiorisce, quale auto-manifestarsi entità dell’ecstasy temporale o estatica della transcendenza in una danza cosmica che libera
la luminosità intrinseca o la translucenza o auto-organizzazione o Ereignis o kronotopodynamica nella physis sublime o dinamica sublime della mondità. Eraclito eventuò per prima l’essere sublime e poi la dynamis sublime. Eraclito fonda la dinamica sublime dello scorrere dell’essere nel nulla. Il pensiero sublime di Eraclito è ancora poetante ma nello stesso tempo è anche la prima singolarità sublime di contrastanza eristica: vi è contenuto il principio della dynamis sublime. La dynon-sublime è la dea sublime dell’esserci sublime, lì la singolarità sublime è completezza, lì la singolarità sublime si dà, si eventua quale differenza dell’ontodynamica della physis sublime, lì c’è l’autodynamica sublime della differenza nell’intrasingolarità, lì c’è l’abissalità sublime dell’essere nell’ente o l’evento sublime dell’essere nelle entità mondane, lì c’è il kryptarsi dell’essere nelle singolarità della physis sublime, lì c’ è il tramonto o meglio è l’insorgenza senza eclisse dell’astrophysis che dà luce e si dà alla luce senza tramontare. Non c’è orbita o gravità ma solo il soggiornare sublime senza fine, o il sorgere della purezza della transcendenza della physis sublime in relatività con la disvelatezza sublime e l’oblio.
L’idea è la dynamis sublime dell’essere stesso in sé e per sé, come ciò che è aletheia o disvelatezza sublime o verità aristocratica e sacerdotale. Eraklyto di animo variabile e intriso di ambiguità evocò una sibilla dalla bocca delirante che disse cose di cui non si ride, non addolcite né da ornamenti né da profumi. Il signore che svelò l’oracolo in Delfi non dice e non nasconde, ma pro-getta il sublime: tratti in inganno nella conoscenza del visibile, simili a Omero, trassero in inganno : tutto quel che si contempla e apprende si lascia lì, tutto quello che non si vede o che è indicibile o inaudito lo si porta via giacchè è sublime. La presenza in Eraclito dell’ oracolo si spiegò con l’intenzionalità di offrire una sacralità al pensiero, quasi si trattasse di una rivelazione ermeneutica sublime. Eraclito svelò la verità sublime nel logos, benché la verità sublime eterna, non la si comprenda mai, né prima di udirla né
dopo: così è il mondo, svelò, ma si è ignari da svegli, come nei sogni sublimi, tale verità riflette la physis sublime in ogni ente, quale stabilità della physis-archê ontologica, ma non c’è risonanza anche se si ascolta: sì è presenti, ma assenti. Sublime è il pensiero, è l’ ascolto della risonanza dinamica della physis sublime che raccolga l’intima natura della physis kryptata, giacchè ama nascondersi. E si dà o si eventua solo nella dynamis sublime. Si dovrà sapere che anche la guerra è sublime, e che la giustizia è contesa sublime, tutto avviene nella sublime contesa o eristica sublime. Polemos sublime o l’eristica dinamica della physis sublime è l’ontogenesi che rivela la fenomenica degli dei e l’ontologia della libertà dell’esserci, quale fondamento della mondità eleusina. Eraclito svelò la dinamica sublime dell’eristica in accordo o in discordanze discordi, quale bellissima e sublime armonia, concorde pur discorde: armonia sublime di tensioni contrastanti, come nell’arco e nella lira: questi infatti trasformandosi sono quelli, e quelli a loro volta, trasformandosi, sono la dynamis sublime, concorde e discorde, armonica e disarmonica, dinamica sublime ontologica-cosmologica che svela la struttura ontologica della dinamica sublime cosmica; il suo apparente caos trova nella singolorità sublime la dinamica strutturale latente, profonda, invisibile: l’armonia sublime invisibile è più pregnante o ontologica della visibile. La via in su e la via in giù sono identiche o invarianti nella dynamis sublime ontologica, così come è sempre lo stesso sia il principio e sia la fine nella sfera. Quella dynamis sublime del mondo è la stessa per tutti, non c’è né una per gli dei né una per gli esseri animati o inanimati, ma c’è sempre stata ed è e sarà fuoco vivo in eterno, che al tempo sublime si accenda e al tempo si spenga. Dinamica sublime reciproca di tutte le cose col fuoco e del fuoco con tutte le cose, con l’oro e dell’oro. Mutamenti sublimi dinamici del fuoco: dapprima mare, del mare una metà terra, l’altra soffio kosmico della dynamis o cosmogonia della physis sublime. Il kosmos dinamico sublime è la physis sublime che si dà, si eventua in una propria sublime dinamica strutturalmente stabile, si rivela in dynamis sublime della physis-archê sublime , interpretate come sublimi metamorfosi fenomeniche dell’ ontogenesi dinamica abissale : come sono gli insondabili confini sublimi dell’anima. Eraclito svelò così gli inesauribili movimenti dell’essere dell’ente, quale dynamis della physis sublime cosmica, quale struttura ontologica della bellezza-sublime della divinità o assolutezza dell’armonia fenomenica così interpretata nell’ermeneutica eristica della dynamis sublime: le fanciulle lungo la via che appartiene alla divinità, con il proprio desiderio sublime si inoltrano nella Notte verso la luce. Alla porta dei sentieri della Notte e del Giorno le fanciulle persuadono Dikê nel consentire il passaggio sublime, per la strada maestra che porta, infine, alla sublime dea o Verità sublime, la quale svela la sublime rivelazione: o sublime che giungi,
rallegrati, poiché una sorte sublime ti ha condotto a percorrere il sentiero sublime. La divinità sublime parmenidea è rivelazione della Verità sublime. Le qualità dinamiche dalla dea sublime della Verità o della Alêtheia sublime si svelano nella sua ontologica disvelatezza della dinamica sublime.
La dea è e si manifesta, si dà o si eventua nella dynamis sublime. Essere è pensare la dinamica sublime: quali siano le vie di ricerca sublimi:l’una è e non è possibile che non sia, è il sentiero della Persuasione, perché svela la dynamis sublime della Verità, l’altra non è ed è necessario che non sia: è un sentiero ove nulla si apprende: non si può conoscere ciò che non è, né esprimerlo. Infatti la stessa dynamis sublime è pensare ed essere. La rivelazione della dinamica sublime della Verità, affidata al mythos afferma l’essere, l’altra il nulla che non è; indeterminatezza dinamica dell’eristica sublime solo apparente giacchè svela l’essere sublime come vera e unica possibilità, e l’essere che non può non manifestarsi nel pensiero quale fenomeno dinamico sublime esistenzale dell’ esserci.
Essere la dynamis sublime o essere la verità dinamica della disvelatezza: to on o to eon, indica per un verso l’ente, ciò che è, per altro tutto ciò che è, per altro ancora significa quanto è immutabile, imperituro ed eterno, in ciò contrasta l’instabile physis sublime, come assenti, alla mente, siano saldamente presenti, non si può recidere l’essere dal suo essere congiunto con l’essere sublime, né come disperso dappertutto in ogni senso nel cosmo, né come raccolto insieme nella dynamis sublime dell’essere, qui:
l’essere to eon è pro-posto come lo sfondo che accoglie, stringe tutte le entità, la dinamica sublime che dà significato al molteplice degli enti presenti e assenti, lontani e vicini; l’instabilità dinamica della physis-archê sublime disvela l’assoluta dynamis nell’essere sublime: annichilisce il nulla, risolve la problematica del passaggio dal nulla all’essere o della transcendenza dinamica sublime
dall’essere al nulla o dispersione e concentrazione dell’essere nella cosmologia sublime o sublime proximità accanto all’essere, un non-essere quale entità fenomenica di modelli cosmogonici sublimi.
In relatività con l’epistemica cosmica dell’essere sublime in relazione con Senofane, il quale contrappone al
politeismo e antropomorfismo un monoteistico incentrato sulla singolarità dell’essere sublime e divinità della mondità nei segni dell’essere. È necessario il dire e il pensare che l’essere sublime sia: infatti l’essere sublime è,
il nulla non è: vi esorto alla contemplatezza del sublime, da questa prima via di ricerca si deve essere in lontananza,
ma anche da quella su cui gli esseri che nulla sanno
vanno errando: è l’incertezza che guida una dissennata mente, si è trascinati, sordi e ciechi , sbalorditi e senza giudizio,
dai quali essere e non-essere sono sublimi e non sono la medesima sublimità, e perciò del sublime c’è un cammino reversibile: che sia il sublime che non è!
Ma il sublime è l’occhio che non vede, l’orecchio che non sente le risonanze e la lingua che non parla, ma con la purezza estatica del sublime dinamicamente disvela la sua
consistenza ontologica sublime.
È la dea della verità del sublime che soggiorna senza eclisse, senza tramonto che svela la purezza dell’essere sublime in luce con il tramonto senza mai più coniugare essere e nulla, o la follia dell’ essere in interagenza con il non-essere.
Eraclito dissolve quell’eristica fenomenica o epistemica nella relatività dinamica della physis sublime che si dà alla luce e non si disvela, come la dea aleteia dell’essere sublime: è l’essere sublime, senza fine, perché è ora insieme tutta transquantika sublime, singolarità dinamica sublime. Quale è l’ origine della dynamis sublime o transdynamica transublime?
Dal non-essere o dal nulla non è consentito
né dirlo né pensarlo, perché non è possibile né dire né pensare
che non sia la dynamis sublime dell’esserci. Quale eventualità lo avrebbe mai costretto a nascere, dopo o prima, se derivasse dal nulla? Perciò è fenomeno che sia , o non sia per nulla.
E’ dall’essere dynamis sublime che insorgerà la certezza insorgente e soggiornante senza fine e senza eclisse, e che sia in relatività alla disvelatezza ed all’oblio: né il nascere né il perire consentì: l’essere si stringe con l’essere, è senza principio e senza fine. Lo stesso è il pensare, è il pensiero, perché senza l’essere nel quale si eventui,
non c’è il pensare: nient’altro o è o sarà
all’infuori dell’essere: la dynamis sublime dell’esserci è nascere e perire, essere e non-essere, o insorgere o soggiornare nel sublime o kronodinamica o transdinamica transublime: da ogni parte dynamis sublime, o nell’apeiron sublime. L’essere sublime è senza fine: non potrebbe sorgere dal nulla né passare nel nulla; è singolarità dinamica sublime indivisibile, disvelanza della dea della disvelatezza sublime: tra l’essere e il nulla, non rimane che un sentiero dinamico disvelante la physis sublime o la transphysis dell’esserci sublime.
La dynamis sublime c’è , si dà, si eventua: come può il
non-essere viceversa determinare ciò che è? L’assoluta assenza della dynamis sublime non si svela che nell’abissalità sublime kryptante: ex nihilo nihil , l’eventualità di una transgenesi sublime del nulla dal nulla si eventua sempre quale tramonto dell’essere sublime, ma l’esserci sublime che mai tramonta, che insorge e soggiorna è la dynamis sublime illuminante o translucente della trans-physis ontoepistemica, che implica la svelatezza della dea sublime o la sua verità. L’essere sublime soggiorna nel vuoto della physis sublime indivisibile ma dinamica, stabilmente senza eclisse e senza fine, atemporale, eternamente senza tramonto con la sua dynamis sublime, invulnerabile è un’icona del sublime, un’imago sublime della dynamis, un’immagine sublime, purezza transcentente e con una significanza cosmologica: l’essere della physis sublime o della transphysis o dynamis sublime disvelante, oppure occultante, disorientante, accadente esserci nella physis sublime quale etereo fuoco della fiamma, leggero, a sé medesimo da ogni parte identico, e rispetto all’altro, invece, non identico; opposto o in contrastanza con la notte oscura, di struttura densa e pesante: è la dynamis sublime quale ordinamento del mondo, verità in evidenza dell’essere sublime.
L’essere è sublime vivenza . La dea sublime delle verità non trema e si dà nell’evento sublime. Il mythos della dea sublime si dà sempre sorgente nell’archè-physis
quale transcendenza della purezza ontologica del sublime quali eventi sublimi dinamici o fenomenici, o la loro ermeneutica finita o infinita interpretazione del sublime trans-physico: il sublime è il manifestarsi stesso dell’esserci della dynamis sublime in relatività e in equilibrio con la physis dell’essere Aletheia sublime, verità dinamica, sempre insorgente e senza tramonto, alternante luce e notte, quale STORIA sublime ed ONTOLOGICA
della sublimità della PHYSIs Sublime o transphysis transublime.l’esistenza è una
posizione, è la condizione per avere predicati, non è un predicato, l’esistenza diventa un concetto puro della categoria di modalità, dunque torna ad essere
piuttosto simile ai predicat: si può considerare
l’esistere un predicato? Se sì, si ha una predicativizzazione generale del discorso, e il dualismo
ontologico-predicativo ; se no, occorre specificare bene in quale senso l’esistere non è un predicato o categorie di Aristotele, tradotte da Boezio con “praedicamenta”: in questo
modo poiché la prima categoria è la sostanza, anche la sostanza risultava essere un
praedicamentum). In effetti nella tesi l’esistere non è un predicato si nasconde una tesi ontologica
fondamentale, e fondamentalmente distruttrice dell’ontologia, la tesi per cui la cosa è
inafferrabile inconoscibile, di cui conosciamo soltanto le proprietà, linguisticamente espresse dai
predicati. Una posizione che è un tema costante da S. Tommaso a Gadamer, e che spesso sconfina
nella teoria dell’impossibilità dell’ontologia.
Ammettiamo ora che esista una attività tanto generale da essere l’attività senza la quale non si può
fare alcunché. Alcuni ritengono che questa sia appunto: l’esistenza;
distinzione come preliminare a distinzione cose-persone: le cose sono in sé le persone sono per sé: se mai questa attività super-generale corrisponde al “perdurare nel
tempo”, non ad “essere-esistere”. Naturalmente perdurare ha a che fare con essere: perdurare è funzionalmente analogo a essere. Essere ed esistere sono la stessa cosa Essere e tempo Heidegger asserisce che l’ontologia fondamentale
lla che introduce la tesi “ontologica” l’idea che il senso
dell’essere sia adeguatament
metaontologico nell’interpretazione di van Inwagen consiste nella costruzione e decostruzione e
ricostruzione di predicati, dunque si conferma più o meno direttamente il primato dell’analisi
concettuale in ontologia. È peraltro la costruzione di certi predicati che fa lavorare per così dire il
rasoio di Ockham: si tratta di modi di descrizione della realtà che ci evitano di riconoscere oggetti
come “distanze” o “buchi” o “eventi”, sostituendo ad essi strutture diverse di predicati inerenti a
uno ristretto numero di oggetti sicuramente riconoscibili monadikoi arithmoi. Tale teoria, lanciata da Platone e ripresa da Aristotele, è stata
sviluppata da Julia Annas in un libro molto importante sulla matematica in Platone e Aeristotele : i numeri
sono ontologicamente doppi in quanto servono a unire ciò che è distinto, e a distinguere ciò che è
unito. L’uno, in altre parole, è equivoco poiché è ciò che unifica una molteplicità, creando l’uno dal
molteplice, ed è anche ciò che individua-isola il singolo nel molteplice. Si tratta dunque della
distinzione tra uno-tutto e uno-singolo.
Il fatto che già nei Greci lo on debba diventare necessariamente un
en, questo non mi è riuscito di svelarlo, lo confesso apertamente!”. In effetti la numeralità
dell’essere è un problema per l’ontologia heideggeriana, e Heidegger non si è mai reso conto che la
numeralità è la condizione della dicibilità, non ha cioè mai sottolineato con chiarezza la natura
positiva del nesso tra linguaggio e matematica.
La riflessione ontologica di Heidegger metaontologiche, tanto che Heidegger finisce per fare poi quasi esclusivamente della
metaontologia: ossia per fermarsi a lungo a riflettere sulle condizioni dell’ontologia.
Solo nel 1928, però la problematica
metaontologica si dichiara come tale.
Perché Heidegger introduce il termine “metaontologia”
Proprio il termine “metaontologia” è utilizzato qui da Heidegger per precisare e distinguere i
concetti di ontologia fondamentale e di metafisica: le ontologie
regionali, ossia le domande ontologiche specifiche di ciascuna scienza, e l’ontologia fondamentale,
ossia l’ontologia (filosofica) che mira alla considerazione generale del senso dell’essere, e che
dunque è la premessa e il fondamento delle ontologie regionali. Heidegger qui sottolinea come i
problemi di fondazione delle scienze siano problemi ontologici: per la scienza storica si tratta di
capire che cosa è la storia, per la fisica si tratta di capire che cosa è la natura: ontologia designa anche la domanda sugli
oggetti tematici delle scienze, benché per Heidegger non sia propriamente ontologica la domanda su
ciò che “c’è”, sull’esistenza dei singoli oggetti, ma piuttosto sui concetti fondamentali o sull’ambito
di ciascuna scienza.
Poco tempo dopo, nel corso citato del 1928, Heidegger chiarisce che all’interno della metafisica
c’è una parte distinta dall’ontologia fondamentale, e collegata alle ontologie scientifiche (regionali),
e tale parte è la “metaontologia”. La metaontologia, dice Heidegger, è precisamente quella parte
della metafisica incaricata di porre, in relazione alle ontologie regionali della scienza,. Dunque a rigore la metaontologia e non l’ontologia è la disciplina che dovrebbe
occuparsi dei problemi ontologici della scienza, che cosa è la metaontologia
La necessità del nesso tra ontologia e metaontologia appare qui con estrema chiarezza: è ovvio che
porre il problema dell’essere è possibile sulla condizione che si riconosca e per così dire si veda
“una possibile totalità dell’essente: per porre la questione ontologica è necessario
presupporre la nozione di essere come totalità degli enti, e come apertura delle diverse possibilità
ontologiche. Ma per vedere tale totalità ci occorre l’esserci, la prospettiva sull’essere dischiusa
dall’essere-qui . Così la comprensione ontologica richiede “l’esistenza effettiva dell’esserci”,
e questa a sua volta “l’effettivo essere semplicemente presente della natura”, e tutto l’insieme infine
richiede la considerazione della totalità “essere”. Dunque “essere” che comprende esserci e
natura. “Da tutto ciò – spiega Heidegger – risulta la necessità di una peculiare problematica che ora
ha come tema l’ente nella sua totalità. Questa nuova impostazione del problema è implicita nella
natura stessa dell’ontologia e risulta dal suo capovolgimento, dalla sua µetaß???. Designo questa
problematica come metaontologia”. Con metaontologia Heidegger indica dunque il
“capovolgimento” (metabolé) dell’ontologia. (il punto di partenza non sono più gli enti ma
l’essere), e un trascendimento delle regioni specifiche dell’ente (per tematizzare “l’ente nella sua
totalità”). Egli aggiunge anche che tale trascendimento comporta un rinvio all’unità dell’essere, ma
una unità diversa da quella della universalità delle scienze. In questo senso, la metaontologia si
pone accanto all’ontologia fondamentale, che è invece un “insieme di fondazione ed elaborazione
dell’ontologia”, ossia l’analitica dell’esserci e della temporalità, ed entrambe entrano a costituire la
metafisica.
Ora accade però che Heidegger, nell’arco di qualche anno, sembra aver dimenticato del tutto la
posizione metaontologica, così accuratamente delineata. Nel 1935 nel corso estivo sull’Introduzione
alla metafisica non c’è traccia del termine meta-ontologia né dell’interrogazione relativa.
che nella questione metaontologica sia di mezzo quella stessa difficoltà che porta Heidegger alla
“fine” di Essere e tempo, l’oblio della questione metaontologica e le sue ragioni
Sicuramente, le complicazioni del rapporto di Heidegger metaontologi la metaontologia, ci avverte
Heidegger, non è una semplice scienza “ontica” induttiva, una semplice sommatoria “che racchiude
i risultati delle singole scienze”; d’altra parte“quello che qui dividiamo apparentemente tra
diverse ‘discipline’ e provvediamo di etichette è una cosa sola – così come appunto la differenza
ontologica è un o il fenomeno originario dell’esistenza umana”. In altri termini: l’unire che porta a
pensare la totalità-essere non è un semplice unire; il dividere che porta a chiamare questa ricerca
“metaontologia” non è un semplice dividere.
Tutto questo riguarda profondamente la possibilità di parlare dell’essere in termini discreti, e
dunque il nesso tra ontologia, identità matematica
(l’essere una della singola cosa).za meta-ontologica il “metà-”, scompare, e al tempo stesso emerge uno dei
grandi temi del secondo Heidegger, ossia la questione della metafisica, o dell’“oltrepassamento
della metafisica”.
connessione tra ontologia e scienze specifiche, ontologia fondamentale
“metaontologia” resta non chiarito, ma ciò avviene proprio perché la stessa questione
metaontologica è il punto oscuro del lavoro heideggeriano. Heidegger continua a elaborare la
nozione di ontologia fondamentale distinguendo ontologia e metafisica, a un certo punto anche
insistendo sulla ontocronia come contrapposta alla ontologia, in generale oscillando, proprio
intorno alla problematica dell’essere (in senso meta-ontologico)distinguere l’ontologia dalla meta-ontologia, l’ontologia (come indagine su ciò
che consideriamo esistente e presente, ma anche come indagine sull’essere in quanto essere, e nella
sua trascendenza rispetto agli enti) dalla riflessione sulle condizioni dell’ontologia.
dell’essere” non riesce a dar conto dell’essere matematico – che il
continuo dell’essere debba tradursi nel discreto delle cose.
Essere, matematica ontologia
perché ativo del dire (sagen) a differenza del
‘la casa dell’essere’, allora per
restare nella metafora resta l’inquietante questione: dove, in che luogo si trova questa casa?. Ora non è chiara la via attraverso la quale “l’inquietante questione” potrebbe incontrare una
soluzione; né è davvero chiaro in quale punto si collochi l’enigma perché il dire del pensiero deve dire l’Essere (piuttosto che la
differenza rispetto all’essente)…. La parola è accordata al dire dell’essente. Ma essa d’altra parte
può parlare così perché parla dell’apertura dell’essere (Lichtung): la differenza ontologica (tra l’essere e gli enti). I
nomi, a loro volta, per essere filosoficamente compresi devono essere tradotti in predicati. Ma
nell’ottica dei predicati “l’essere” scompare, ossia risulta una sorta di x inconoscibile, la cosa, o
upokeimenon, a cui ineriscono le predicazioni. Così la visione dell’essere come insieme di enti
porta al dileguare degli stessi enti. Heidegger pensava di ovviare a questo inconveniente proprio
eliminando il primato della cosa, cioè degli enti singoli, nella considerazione ontologica, e dunque
sostituendo alla visione discreta dell’essere come molteplicità di enti, una visione continua: l’essere
unico come costituente di tutti gli enti. Ciò gli sembrava possibile solo “ricordando” la differenza
tra essere ed enti.
Questa metaontologia heideggeriana vuole mettere in collegamento le ontologie delle scienze,
ponendole in rapporto all’unità dell’essere e al dover essere: ma
perché tale impresa dovrebbe essere distinta dalla metafisica, o dalla ontologia fondamentale? Non
è un caso che Heidegger si sbarazzi presto del termine metaontologia: in realtà si accorge che il
termine metaontologia designa un problema più che una soluzione: esso indica quella che gli appare
una incapacità della metafisica a porre la questione ontologica generale in rapporto alla scienza: l’essere è o
non è un predicato? Se lo è, è difficile ammetterne l’univocità, se non lo è, è difficile ammetterne la
descrivibilità.
come gli altri concetti fondamentali o generi sommi della tradizione filosofica, ha la caratteristica di
essere usato tanto come predicato quanto come condizione di predicati. Il primo uso è proprio del
linguaggio naturale, il secondo del linguaggio filosofico, ed è in filosofia che si vedono i rapporti tra
concetti fondamentali o generi sommi come essere, linguaggio, numero, tempo,
Il sublime o storia sublime della Physis sublime o della transphysis è essenzialmente un luogo sublime,una topologia della sublimità dell’abisso,della fondatezza,dell’aldilà ontodynamica sublime:la storia del sublime della Physis sublime è la storia dei luoghi del sublime,la storia sublime del sublime è la storia dell’Essere sublime,o dell’eterno ritorno del sublime o della risonanza infinita dell’essere sublime,nella latenza,custodita,curata per eventuarsi nella epokè sublime della Physis o della transphysis dinamica sublime.
La storia del sublime nella Physis o delle dynamis sublime transphysica è la storia della radura dell’Essere sublime, dell’Essere diradato,sgombro,libero d’Essere nell’abisso sublime, senza nulla, senza niente, senza fine, senza tramonto, senza eclisse.
Nessuno è ancora stato libero di ricercare la storia dell’ontologia del sublime nella Physis dinamica della transphysis transublime,aldilà dell’ermeneutica teologica, oltre la metafisica nichilista transcategorica, transepistemica, transparadigmatica.
Non c’è né l’ontologia dell’essere sublime, né l’ontosofia del sublime o la storia sublime della sublimità nella Physis della dynamis sublime o transphysis.
La storia del sublime si fonda sulla storia sublime della dynamis sublime:senza essere liberi di contemplare il sublime della transphysis transublime dynamica, non c’è il sublime ma solo fondamentalismo teologico, teocrazia:la storia sublime del sublime nella Physis è la storia sublime della dynamis d’Essere sublime in presenza della contemplazione dell’Essere transphysis o transublime.
Il sublime c’è quando l’essere si pone dinanzi nella contemplazione dell’Essere transphysis dynamica che si dà, si getta alla presenza nella radura, nella topologia dell’Essere, quale ontologia dell’Essere sublime dinamico, il Gegengrund sublime o fondale sublime transphysico che si eventua nella ontovarietà della gettatezza del sublime della dynamis sublime è la radura dinamica che custodisce, kriptata, latente la cura dell’Essere dynamis della transphysis.
I luoghi della Gegengrund sublime o fondale sublime della transphysis sono gli spazi kaosmici ove si getta dinanzi,davanti l’Essere sublime della dynamis, i luoghi del sublime dinamico sono quelli che l’esserci si trova di fronte non ad un orizzonte del mondo, o ad una prospettiva mondana, o ad un tramonto o eclisse cosmici, ma l’Essere è abitato dynamicamente dall’orizzonte e dalla prospettiva dell’Essere senza fine, senza declino,senza tramonto, senza eclisse, quale eterno ritorno della risonanza dell’Essere sublime della dynamis transphysica.
Solo così si eventua l’epochè della storia sublime della dynamis sublime, non teokratica, del sublime nella Physis dinamica della transphysis. Tanto per essere rigorosi fino in fondo:il sublime della dynamis non è la topologia della teocrazia, né il sublime è la singolarità nichilista transcosmica del transtempo transimmaginario, giacchè quelle suggestive topologie sono sempre transcategorie della prospettiva del mondo tramontante mentre l’orizzonte dell’Essere sublime della dynamis non si trova mai di fronte all’eclisse, al tramonto, alla fine della storia, del transtempo, del transpazio, del transkosmo o della transphysis.
Nel sublime della dynamis invece c’è l’eterno ritorno della differenza ontologica tra il Gegenstand quale contrastanza eristica della dynamis sublime transphysica: non il nulla o il niente, ma l’Essere sublime dinamico che ci viene in-contro, l’Essere della dynamis sublime che si getta alla presenza, per abitare l’Essere che contempla la radura ove si eventui la transphysis transublime.
La storia sublime della sublimità della dynamis sublime è la storia della differenza che si eventua nell’ontologia dinamica, quale presenza che abita il luogo transkaosmico della transphysis dynamica sublime.
La storia sublime del sublime dynamico della Physis sublime e della transphysis è la storia dell’Essere che contempla l’essere dinamico e di fronte, quale presenza dinamica della radura, ove non ha mai abitato né l’entità, né l’Esserci, né la mondità, né la metafisica, né la teocrazia, ma solo la risonanza dell’Essere dynamis sublime che ci viene in-contro, quale eterno ritorno della transphysis sublime dynamica. La storia sublime della sublimità transdynamica della Physis è la storia delle origini della transphysis dynamica, tanto per abitare i luoghi storici del sublime dinamico, si eventua nella risonanza quale Essere dynamico e sublime Essere transublime che ci viene incontro, Essere che abita l’Essere, Essere che si incontra kriptato nell’Essere sublime della Physis o transphysis dynamica.
La topologia, il luogo ove l’Essere dynamico ci viene in-contro e ci abita è il sublime della dynamis: la topologia del sublime dynamico è la sublime topologia della storia del sublime della transphysis dynamica, solo nella topologia del sublime dynamico la storia si eventua quale storia sublime della sublimità transdynamica della transphysis: giacchè solo lì è dinamicamente essere storia sublime del transublime della transphysis dynamica e mai più storia della teocrazia, storia metafisica della teologia teocratica, storia metafisica della transteologia teocratica,storia della volontà di potenza della teocrazia, storia dell’etica teocratica, storia metafisica dei transfenomena transcosmici.
I luoghi ove il sublime della dynamis ci viene incontro, o dove l’essere in-contra l’essere dynamico che si eventua ed abita l’essenza del pensiero della dynamis sublime, sono i luoghi del sublime della transphysis dynamici, sacri, oscuri, misterici, kriptati, perché quella prossimità dell’essere con la sua ikona che si getta alla presenza e la abita è sublimità dynamica nel senso di indicibile, inaudita, con paradigmi transfisici transcosmici, la storia sublime del transublime è la storia degli spazi dynamici, abitati solo dall’Essere sublime dynamico che ci viene in-contro, quale Gegenstand sublime o fondale sublime dynamico transphysico, mai nullità, e nel contempo:Essere sublime che si incontra nell’essere transdynamico che si getta ed abita, nella contemplazione, l’Essere dynamis della transphysis.
Le varietà del venire incontro dell’Essere sublime dynamico sono infinite, indicibili, senza eclissi: perché i luoghi del sublime della dynamis sfuggono alla classificazione dell’imperativo transcategorico del rigore razionale o della metafisica transideale nichilista, transergetica, transimmetrica, transinferenziale, translogistica, transteocratica.
Gli eventi del sublime della dynamis sono sempre in relatività con gli eventi e le ontovarietà dell’Essere sublime transdynamico che ci viene incontro, che si eventua quale dynamis sublime ontologica: si incontra l’Essere sublime dynamico, si contempla la dynamis d’essere sublime transkaosmica.
I luoghi del sublime-trans-dynamis transublime sono gli spazi topologici ove l’Essere sublime dynamico si dispone nella transcontemplazione, nell’ascolto,nella transvisione, nella transensibilità e nel pensiero transdynamico dell’Essere sublime di fronte, dinanzi, davanti che ci viene incontro, nella Gegenstand sublime o fondale dynamico della transphysis transkaosmica.
La storia sublime del transublime-dynamis è la storia delle radure, dei vuoti ontologici della Physis-dynamis, ove l’essere sublime si eventua per essere transcontemplato e per transabitare transdynamicamente l’essere di fronte, oltre che abitare dinamicamente solo il mondo, la Physis-dynamis sublime, il transkosmo.
Quando un luogo, una radura, un vuoto sono abitate transdynamicamente dall’Essere sublime che si getta e che viene in-contro all’Essere, si eventua il sublime e la sua storia quale storia sublime del transublime transabitare dinamicamente l’Essere dynamis, in libertà, in verità, in prossimità con l’Essere dynamica sublime.
La libertà di ricerca sulla storia sublime del transublime della Physis-dynamis si eventua nella storia dei luoghi ordinari del transenso del sublime, della sua transessenza, della sua transpresenza qui ed aldilà del mondo i luoghi del sublime, anzi meglio la topologia del sublime, lo spazio vuoto, la radura, lo spazio libero dalla transmondità ove è custodito, curato, evocato e transcontemplato il Gegenstand sublime o il fondale transphysico: l’Essere sublime che viene incontro per transabitare dynamicamente, non solo il mondo, ma la transikona dell’Essere sublime, la transessenza dell’Essere sublime, l’Essere transdynamis, l’Essere ontologico sublime.
Si eventua così nel transpazio e nel transtempo del mondo la differenza ontologica: si presenta la topologia dell’Essere sublime, di là e di qua la topologia transfluttuante del mondo dell’Esserci sublime, del mondo transvirtuale, del mondo transimmaginario, del mondo ontologico, del mondo dynamico sublime.
Il mondo dell’Essere sublime si getta nella transmondità anche quale mondo sublime, mondo transcaotico o mondo transcosmico, mondo transcaosmico, mondo transdynamico, mondo transestatico e la sua transfluenza transmetafisica si dispiega nel mondo transetico, transepistemico, paradigmatico, transermeneutico, transdinamico, transnoetico.
Quale fondamento della verità dell’Essere dynamico sublime la sua transfluenza dà transenso al transkaos, al transinvisibile, al transindicibile, al transinaudito, all’assenza presente della sua sacralità sublime: l’unica che possa salvare o curare nel mondo dell’aldilà, della dynamis sublime.
La Topologia dell’essere sublime e la sua topologia animata dell’Essere sublime transanimato che trascende
l’Esserci,ma non è l’Essere sublime ontologico dynamico.
Quelle ontovarietà dispiegano la complessità della fondatezza dell’Essere sublime nel mondo transvirtuale, transanimato, ontologico, transimmaginario, transdynamico, transmetafisico, transinergetico, transimmetrico e disvelano quanta volontà di potenza ci sia nella storia sublime del transublime della Physis-dynamis sublime.
Volontà di potenza dell’eterno ritorno dell’Essere sublime, nell’epochè della storia dell’Esserci sublime, ma anche volontà di transfluenza transegemonica transimperativa transcategorica nella transmetafisica, transermeneutica, transdynamica, transetica, transestetica, transepistemica, transvirtuale, transimmaginaria, transonirica, transestatica, transmitica, transmagica.
Nell’Essere sublime, l’Essere sublime animato non si adegua, in verità né all’Esserci, né all’Essere ontologico o dynamico.
Nel mondo del sublime il mondo animato non ritrova l’adeguatezza metafisica, epistemica, razionale, dynamica, estetica, etica con il mondo dell’Esserci, né con l’Essere nel mondo cosmico, immaginario, virtuale, kaosmico.
Ma quella differenza ontologica dell’adeguatezza non trascura l’ortogonalità influente della volontà di potenza metafisica della storia sublime della sublimità, anzi la sua transcategorica imperativa dà senso, identità, teocrazia storica e trascendentale.
L’Essere sublime, quale essere animato nel mondo sublime è la misura di tutto: del transkosmo che c’è e del mondo che non c’è, o è transinvisibile, transindicibile, transinaudito, transmitico, transmagico, transestatico; l’Essere sublime è anzi l’unico centro transgravitazionale che dà transenso, transtabilità, pace, e soprattutto e per lo più dà il transimpianto, la transcreazione, la transGestell sublime al transmondo dell’Esserci, dell’Esser qui, dell’Esser là, dell’Esser aldilà.
La topologia del sublime, quale storia sublime della Physis sublime è la Gestell-sublime del mondo e dell’Essere animato, quale Esserci che ci viene in-contro nella sua morfogenesi di Essere sublime animato, e perciò da transcontemplare.
Giacchè solo quell’Essere è sublime della physis che ci potrà salvare, o curare, o consolare, o guidare nel destino nella sorte, nell’avventura della storia sublime della sublimità.
La Topologia dell’Essere sublime è implementata nella bistabilità dei transentieri che si biforcano: c’è la superficie della Gestell sublime transfondante il mondo dell’Esserci, transvirtuale, trascendente, transimmaginario, transmetafisico, transetico, transdynamico, transestetico, transinergetico, transcosmico, transepistemico, transermeneutico, ma c’è, quale eterno ritorno nella superficie transimmetrica,l’Essere sublime animato che ci viene incontro nel vuoto ontologico, nella radura dynamica dal nichilismo, nella singolarità transkaosmica del nulla, quale Gestell sublime: contro-Essere, Essere sublime che ci incontra e avviene,si getta nell’Essere ma anche nell’Esserci, per abitare con il senso del sublime della Physis o dell’Essere sublime animato.
La storia del sublime è stata, ed è,sempre interpretata quale volontà di transpotenza della metafisica imperativa transinfluente: non c’è una storia dynamica del sublime, né una storia ontologica, né una storia sublime, né una storia ontologica, né una storia sublime nel senso di Topologia del sublime dell’Essere sublime più che del mondo o della transmondanità.
Il futuro della libertà di ricerca della storia del sublime si presenta nel transplesso, o nel transchiasma, dell’Essere storia della Gestell sublime dell’Esserci e del mondo, e storia della Gegenstand sublime o fondale transphysico dell’Essere sublime che ci in-contra, che avviene in-contro, quale risonanza dell’Essere sublime animato sempre, eternamente ritornante nell’aldiqua dall’aldilà. L’Esserci sublime che ci viene in-contro, quale Gegenstand sublime o fondale transphysico è la donazione di misura, la transmisurata topologica del sublime e della storia del sublime animato che transabita dynamicamente l’Essere sublime, oltre che il mondo e l’Esserci sublime, si transeventua quale transtabilità del transKaos, morfogenesi transvisibile dell’invisibile, transkoinè, linguaggio comune transetico e dynamico dell’indicibile, dell’inaudito, transmistero dell’indecidibile, transmistico svelato del sublime eternamente ed infinitamente transinterpretato in transermeneutica del vuoto silenzio della singolarità del sublime, quale storia del sublime.
La storia dell’Essere sublime è la storia dell’abbandono, della kriptazione, della translatenza, del transoblio dell’Essere sublime ontologico nell’Essere sublime animato: sia quale transvivenza dell’Esserci, sia quale transvivenza della mondanità eterna, transfinita, transmitica, transindicibile, transinaudita.
L’Essere sublime che viene in-contro o che si in-contra è l’essere animato che dalla latenza kriptata, transcustodita, transcurata, della radura della Topologia dell’Essere sublime, si transeventua imperativamente quale transmisura del transtempo e del transpazio, della dynamis e della transestetica, del transkosmo e del transKaos, del bene e del male.
Ma quella transgettatezza dell’Essere sublime non è semplicemente imperativo metafisico della volontà di transpotenza, quella è solo la sua metamorfosi transteocratica, transinfluente, altrimenti il sublime sarebbe solo una delle transvarietà transermeneutiche, transepistemiche, transestetiche, l’Essere transgettati, quale sublime dell’Essere animato dà transtabilità alla più transcomplessa Ontoteologia o Teoontologia della dynamis sublime.
Aldilà del bene e del male, anzi quale transfondatezza che transeventua ora l’uno ora l’altro o transannienta sia l’unità, sia l’alterità la storia che si getta, quale storia del sublime si presenta sempre nella sua transvarietà ontoteologica transinfluente che si dà, che ci viene in-contro, che si in-contra nei transentieri ininterrotti del sublime, quale metastabilità del transKaos, orizzonte transprospettico dell’Essere sublime animato che dà transenso all’Esserci sublime, alla transvivenza, alla transcreazione, alla transmondità, all’aldilà.
L’Essere sublime animato che si in-contra si getta nell’Esserci, nel transmondo, nella transvivenza quale transimpianto transimperativo transtabile della volontà di transpotenza dell’Essere sublime: è la Gestell dell’Essere sublime animato che ci viene in-contro, non quella metafisica, o transetica, transepistemica, ma quella metastabilità che annienta il Kaos, il nulla, il niente oltrechè l’Esserci preesistente, per fondare la Topologia del sublime dal nulla, dal transinvisibile, dal transinaudito, dal vuoto transcosmico.
La Topologia dell’Essere sublime che ci in-contra transabita transmistericamente il fondamento dell’Essere sublime animato, dell’Esserci della transvivenza del transmondo: transabita la transtabilità della Gestell sublime quale venire in-contro della presenza che ci in-contra nell’Essenza dell’Essere sublime.
La transtabilità dell’Essere sublime animato è la storia del sublime quale transkaos e transonanza che si presenta davanti di fronte al transKaos per Essere sublime Gestell topologica della radura, del vuoto dell’invisibile, dell’indicibile, dell’inaudito: la storia del sublime è la storia dell’Essere di fronte al transKaos, quale Essere sublime animato che ci viene in-contro e che si in-contra nella essenza della transvivenza, dell’Esserci, della transmondità dynamica sublime.
La storia del sublime è la storia sia sublime della metastabilità dell’Essere sublime animato che si presenta, si transeventua, ci in-contra nella transfondatezza dell’Essere sublime, dell’Esserci quale transvivenza, del transmondo, dell’Essere sublime aldilà.
Il Metaodos-dynamis è il transentiero ininterrotto del Gegenstand sublime o fondale transphysis: eterno ritorno della transonanza dell’Essere sublime che ci viene in-contro, e che si transgetta alla presenza dell’Essere sublime che si in-contra di fronte, dinanzi, quale transevento dell’Essere sublime animato. Il transgettarsi incontro nella metastabilità della presenza sia quale volontà di presenza o teocrazia,sia quale dono della transmisura del sublime o Ontoteologia, la storia del sublime dà transenso all’imperativo transcategorico del Gegenkaos Essere di fronte, davanti, incontro al transKaos del transmondo.
Ma la sua presenza si transeventua anche nel transgettare nell’essenza del fondamento dell’Esserci e della transvivenza l’incontro dell’Essere sublime animato, quale Topologia dell’Essere sublime o transvarietà dell’Essere ontologico.
La storia del sublime sarà la storia dell’interfaccia, intervolto, interessere animato che ci viene incontro nel transentiero dell’Essere sublime. Il campo del sublime è il transvolto dell’interessere sublime topologico animato. I transentieri del campo del sublime sono la transonanza dell’eterno ritorno della storia del sublime-dynamis.
Il campo sublime è l’intervarietà della Topologia dell’Essere quale campo metamorfico che dà ortogonalità all’abisso, dà la transvisione dell’Essere sublime animato all’invisibile, dà ascolto al silenzio inaudito, dà transenso al sublime che transgetta i transentieri dell’essere sublime animato nell’Abgrundynamis, nel senza fondo delle fondamenta dell’Essere: il campo mitiko è la Gestell-dynamis dell’Abgrundynamis, transimpianto della metastabilità che s’eventua nei transentieri dell’abisso.
La storia del sublime è la storia del campo dynamico, quale intervarietà della topologia dell’essere sublime animato.
Il campo sublime è la metastabilità, la Gestell dell’abisso, dell’Abgrundynamis, dell’interessere, dell’intervolto, della transfaccia ortogonale imperativa dell’aldilà che si transeventua quale vuoto transcosmico, radura dell’invisibile, silenzio dell’inaudito, transindicibile. Il campo dynamico del sublime è la transonanza dell’eterno ritorno dell’Essere sublime animato che si transgetta nella storia quale storia del sublime-dynamis.
Il campo dynamico del mondo è la Gestell-dynamis sublime nell’Abgrundynamis, quale ortogonalità imperativa senza fondo nell’aldilà, oltre l’orizzonte, oltre il tramonto della storia, oltre la fine della storia, oltre l’eclisse del mondo della storia classica.Il campo dynamico del sublime, la Gestell sublime, l’impianto sublime ove l’Essere animato che avviene, si transgetta dall’aldilà, ci viene in-contro e si incontra nella Gegenstand sublime o fondale transphysico, quale Essere sublime aldilà che si presenza di fronte, davanti, dinanzi quale transvolto, dell’invisibile, indicibile, inaudito del sublime nella volontà di transpotenza metafisica transinfluente, nella dynamis, nell’Estetica, nella Noetica, nell’Ermeneutica.Il campo del sublime dynamico si presenta sempre aldilà
della semplice teocrazia, quale volontà di transpotenza della metafisica ideale dell’aldilà, nella sua transvarietà di ontoteologia o Teontologia: transevento che si incontra nei transentieri dynamici della transgettatezza dell’interessere animato quale transvolto transimmagine dell’Abgrundynamis, dell’Essere sublime abissale che si in-contra nella radura topologica, nel vuoto ontologico, transcosmico, nelle singolarità nichiliste della transcronotopia dynamica transimmaginaria. La differenza ontologica tra il campo dynamico della storia sublime e la storia classica del sublime si transeventua nella differenza tra la storia della volontà di potenza dell’Esserci metafisico e la storia della Topologia dell’Essere sublime animato che ci viene incontro, che si in-contra, di fronte quale Gegenstand sublime o fondale transphysico dell’aldilà, dell’abisso sublime, quale matastabilità, Gestell sublime dell’Abgrundynamis.
La storia del sublime dynamico è la storia dell’immagine dell’Essere sublime che ci in-contra di fronte: transvolto dell’immagine, transdynamis.Il campo del sublime è la dynamis dell’abisso che ci sta sempre di fronte, ci transabita e che ci in-contra quale aldilà. Ma il campo dynamico del sublime, si presenta anche quale metastabilità, transimpianto, struttura ontologica,in qualità di salvezza, cura, pensiero dynamico della Physis sublime.
La storia del campo dynamico del sublime è anche la storia dell’Essere sublime: nella sua transvarietà di dynamis, di transimmagine dell’Essere sublime animato, mai quale volontà di transpotenza della metafisica dell’immagine del mondo.
Anzi il campo dynamico del sublime con la sua dynamis transinfluenza la transmondità, mai può essere soggetto, giacchè la sua fondatezza si disvela sempre dalla metastabilità dell’abisso, dell’invisibile, dell’indicibile, dell’inaudito, dell’aldilà i quali si presentano di fronte, davanti, in-contro alla mondanità, e si transgettano nella sua transfondatezza senza essere mai fondati.
In quel senso il campo dynamico del sublime è transdynamico, è più dynamico, dalle transimmagini del mondo: la storia del sublime è la dynamis della volontà di transpotenza della metafisica nichilista, della fine della storia; è più dynamica, giacchè abbandona le transimmagini del mondo per transgettare in-contro le transimmagini dell’Essere sublime animato. Il campo sublime non è stato, e non sarà mai una nuova metafisica, se mai è la Teontologia, senza essere ontologica: si transeventua invece quale alterità, senza essere differenza, e quale relatività senza essere dispiegamento.
Il campo dynamico del sublime è la radura ove si transgetta e si incontra sempre di fronte l’evento dell’immagine dell’Essere sublime animato.La storia del sublime è la storia dell’accadere della presenza, volontà e transpotenza dell’immagine dell’Essere sublime che si dispiega dall’abisso, dall’aldilà, dall’invisibile, dall’indicibile, dall’inaudito: che decostruisce il transtempo e l’immagine del mondo, dell’Esserci, della metafisica imperante nichilista.
Il campo dynamico del sublime crea il transpazio alla dynamis che si transeventua dalla metastabilità dell’Abgrundynamis, ma non dà fondatezza alla Grundynamis sublime: si svela in-contro, di fronte, in relatività, quale immagine dell’Essere sublime mai fondata, né fondabile dalla immagine del mondo, o dell’Esserci, o della Physis: Teontologia della dynamis quale transvolto, transvarietà della Ikona-dynamis del sublime dynamico.Il campo dynamico del sublime della Physis è la storia della differenza del venirci in-contro dell’Essere e del suo transgettarsi nel mondo, nella Physis sublime transcosmica: in qualità di transimmagine dell’Essere che si transeventua, quale Essere sublime animato metastabile della transvarietà dell’Abgrundynamis: nella sua transvarietà della semplice transgettatezza nella storia dell’Esserci, o dell’Essere sublime nel mondo.
Mai mondo nell’Essere o volontà d’Essere mondità dell’immagine dell’Essere.Daseyn e dynamis sono i sentieri del campo dynamico del sublime ove si eventua l’in-contro la Gegendynamis della Physis sublime ontologica .Lì la transonanza dell’Essere sublime che ci in-contra, dà transenso alla Teontologia, quale alterità della metafisica nichilista, in relatività con l’ontologia dynamica della Physis sublime .La storia di quell’in-contro si in-contra nella transonanza della storia del sublime, quale storia dell’immagine d’Essere sublime che si transgetta di fronte all’immagine del mondo o dell’Esserci: dynamis sublime che si transgetta in-contro al Daseyn. Il campo dynamico del sublime della Physis è quella Topologia ove la storia sublime si eventua quale dynamis del Daseyn, ed anche dell’immagine del mondo, attraverso l’immagine dell’Essere sublime animato in relatività con l’immagine dell’Essere che si transgetta dall’aldilà, dall’invisibile, dall’abisso, Abgrundynamis, indicibile. Ma il campo dynamico del sublime della Physis ontologica è anche la Topologia metastabile della abgrundynamis: immagine dell’abisso dell’Essere o dell’Essere abissale che si transgetta nella storia del sublime o transcendenza ontologica delle idee sublimi della filosofia sublime o struttura ontologica del sublime o essere-sublime-nel-mondo .
Dasein sublime come la struttura ontologica transcendente del sublime o transcendenza sublime dell’ essere, o transcendenza come essere-sublime-nel-mondo o sublime trascendenza dell’essere quale trascendenza del Dasein o Transzendenz des Daseins come “idea di essere” sublime. Dasein, l’idea di essere sublime che transcende tutti gli esseri, Dasein sublime quale transcendenza nel mondo o la transcendenza sublime del Dasein. La transcendenza sublime è la trascendenza dell’”idea di essere” in interazione spazio-temporale o transcendenza spaziotemporale sublime in interazione con l’essere ontologico: quale caos della notte sublime, in interazione con il mondo del sublime. Il mondo è sublime tempo-spazio-sublime.
In qualità di abgrundynamis il campo dynamico del sublime si metastabilizza in gestelldynamis, ikona della sua struttura ontologica, ove si eventua l’incontro tra l’Essere sublime animato, dynamis e l’immagine dell’Esserci sublime.Il campo dynamico del sublime della Physis è al tempo stesso stabile ed instabile:la sua stabilità è relativa all’Essere sublime animato che si transeventua quale essere sublime: dall’abisso sublime dell’Essere ci viene incontro e in-contra l’Esserci ed il mondo, la Physis sublime e la sua struttura ontologica.
E’ stabile nella Gestell sublime dell’immagine dell’Essere sublime ma instabile nell’Abgrundynamis intermittente la Gegendynamis,quale risonanza dell’Essere sublime dynamico della Physis.L’anfibologia del campo dynamico del sublime dà alla sua Gestelldynamis l’essenza della metastabilità in relatività con l’ontologia, quale Teontologia, in relatività con l’immagine dell’Esserci e del mondo quale teokrazia della storia classica del sublime.Quella differenza è essenziale, perché crea la biforcazione tra l’immagine della storia sublime e l’immagine del mondo della storia del sublime della Physis. Il sentiero nel campo dynamico del sublime dell’immagine della storia del sublime della Physis è stato interrotto, giacchè la storia si è dispiegata, ed anche, o immagine della volontà di transpotenza della metafisica o teocrazia.La Teontologia, quale immagine dell’Essere sublime che si getta nella immagine della storia del sublime non è più presente né nel mondo, né nel dynamico mondo, né nel mondo transdynamico, né nell’Esserci del dynamico campo del sublime della Physis. Solo la libertà di ricerca eventuerà nel futuro un’immagine della storia del sublime quale gettatezza dell’Essere sublime animato, che si disvela dall’abisso dell’aldilà.Solo così il campo dynamico del sublime della Physis quale campo animato dell’immagine o interimmagine della storia del sublime transeventua la storia del mondo animato, mentre fin’ora la storia del sublime si è presentata nell’interpretazione dell’immagine del mondo transimperativa e transinfluente, quale volontà di transpotenza metafisica sull’immagine della storia del sublime della Physis.Nella storia del sublime della Physis si transeventua una transinterferenza: quale immagine della storia del campo dynamico del sublime che dà la misura non solo al mondo, all’immagine del mondo, all’Esserci, alla dynamis, al nulla ma anche purtroppo all’essenza fondamentale dell’Essere, la storia sublime dynamica, esprime, disvela la verità, ma anche la occulta, la oblia, la kripta sotto la parvenza della cura, della latenza che custodisce conserva, accudisce, consacra e contempla. L’interferenza ontologica nella differenza transermeneutica del campo dynamico del sublime della Physis dà la misura della sua volontà di transpotenza imperativa transkategorica, ma anche la valenza dell’Esser sublime quale sentiero, dinamica di svelatezza della transdynamis, di contemplazione che dekripta l’evento dell’incontro che ci incontra nel chiasma dell’Essere sublime animato, quali immagine in relatività con l’Essere sublime ontologico.Quella transinterferenza che appare originariamente nel campo dynamico del sublime della Physis, si transeventua in altri campi quale la transPhysis o la transkoinè, disvela la differenza ontologica tra l’Essere-sé dell’Esserci nel mondo e l’esser-sé quale transdynamis: nella storia del sublime della Physis c’è sempre la trivarietà della Topologia dell’Essere: transSeyn, transDaseyn, transdynamis ove l’Esserci o l’Essere è indeterminato, ma sempre in relatività quale transDynamis: Esserci sempre nell’Essere-sè e nell’Essere al di là dal sé, transdynamis, senza paradossi di identità o di principi logici di contradizione, anzi quelle transevenienze non fanno altro che confortare l’imperativo transcategorico del campo dynamico del sublime della Physis.
L’interferenza di quella presenza, nel campo dynamico del sublime ontologico della storia del sublime della Physis dà la misura dell’ indeterminatezza, dell’invisibile, dell’infinitesimale, dell’indicibile, dell’inaudibile, del bene e del male, ma anche della transdynamis dell’adilà del bene e del male, dell’aldilà del mondo e del nulla, dell’aldilà del tempo e dello spazio, dell’aldilà della cronaca e della storia mitopoietica, dell’adilà della transdinamica e dell’estetica, dell’aldilà della guerra e della pace.Nell’interferenza ontologica quelle transvarietà sono solo episodi transeventuali dell’immagine del campo dynamico del sublime che dà la misura dell’Esserci quale Essere-sé nell’Essere sublime animato nel mondo sublime animato, nella Physis sublime animata.
La storia del sublime è creatrice di storia,non solo nel suo campo transdynamico del sublime della Physis, ma in generale e nel senso della globalità, quale transevento della nuova dynamis: transdinamica dell’Essere sublime animata in qualità di transvarietà dinamica: transEsserci, Essere sublime, Essere in relatività con l’Essere aldilà.
La nuova dynamis dell’Essere sublime animata è creatrice di storia del campo dynamico del sublime della Physis, o di quello transimmaginario, transvirtuale, transortogonale, metafisico transinfluente nichilista, decostruttivo, transermeneutico, transepistemico, transdynamico, transestetico, transinergetico.Il campo dynamico del sublime quale storia transdynamica del sublime della Physis sarà così il fondamento della nuova dynamis: quale transdynamica dell’Essere contemporaneamente, quale transdynamis, Esserci, Essere alterità nell’aldilà, Essere sublime dell’Essere animato.Il campo ontodynamico del sublime così è, non l’unico, ma il più evidente nella creazione della storia, sia Gestell, sia Gegen-Gestell: o meglio, e di più, è il Gegen-Stell: l’impianto della storia sublime della Physis, struttura ontologica che ci viene incontro dall’adilà, dall’alterità, ma che ci in-contra nel sentiero dell’Essere sublime animato.
Il Gegen-Stell, la sua struttura ontologica, è la metastabilità che ci viene incontro, quale presenza che ci incontra nel campo ontodynamico del mithos della Physis per impedire il declino nel nulla, nel kaos, nell’abisso, nell’Abgrundynamis.La storia mitika che crea la storia dell’immagine del mondo, è la presenza metastabile dell’aldilà, dell’alterità che ci incontra sempre di fronte, per interferire nel declino, nel klinamen abissale della metafisica nichilista tramontante, eclissante.Ma affinchè appaia la presenza della storia del mithos della Physis nel campo mitico interferente non è sufficiente il sapere dell’Esserci e del mondo, ma indispensabile dispiegare il sapere dell’Essere animato che si eventua di fronte e ci incontra dall’alterità dall’aldilà.
Il campo mitiko della storia del mithos della Physis si presenta nel mondo della storia solo attraverso il sapere del fondamento dell’Essere animato, il quale s’eventua sempre quale interferenza che ci incontra sempre di fronte, e viene ad abitare ontodynamicamente il dynamico campo della storia mitika dell’Essere animato.Solo il sapere dell’Essere consente di essere sempre di fronte ed incontro all’Essere mitiko nell’equilibrio del campo ontodynamico del mithos che consentirà di decostruire e creare il sentiero della storia del mithos della Physis. Il sapere dell’Essere mitiko si dispiega nel campo ontodynamico del mithos della Physis quale creazione della storia mitika del mithos, che dà fondatezza, getta nel mondo e nell’immagine del mondo mitiko le kategorie del mithos e la verità dell’Essere animato.
Il sapere dell’Essere mitiko che ci viene in-contro e ci incontra nel campo ontodynamico del mithos della Physis, quale sapere mitiko dell’Essere animato, che getta nella storia mitika del mithos della Physis la sua creatività, la sua verità, la sua missione dell’Esserci, la sua immagine del mondo. Quella sapienza mitika dell’Essere mithos della Physis che si eventua sempre di fronte, quale Essere animato trascendente la semplice volontà di potenza metafisica teokratica, o nichilista o sinergetica kosmica per dispiegare, nel campo ontodynamico del mithos che crea la storia sulla volontà di verità del mithos, e sulla volontà animata, o volontà mitika della storia mitika.
Mai sarà animata una nuova ontologia, ma è già trascendenza e tramonto della metafisica nichilista, epistemica, ermeneutica, paradigmatica che disvela l’immagine del mondo quale creatività dell’immagine della storia della globalità del mondo.
La volontà di verità mitika fonda la Teontologia, quale sapere dell’Essere animato nel campo sacro del mithos che crea la storia del mithos e l’immagine della storia dell’Esserci globale del kosmo: la storia mitika della Physis quale misura della storia del mondo, quale ATTRATTORE STRANO della dynamis.
Prima di Leibniz non esisteva una teoria dei fondamenti della ragione: il primo assioma logico dei fondamenti della razionalità moderna è rinvenibile nella frase leibniziana: “nihil est sine ratione”, niente è senza ragione ovvero nessun ente può esistere senza un fondamento, senza una razionalità.
Ma quando si opera l’ oltrepassamento della metafisica e quando si attua la “differenza ontologica”, è ancora fondamentale quell’assioma leibniziano e, successivamente, hegeliano ? Le conoscenze razionali sono confutabili sia attraverso la messa in crisi dei fondamenti sia attraverso la costruzione di una metafisica che pone ai fondamenti originari dei problemi irrisolvibili, aporetici e paradossali.La logica è entrata in crisi irrimediabilmente.Tale crisi era già, in origine, permanente?
La risposta è forse rinvenibile nella contrapposizione tra il nihil est sine ratione leibniziano e A.Silesio per cui la rosa è senza perché; poiché fiorisce di sé, non gliene cale; non chiede d’essere vista.Ora, di queste contemporaneità, sorgenti in simultanea, tra nascita dei fondamenti e crisi degli stessi è intrisa la storia della dynamis.E’ la storia della dynamis che si ripete e che si ritrova ad un bivio, ad una biforcazione.
Fin dall’origine, nella dynamis o nella trans-M-sublime………
a) transestetica estatica
Il sublime dilata le transmittenze del cuore in sistole e diastole e costringe l’attenzione nella transtabilità e nella tensione. È stancante: è la transestetica sublime o transplendenza sublime o transluccicanza sublime o risplendezza o transrisplendezza sublime o splendenza dell’evento sublime. La bellezza discioglie la transpurezza dell’anima : si percepisce una differenza transfenomenica o una incongruenza spaziale nella transestetica, presente nell’epigenesi longiniana del sublime, ma non ancora una differenza noumenica nella transbellezza o nel sublime. Qui il sentimento o l’intenzionalità sublime consiste in una vibrazione o alternazione rapida dei sentimenti o alterità o alterezza o splendenza o splendezza dell’esserci.
Il dinamicamente sublime o dynon o phyon o splendezza sublime è simile alla transpotenza osservata in natura irresistibile e terribile, ma se si è al sicuro, si rimane disinteressati e perciò non c’è più un ob-getto o gegenstand che incuti paure. Dio è terribile ma l’uomo non ha paura. Anzi solo il dio del sublime quale ultimo Dio o ultimo degli dei ci può salvare, o solo il sublime o la splendenza sublime salverà il mondo. Quella è la differenza: il sublime è il coraggio della transpurezza dell’anima e consente di scoprire un’abilità di transtabilità transepistemica, ma solo perchè c’è l’alterezza dell’esserci o la splendezza dell’evento sublime. La natura è sublime perché eleva, innalza l’immaginazione all’esposizione eccelsa o la svela nella transplendenza o transplendezza, là ove la mente può essere l’unica facoltà capace di comprendere la sublimità, anche al di sopra della stessa natura, quale sublimità transautentica che si sveli nella libertà transestetica dell’alterezza o nella splendenza sublime. Tale libertà è al di là del naturale: interagenza intima tra il sublime o il dinamicamente sublime è l’ontologia della libertà. C’è il sublime quale libertà che trascenda la natura. Il sublime possibile o La sublimità, la sublime transpurezza, il dinamicamente sublime è sempre in relatività o in reciprocità transkategorica o in interagenza con la libertà. E’ la problematica della differenza transkategorica tra il matematico e il dinamicamente sublime, o della differenza analitica tra la transbellezza e il sublime: entrambi presuppongono l’inclinazione o il klinamen di trans-essere e la transensibilità del piacevole; il trans-essere è pensato nella transpurezza della transvivenza o l’analitica della transbellezza della natura interessante la forma del transente, che esiste che c’è, che si dà quale esserci o dasein-analytik ; il sublime invece si trova di fronte un gegenstand, sempre non-ente o transente infinito o transentità abissale senza-fine, senza fondo, un ni-ente, un nulla o un essere che ci viene in-contro quale transente informale, l’infinità, o completezza transkategorica della transmonade o dell’arkè o della transingolarità infinitesima nel suo subliminare ed infinitamente irreversibile nell’apeiron, nell’essere sempre senza fine e senza un fine o un transtelos: è in interagenza la piacevolezza del trans-essere con la qualità, o la quantità kolossale e magnanima e perciò alta e nobile quale eccellenza o quale alterezza o quale evento della transplendenza sublime. Nell’analitica della transbellezza c’è la seducenza quale attrazione transfenomenica, senza la presenza di una immagine quale evento seducente; la transestetica transestatica sublime invece è presente immediatamente quale compresenza di immagine pensante o come emozione o intenzionalità dell’immaginazione dell’ esserci o del non ente, niente, nulla o sacra superentità divina, incongruente e incompatibile con le attrazioni e con la seducenza, anzi prossima al timore e all’angoscia; la mente lì è costretta non soltanto alla presenza transtabile dal transente, ma è sospinta al di là , tanto da non afferrare o percepire la completezza transkategorica dell’arkè, quale transingolarità e dell’apeiron e per-ciò incapace nel contenere il trans-essere, o una desideranza, ed allora si evidenzia quale transenso, contrastante, di ammirazione o tensione o attenzione, quale desideranza anche negativa, o non desideranza o dispiacere o timore o tremore o paura ed angoscia. La differenza più importante e più intramonade, sempre transfenomenica o transkategorica , è quella dell’analitica del sublime o della transbellezza dell’esserci o dasein-analytik : qui il sublime si pensa quale transensibilità che si esprime nella sensibilità transestetica, la quale non desidera essere ricondotta alla corrispondenza con una transidea che non si possa sacrificare nell’apparenza: il visibile richiede la bellezza come se ci fosse insistenza dello stesso ob-getto, la transpurezza desidera un’armonia completa fra il principio e l’inclinazione, perché tutta la tensione o l’attenzione si trans-getti, giacchè si sente ancora in incompletezza, quale virtù non perfetta.
Trovare il sublime nella transbellezza è la transbellezza filosofica. Quale analisi di Aristotele della tragedia nella Poetica, in salienze o pregnanze della tragedia; come nell’esperienza di paure e compassioni conducenti ad una catarsi delle emozioni. Aristotele appare ob-scuro nello svelare l’accadenza catartica. C’è bellezza e c’è la bellezza-sublime o plotiniana, due transingolarità in continuità: la transbellezza è leggerezza in equilibrio transtabile, è una qualità debolmente decorativa . Nell’alterezza c’è la più ob-scura bellezza-sublime o transarmonia afenomenica eraklitiana, la quale si dispiega in profondità sublime o dynon o phyon e verità, o transbellezza sublime o evento splendezza. La differenza tra le due estremità, o meglio la differenza tra i due spazi topologici che si incontrano come in un nastro di Mobius, svela l’analitica della transbellezza dell’esserci: se un fiore, un tramonto, un poema, un dipinto, o un brano musicale: qualsiasi bellezza possa essere transvisibile anche come bellezza sublime, o se sia adeguata alla transfenomenica ermeneutica. Il differenziale nel continuo è costituito dalla consapevolezza dell’analitica transfenomenica del sublime nella bellezza o della transbellezza nel sublime quale evento splendenza.
La transfenomenica ermeneutica della transbellezza è ontologicamente connessa con la profondità e la verità, l’abisso e la svelatezza, e non è una transbellezza che si adegui nelle transcategorie della transbellezza quale sublime-bellezza. L’analitica del sublime eventua una complessità della transbellezza . L’analitica della transestetica del sublime emerge come una più complessa ermeneutica della transbellezza, quale transbellezza filosofica o trascendenza della transbellezza o sublime bellezza. Quella transinterpretanza dell’analisi della transbellezza connessa con alcuni dei commenti di Aristotele sulla tragedia possono delineare l’emergere di un nuovo transparadigma. Nell’Analitica si distingue il sublime dalla bellezza transfenomenica: è bella la bellezza modello in un ob-getto, quale principio di organizzazione di pensiero nell’ob-getto, senza che l’ob-getto stesso abbia utilità. Qualcosa è bella, contrapposta ad utile, con caratteristiche che si possano identificare con l’utilità, ma l’ob-getto in sè è inutile, è disinteressante severamente, mentre dà il piacere. Un fiore è bello per la sua organicità, la sua simmetria i suoi colori come caratteristiche utili in un transente , ma la transentità è essenzialmente inutile , e così si pensò la transbellezza senza telos.
Il sublime, in contrasto, è un principio di turbamento. È il transfenomeno intuente o la comprensione che incontrino qualche transentità che non si possa organizzare o contenere. Non si possa determinare un principio di organicità che delimiti la transentità, giacché non si possano determinare limiti all’entità quale ob-getto sublime. Non si possano determinare limiti al transente che si sveli da sè, perché quell’entità, quale gegenstand, sfidi i poteri di presenza dell’immaginazione e quel nesso tra la prote philosophia o ontologia fondamentale e la theologike episteme o metaontologia o anche alle ontologie regionali quale interagenza tra prote philosophia e theologike episteme, o tra ontologia fondamentale e metaontologia. Heidegger non attua mai quella che avrebbe potuto essere la metaontologia sublime, ma lì c’è l’epigenesi o l’ Ereignis sublime o dell’essere-sublime-creato. Già nel concetto aristotelico di physis è in essere il sublime dinamico quale dynon o evento che si inabissa o si sottrae senza fine e si sublima. Che cosa sono i physei onta? Sono quegli enti che hanno in sé il principio del movimento o la dynamis sublime o la intenzionalità ontologica sublime heideggeriana della physis, dei physei onta che si sublimano dinamicamente quale eterna presenza dela transmonade del principio del movimento, tant’è che l’essere-sublime-creato si trangetti in una ontologia regionale, o nella transestetica estatica dell’evento sublime: nullo fondamento di una nullità è incompatibile con la bellezza, incompatibile come il più grande quasi infinito: apparirà il sublime quale grande terrore e stupore; eventi e varietà d’immaginazione possibili idee con più alterezza di quella bellezza fatale, che aspetto maestoso!
Lei trasporta una dea, e lei guarda una regina.
Ecco una parola non disse del particolare della sua bellezza; nulla o alcuna idea precisa della sua persona; nessuno ha detto una sola parola in tutta l’immaginazione o immagina brillanti colori, o immagina la fragranza di una rosa immagina l’ origine della sublymanza,
nel senso della sublyme-bellezza: il costruire un determinato tempio di Zeus, oppure la svelatezza ab-scissa, ovvero il portare-in-posizione una determinata statua di Apollo, oppure il portare in scena una tragedia: non è soltanto l’alterezza di una sublymanza: disposizione in quanto alterezza è mitopoiesis . Consacrare o mitopoiesis significa “rendere sacro”, nel senso che nell’offerenza del sublyme il sacro viene svelato in quanto ciò che è sacro è il Dio e viene cercato extraendolo dentro la disvelatezza della sua presenza. Alla mitopoiesis: omaggio alla dignità e allo splendore del Dio. Dignità e splendore vengono svelati nella sublyme-bellezza, non accanto o dietro alle quali si sia il Dio, bensì esso si dà alla presenza nella dignità e nello splendore.
Ogni disposizione nel senso dell’alterezza mitopoietica è anche sempre ab-scissione eventuata in quanto modalità di collocazione dell’edificio e della statua, in quanto dire e nominare all’interno di un linguaggio. All’inverso una collocazione e una sistemazione non sono già una disposizione nel senso dell’alterezza che pone-in-costruzione; infatti, si presuppone che il sublyme da erigere, da disporre, possieda già in sé il tratto essenziale della disposizione, sia cioè se stesso, in ciò che sia più la risonanza.
Ma in che modo si coglie la risonanza autentica,
che dispieghi l’ab-scindere e l’eventuarsi dell’essere-sublyme?……………………………………….
metaontologia
meta-ontologica è la transontologia dell’ontologia o della transepistemica o della transestetica quali capaci di comprendere gli eventi sublimi dell’essere e non solo i fenomeni o i noumeni: o è una metaontologia o transontologica delle singole ontologie o una teoria ontologica in un’altra. Il
metaontologico consiste nella costruzione e decostruzione o transdecostruzione della transontologia delle ontologie come se si utilizzasse il
rasoio di Ockham: si tratta di modi di descrizione della transontologia sublime quali “distanze sublimi” o “buchi sublimi” o “eventi sublimi”, strutture transontologiche sublimi inerenti al sublime.
Ma c’è anche una transontologia sublime delle transmonadi e dei transarithmoi: teoria lanciata da Platone e ripresa da Aristotele, è stata
sviluppata in una ontologia sublime della matematica sublime in Platone e Aristotele: i numeri
sono ontologicamente duplex in quanto servono a unire ciò che è distinto e a distinguere ciò che è
unito. La transmonade è ciò che unifica una molteplicità, creando la transingolarità dal
molteplice, ed è anche ciò che individua-isola la singolarità nel molteplice. Si è immersi nella ormai mitica
distinzione tra uno-tutto e uno-singolorarità che differenziò la sublime infinità nella monade, o l’apeiron nell’archè.
Ora è un tema ontologicamente cruciale:
creando unità dalla molteplicità nei due sensi, c’è un solo nome per una
complessità eterogenea, c’è qui la connessione
tra transontologia sublime e ontologie: essere,
numero e transestetica sublime.
C’è già nella classicità che lo on debba diventare necessariamente un
en, ancora ermeneuticamente da svelare! La problematica della numeralità
dell’essere è per l’ontologia heideggeriana fondamentale, in Heidegger la
numeralità è la condizione della dicibilità, c’è un nesso tra sublime e matematica.
La riflessione ontologica di Heidegger è l’unica transontologia sublime metaontologica, Heidegger pensò esclusivamente della
metaontologia sublime: ovvero la transontologia sublime dell’ontologia.
Si sa che la problematica
metaontologica di Heidegger introduce per prima la sublime “metaontologia”, quale sublime “metaontologia” per precisare e distinguere l’ ontologia fondamentale dalla metafisica, già nel Sein und Zeit Heidgger distingue le ontologie
regionali, i fenomena ontologici di ciascuna scienza, e l’ontologia fondamentale,
o la transontologia del transenso transestetico dell’essere, quale priorità o premessa o fondamento delle ontologie regionali fenomeniche anche estetiche. Heidegger transobliò le
problematiche di fondazione delle scienze o delle estetiche nelle transestetiche e tranepistemiche ontologiche. Heidegger chiarisce che ci sia all’interno della metafisica
una distinta o una differenza ontologica sia transestetica sia transepistemica dell’ontologia fondamentale connessa transontologicamente alle ontologie scientifiche fenomeniche o noumeniche regionali: è il transoblio della “metaontologia”. La metaontologia di Heidegger è precisamente quella parte
della transontologia sublime che crea le relazioni con le ontologie regionali fenomeniche della scienza e dell’estetica, a rigore la metaontologia e non l’ontologia è la sublime transontologia che sveli le problematiche ontologiche della scienza, le problematiche dell’estetica o della transestetica o della transepistemica e che cosa è o sia la metaontologia o il nesso tra ontologia e metaontologia quale transontologia sublime dell’essere o la transestetica dell’ essere
transontologiche. Ma la comprensione ontologica è possible solo con la
problematica transontologica sublime, come metaontologia. Con metaontologia Heidegger indica il
“capovolgimento” o metabolé sublime dell’ontologia dell’essere sublime, solo così la metaontologia si
svela quale transontologia sublime dell’ontologia fondamentale, quale insieme di fondazione ed elaborazione
dell’ontologia della sublime transtemporalità Heideggeriana meta-ontologica o transcendenza metaontologica sublime. Heidegger transoblia dalla metafisica classica la questione metaontologica e le transepistemiche o transestetiche quali transontologie sublimi metaontologiche dell’essere: la metaontologia svelò
Heidegger non è una semplice scienza ontica induttiva, una semplice sintesi kategorica kantiana che racchiuda
i risultati delle singole scienze, quello che qui si divide apparentemente tra
diverse ‘discipline’ e etichette è una sola epistemica ontologica sublime, così come la differenza
ontologica è il fenomeno originario dell’esistenza
metaontologica dell’essere, quale nesso tra ontologia e matematica sublime o
l’essere una singolarità transublime. Heidegger transoblia la sublime metaontologia con il pensiero di “oltrepassare la
metafisica”, o l’ontologia della presenza fenomenica e noumenica quale sublime transestetica e transepistemica meta-ontologica o sublime transontologica transtemporale o transpaziale Heideggeriana, quale transdecostruzione della metafisica, o dell’“oltrepassamento
della metafisica”. Heidegger transoblia la
connessione tra ontologia e scienze specifiche, ontologia fondamentale e transestetica e transepistemica, ma la
“metaontologia” è ancora nell’indeterminatezza ermeneuticare forse perché la sublime
metaontologica è la bellezza ob-scura del sublime heideggeriano. Heidegger transoblia l’ontologia fondamentale con la differenza transontologica sublime tra ontologia e metafisica, o transcronia e transtopia o ontocronia e ontopia quali transontologia sublime dell’essere in transenso meta-ontologico. Heidegger distingue sempre l’ontologia dalla meta-ontologia, l’ontologia esistente e presente, sull’essere in quanto essere nella
sua trascendenza ontologica o dell’essere in transvisione dell’essere stesso o nella transontologia squisitamente matematica sublime dell’essere che si dà nell’esserci o nel discreto dei fenomena o noumena, quale Essere matematica sublime o transpazialità dell’apertura dell’essere transLichtung sublime, quale transradura della transpaziotemporalità sublime
………………….
La sublymanza è in sé una ab-scissa nella quale un mondo viene svelato a forza o in dinamica estatica e, in quanto svelato, gettato in ab-scissa. Ma che cos’è un mondo? Ciò si lascia dire qui esclusivamente nell’allusione: il mondo non è l’insieme delle cose-aderenze sussistenti in quanto risultato di un’enumerazione, eseguita in dettaglio o anche solo pensata, delle medesime. Tuttavia, se non è la somma di ciò che è sussistente, tanto meno il mondo è l’ambito solamente immaginato e mentalmente prefigurato per il sussistente.
Il mondo mondifica e svela il nostro esserci in quanto
è una scorta all’interno della quale permangono disvelati, l’indugio e la fretta, la lontananza e la prossimità, l’ampiezza e l’angustia di ogni essente. Quella scorta non viene mai incontro come oggetto, ma, indiziando, trattiene estatizzati il fare e lasciare entro una risonanza, dai quali la grazia che chiama con un cenno e la sciagura che abbatte con un colpo, proprie degli Dèi, hanno il loro avvento o il restare-assente è una modalità in cui il mondo mondifica. Quell’indiziante può soccombere al disordine ed essere così un non-mondo: sia mondo o non-mondo, in
ogni inoggettualità, più essente di qualsiasi delle cose sussistenti e sussunte, nelle quali, in modo conforme alla quotidianità, crediamo di essere di casa. Il mondo, però, è sempre l’indicibile;
mentre sappiamo ciò, non sappiamo cosa sappiamo in-oggetto, nel senso di in-contrastante o contrastanza.
Ora, il mondo è ciò che il sublyme es-pone, esso cioè
e-rompe e conduce la svelatezza a restare in stabilità, alla dimora mondificante. Extra-ponendo il sublyme essenziale della svelatezza-di-mondo disvela un vuoto
essere-capace e forse provoca persino una qualche “impressione”.
Mentre il sublyme in risonanza, libera e custodisce e cura un mondo, è in ekstasy quel sovrano rifiuto che allontana il sussistente: l’indicibile che si addensa attorno è
quell’isolamento nel quale il sublyme si disvela: in virtù della solitudine, in ekstasy riesce di ergersi-fuori nella svelatezza, e di pro-curarsi la sua dimensione sublyme.
Mentre il sublyme conduce il suo mondo alla risonanza,
si procura per la prima volta il compito al servizio del quale sta, crea se stesso, lo spazio che domina e
determina se stesso, il luogo nel quale giunge in estasy nel sito-alterezza. L’ab-scissa come alterezza estatika consacrante dà fondo nella disposizione come disvelata libertà di un mondo. Quella può sottrarsi
nell’inessenziale sublime sottrazione-di-mondo
e della disgregazione-di-mondo certamente sussistente, ma
non c’è più, è in fuga. Questo essere-via non è però un nulla, bensì la fuga stessa permane nel sublyme sussistente,
e allora tale fuga si trova ancora soltanto con l’ab-scissa assentemente presente, all’essere-sublyme appartiene la risonanza dinamica infinita dell’apeiron nell’arkè, giacché l’essere-sublyme non può essere afferrato concettualmente a partire dall’essere-genesi, bensì, al contrario, l’essere-genesi a partire dall’essere-sublyme. Per contrassegnare il tratto essenziale nell’essere-sublyme in risonanza è deposta quale pietra, legno, metallo, colore, suono e lingua. Tutto ciò è l’ilemorfico, condotto entro una morfogenesi. Successivamente, tale scomposizione del sublyme lascia maturare ancora ulteriori distinzioni secondo argomento, contenuto e configurazione. L’utilizzo delle determinazioni di ilemorfia in riferimento al sublyme è possibile sempre e in qualsiasi momento, di esso si occupano tutti con facilità e per questo, da secoli, è divenuto corrente: discendono dall’interpretazione del tutto univoca dell’essente che Platone e Aristotele fecero valere alla fine della filosofia greca. Secondo di essa, tutto l’essente possiede ogni volta un suo proprio aspetto, che si mostra nella sua morfologia. Un essente sta all’interno di tale morfologia in quanto aderente al gegenstand e può essere pro-gettato. L’essente in quanto essente è sempre il sussistente fondato. Quell’interpretazione dell’essere dell’essente non è attinta dalla sperimentazione del sublyme, però la decostruzione è applicabile al sublyme sempre e in ogni momento, in virtù dell’essere quale essere-sublyme.
Se si delinei l’essere-sublyme quale alterezza, allora con ciò non può intendersi che sia costituito da una ilemorfia, o non solo e non tanto giacchè il sublyme è risonanza dell’a-ilemorfico o immateriale o transcendenza della purezza dell’ente e del non-ente, quale niente o nulla. Ma che cosa è l’ab-scissa della risonanza-sublyme ? Così come il sublyme si dà nel mondo, si eventua nella sua curvatura ellittica o iperbolica o metabolica o nella varietà chiasmale moebiusiana in relatività monadale delle singalarità virtuali, altrettanto si risprofonda nella pesantezza
della pietra, nella durezza e nella lucentezza del metallo, nella compattezza e nella duttilità del legno, nello sfavillio e nella cupezza del colore, nella risonanza del suono e nella forza virtuosa della parola. Tutto ciò non viene in luce per la prima volta nel sublyme, siano gravità, rilucenza, sfavillio, risonanza? O non è invece il gravare del masso e la lucentezza dei metalli, l’estasy in alterezza e la duttilità dell’albero, la luce del giorno e il buio della notte, la fluttuanza delle onde e il bisbigliare tra i rami? Come potremmo nominare o pensare o intuire, quale cognizione della adeguatezza, tutto ciò? La singolarità virtuosa di quest’insuperabile completezza lo chiamiamo sublyme e con ciò non intendiamo il globo planetario, bensì la completezza, la varietà virtuosa di mare e monti, di tempeste ed aria, di giorno e notte, gli alberi e l’erba, l’aquila e il destriero. Quel sublyme che cos’è? Ciò che dispieghi risonanza e completezza e tuttavia sia reversibile nel chiasma moebiusiano topologico, quale eterno ritorno nell’essere in vista dell’essere sublyme all’indietro e trattenente e custodente quale cura autentica ciò che è dispiegato. La pietra grava, mostra pesantezza e proprio così si ritrae in se stessa; il colore si accende e resta tuttavia chiuso; il suono risuona e tuttavia non emerge nella svelatezza in completezza. Ciò che emerge nel disvelato, invece, è esattamente lo schiudersi ed è l’essenza del sublyme. Tutte le cose rifluiscono nella relativa singolarità virtuale: nell’ontogenesi delle monadi virtuali che si schiudano c’è il medesimo incompreso o Non-compreso quale sublyme disvelatezza: qui la sua estasy, là la dà come ciò che nella svelatezza si schiuda. La sublymanza non è costituita dall’alterezza nel senso di una ilemorfia, bensì è l’ontogenesi dell’ estaticità instabile, eventua il suo schiudersi come l’a-ilemorfia o la ilemorfica ob-scura o l’invisibile infinitesima pre-ilemorfica . Mentre in tal guisa la sublymità sveli in sé l’alterezza, getta se stessa nell’estasy come nel suo schiudentesi fondamento; un fondamento che, quale schiudentesi sempre e in modo conforme o aderente all’essenza, è un fondo abissale. Entrambi i tratti essenziali nell’essere-sublyme, quali alterezza e apertura e risonanza di mondo e l’alterezza, quale custodia che si schiuda casualmente congiunti nel sublyme e in una referenza conforme e aderente o inerente kategoricamente
all’essenza: entrambi sono quello che sono soltanto
mentre prendono fondo nell’autentico tratto fondamentale dell’essere-sublyme, la sublyme-bellezza, custodisce e cura si rivolge all’alterezza e non teme alcunché
di chiuso, di ascoso anzi svela l’esistenza dell’a-ilemorfico o a-ente, non ente, niente, nulla. Ma nel suo schiudersi, lascia kriptare vuole essere e riprendersi tutto in sé: non può fare a meno del mondo ,
se deve risplendere nella risonanza dello schiudersi e
del trattenersi: si è nella contesa in contrastanza eristika: quella contesa è l’intimità del loro controverso coappartenersi: il sublyme è al contempo l’eristika, poiché il sublyme nel
fondamento della sua determinazione è contenzione in contrastanza, è per quello che accende e custodisce la contesa o l’eristika sublyme nella contrastanza. Poiché il tratto fondamentale dell’essere-sublyme è la contenzione in contrastanza: perché la sublymanza, nel
fondamento del proprio essere, dev’essere siffatta contenzione in contrastanza eristika? In che cosa prende fondo l’essere-sublyme?
Questa è la domanda sull’origine del sublyme: in che modo il sublyme, in quanto contenzione in contrastanza eristyka, è in primo luogo completamente presso Di sè e in secondo luogo è autenticamente in ekstasy sublyme. Come accada la contenzione di quella contesa? L’oscura asprezza
e l’attrattiva pesantezza , la sua irrisolta impellenza e il suo
risplendere: la dissipantesi durezza del suo schiudersi. Ed è quella di avere limite nel taglio di contorno,
nel taglio verticale e nel taglio orizzontale. Mentre schiudentesi deve venire l’autoevento nell’aperto, questo stesso ontoevento deve farsi ritaglio, limite che tratteggi . Qui, nel tratto fondamentale dell’essere-sublyme quale contenzione in contrastanza eristika, risieda il fondamento della
necessità e relatività anamorfica o morfologica. Senza svelare ora l’origine della morfologia: che cosa viene infatti conquistato, contendendo, in quella contenzione della contesa in eristika contrastanza?
In tanto il sublyme è contenzione in contrastanza, in quanto estatizza, aprendosi in un mondo. Ma quella estatizzazione
che spinge dentro, sospinge innanzi il sublyme e gli dà la risonanza in una radura. È l’ontogenesi entro cui l’alterezza è schiusa in modo conforme o aderente o inerente al mondo e il mondo è svelato in modo con-forme-aderente-inerente.
La sublymanza fonda l’ontogenesi mentre svela: è la svelatezza della contrastanza in cui le cose e l’esserci giungono a stabilità, onde sostenerlo: la sublyme-bellezza in quanto tempio, trattiene la figura del
Dio, al contempo, attraverso l’aperto porticato, lascia stare fuori nella radura che solo così è fondata come sacra. Ergendosi in un mondo il tempio si apre . Attraverso il sublyme, per la prima volta l’alterezza si fa con-forme o inerenza o aderenza al mondo . Allo stesso tempo, nel sublyme parole accadono virtuose nel nominare e il dire attraverso i quali l’essere degli enti viene alla parola per la prima volta e, insieme con il dicibile, viene al mondo l’indicibile: si svela l’autopoiesis, vengono coniati in anticipo i grandi concetti dell’essente . Nella sublyme-bellezza del pro-gettare e della poiesis e della morfologia in senso plastico-figurativo viene conquistato, contendendo, la contrastanza eristika, l’ontogenesi e fondatezza, in cui si fondi l ‘ abitare storico nell’essente, per aderire l’inerenza kategorica con la contrastanza dell’essere.
L’essenza dell’essere-sublyme risiede nella contenzione della contesa, la quale conquisti in sé, contendendo in contrastanza eristika, la svelata intimità del mondo.
Con quella determinatezza essenziale dell’essere-sublyme
viene in stabilità l’alterezza della contrastanza che renda possibile la virtosità del sublyme. Quella sarebbe presenza di qualcosa di aderente o adeguatezza consapevole, o consapevolezza dell’adeguatezza quale intuità apprensiva dell’essere dell’ente o sapere per sè . Di certo si è lontani dalla doxa e dall’epistemica per cui il sublyme sia l’imitazione di qualcosa di sussistente o semplice adeguatezza, o aderenza inerente, o sapere per sè dell’essere delle entità. Ma con ciò la concezione
del sublyme come presenza non è in alcun modo superata, bensì soltanto occultata; infatti, sia che la sublymanza venga nella vivenza come “farsi sensibile dell’invisibile”, sia, al contrario, come farsi simbolo del visibile in un’immagine-sensibile, ogni volta, in simili determinatezze,
si insinua la doxa pregiudiziale, secondo cui la presenza fondamentale del sublyme sarebbe la presenza intuibile, apprensivamente, del sapere per sè in adeguatezza con le entità fenomeniche o le intenzionalità dei fenomeni dinamici della purezza. Secondo tali paradigmi senza dubbio autorevolissimi il sublime della bellezza o sublime-bellezza significhi sempre “autenticamente”. Allegoria e simbolo si offriranno quali presenze della bellezza-sublyme, nelle più diverse declinanze, e venga determinata una più elevata formazione plastico-figurativa. All’interno del sensibile quale “elemento dell’arte” vengono alla presenza il non-sensibile e il sovrasensibile. Se l’ilemorfico vale come il sensibile, allora avviene ciò che cade sotto i sensi, che è tale da divenire accessibile attraverso i sensi ma sulla modalità della sua appartenenza all’essere-sublyme non viene detto proprio nulla; infatti il gravare di una pietra, l’opacità di un colore, timbro e fluidità di una costruzione linguistica certamente non vengono sperimentati senza i sensi, giammai attraverso di essi soltanto. Nella sua disvelatezza e completezza, l’alterezza è tanto sensibile quanto non-sensibile o insensibile, o a-sensibile, o anestetica, quale presenza dell’immateriale o a-ilemorfica, o an-ilemorfica o an-ente o non-ente o niente o nulla.
L’introduzione del “sensibile” coglie il poco del qualcosa di essenziale dell’essere-sublyme, giacchè lì la consapevolezza dell’adeguatezza, o intuire, entra in crisi, vacilla, è in vertigo per la presenza della profondità infinita della dynamis virtuosa, quale chiasma dell’anilemorfia, o anentità o non entità o abgrund o abisso o nullità o senza la fine, apeiron nell’arkè. Fu così che la distinzione tra sensibile e sovra-sensibile o anestesia o anilemorfia o anentità divenne il paradigma per i molteplici tentativi di interpretazione allegorica e simbolica del sublyme in generale. Già la distinzione di ilemorfica
e morfologica diventa decisiva per ogni successiva posizione occidentale nei confronti dell’essente, ossia in Platone, l’ilimorfica, intesa come il sensibile, è stata ritenuta come ciò che è inferiore di fronte all’idea, intesa come ciò che è superiore e non-sensibile, o insensibile o sovrasensibile o anestetica o anilemorfica, nel pensiero cristiano, il sensibile sublyme si prende cura così dell’aderenza o inerenza del sensibile: non presenta nulla, non dà niente, si eventua nella nullità abissale. In alterità o in eterità o in essere alterità o alterezza la contrastanza della contesa tra il sublyme conquista contendendo la svelatezza, ossia la radura alla cui luce l’essente in quanto tale venga incontro si fa incontro trasformato. La sublymanza si presenta nel nulla o nel niente o nell’anentità o nell’anilemorfia perché, al fondo, non c’è mai un già stante ed oggettuale o gegenstand, gettato, naturalmente, che sia sublyme: non presenta mai, o lasci intuire la consapevolezza dell’aderenza o dell’adeguatezza o il sapere per sè bensì disveli o dispieghi o disponga fuori il mondo: è l’estasy, è l’estatica alterezza intuita solo quale intenzionalità fenomenica; entrambe quelle cose perché è contenzione di quella contesa. In forza della virtuosità il sublyme, è semplicemente e soltanto se stesso e niente di più.
Ma allora in che modo è autentico sublyme? Che specie di realtà possiede?
Ad onta di alcuni mutamenti, predomina ancora, fino ad oggi,
quell’interpretazione della realtà del sublyme alla quale Platone, ancora una volta, ha dato l’avvio. In tale contesto, divenne decisiva quell’apriorità preliminare del sublyme. Dà ciò che si è disvelato intenzionalmente e spontaneamente dal sussistere naturale, ciò che è autopoiesis dell’esserci è la dinamica virtuosa che si dà nel fenomeno ontico o ontologico, a maggior ragione se riproduca cose della natura; infatti, quelle sono già copie di quei modelli che Platone chiama “idee”. Ciò è adeguatezza all’essere delle entità, e così anche il sublime, diviene riproducibilità di una copia di un modello o di un paradigma, anzi la sua autentica verità si dà solo quale adeguatezza ed aderenza alla paradigmatica purezza della trascendenza fenomenica, poiché le idee rappresentano l’essente autentico, ciò che le cose sono in verità, e per ciò il sublime è solamente un’eco, una risonanza paradigmatica in fondo autenticamente irreale. Platone tenta di rendere reversibile la realtà del sublyme, di contro alla costituzione sensibile del sublyme, si mette in campo la circostanza per cui essa presenti un contenuto non-sensibile. Grazie alla presenza ideale il sublyme risulta volentieri più spirituale delle cose tangibili di tutti i giorni, stacca l’ombra e tutt’intorno le aleggia “un afflato spirituale”: il sublyme si sottrae alla realtà propria di ciò che è sussistente: è apparenza; il blocco di marmo modellato di una statua ci dà ad intendere che
sia un corpo vivente, laddove, al contrario, esso è in verità soltanto una gelida pietra. La sublymanza è un’apparenza perché non è essa stessa quello che presenta, e tuttavia un’apparenza legittima, giacché nella presentazione essa porta pur sempre alla luce l’insensibilmente spirituale.
Interpretazioni del sublyme. Ora il sublime non è ancora così reale come le cose sussistenti, ora non è più così reale. Ogni volta, l’essere il sublyme
interpreta nell’uno o nell’altro modo sempre l’irreale. E nondimeno è vero il contrario. Il tempio che si erge su un promontorio o in una valle in vertigo, la statua che se ne sta lì nella regione sacra, queste opere sono in mezzo a molto altro: terra e mare, sorgenti e alberi, aquile e serpenti non solo non sono mai e in ogni caso semplicemente
sussistenti, ma presidiano il centro nel diradato margine
dell’apparire: sono più reali di ciascuna cosa, poiché
ciascuno di essi può annunciarsi per la prima volta come essente soltanto nell’aperto, contendendo, in forza virtuosa del sublyme. L’ontogenesi di Hölderlin nella sua poiesis è più reale più di tutti i teatri, i films e le poesiole, più
reale degli edifici in cui sono sistemate le librerie e le biblioteche, in cui compaiono, tangibili, i volumi delle sue opere complete. Più reale di tutto ciò è infatti l’autopoiesis, dacché è gettata l’ontogenesi inesplorata del mondo, e trattenute in seno nelle insenature mitiche di Kalypso grandi e sublimi decisioni: è davvero l’essenza più propria dell’essere-sublyme, incommisurabile a ciò che è di volta in volta sussistente e a ciò che solo nella presuntiva è autenticamente reale, è l’essente e l’inessente, è l’essere dell’ente e il nonente, la nonentità, il niente, il nulla: non esistono sublimità delle entità, ma soltanto ekstasy tale da sollevare il proprio tempo all’altezza di sé e da trasformarlo. Più reale di tutto l’essente consueto è il sublyme in ontogenesi dell’esserci dell’esser-ci.
Quella solitudine di ogni sublyme è il segno che, nella
contenzione della contesa, si getti in alterezza nel suo mondo. Il suo starsene lì è la contenuta discrezione del ritroso restarsene-in-sé. Il che però non significa che il sublyme si eccepisca dalla realtà; ciò è impossibile, giacché è già sospinto innanzi entro tale realtà come il suo sovvertimento e la sua confutazione. Se le manca la forza, la potenza, la dynamis allora non è sublyme: l’origine del sublyme.
La contesa quale eristica come tratto fondamentale nell’essere-sublyme ci domanda: perché la contenzione erystika è l’essenza dell’essere-sublyme? Quella domanda sia ora presa in cura.
La risposta suona: l’essere-sublyme possiede
il tratto fondamentale della contenzione? Dove e in che modo il sublyme è?
Esiste il sublyme di per sé, in qualche tempo e da qualche parte? Nondimeno è necessario chiarire che cosa mai il sublyme sia. La parola -sublime- resta sempre e soltanto
un vuoto , è semplicemente, soltanto e volta
per volta il sublyme? che cosa è il sublyme? non più nel vuoto. Mentre domandiamo: ha fondamento l’essere-sublyme? che cosa è sublyme, al principio e alla fine? Contrastanza, il centro dell’aperto nella cui radura l’essente si mostra: è come la schiudentesi entra nella svelatezza.
Il mondo si fa inascoso e si schiude, ma nella disvelanza. E mentre quest’intimità della svelatezza contenzioso tra il nascondentesi e il disascondentesi accade, ciò che fin lì valeva come il reale si rende finalmente svelato come l’inessente. Emerge alla luce del giorno, nella svelatezza, coprimento e distorsione e contraffazione dell’essente. Nella contenzione accade la svelatezza della disvelatezza del contenzioso tra
inascoso ed ascoso, il venir fuori di coprimento e accadere in sé è l’accadere di verità. L’essenza della verità, non consiste nella concordanza o aderenza inerente di una proposizione con un fatto, bensì verità è questo accadere fondamentale della svelatezza in risonanza della disvelatezza dell’essente: in verità appartiene l’ascoso e il nascondersi, il mistero, così come il coprimento e la distorsione: la non-verità.
Nel sublyme è in ekstasy l’accadere della verità, il che significa che, nel sublyme, la verità è in ekstasy. La sublymanza della verità, questa è l’essenza del sublyme. Verità non vuol dire qui una qualsiasi verità, un singolo che di vero, qualcosa come un pensiero e una proposizione, un’idea o un valore,che all’incirca vengano “presentati” o inerenti nell’aderenza ilemorfica , bensì vuol dire l’essenza del vero, la svelatezza: prima indicazione dell’essenza del sublyme a partire dall’essere-sublyme. Nel sublyme, la verità accade come divenire-disvelanza dell’essente: in che modo il sublyme sia l’origine del sublyme.
La sublymanza è la verità in ekstasy da
una parte sussiste il sublime e dall’altra la verità. E questa viene trapiantata in quella per mezzo del sublyme. Non è in alcun modo così: infatti il sublyme non sussiste prima della verità, né questa prima del sublyme, bensì:
mentre si dà il sublyme, la verità accade si dà e si eventua nella disvelanza: perché, affinché la verità accada, essa deve venire in ekstasy sublyme?
Se la verità viene in ekstasy per la prima volta con il sublyme e nel sublyme, e non è dapprima sussistente da qualche parte, allora deve divenire. Donde viene l’originalità e la singolarità della disvelatezza dell’essente? Forse, dal nulla? In effetti è proprio così, se con il non-essente si intende quel sussistente che, in forza del sublyme, viene per così dire sovvertito e confutato come l’essente.
La verità non viene mai desunta da questo qualcosa di già sussistente: la svelatezza dell’essente accade mentre viene progettata, in contrastanza eristika.
Tutto il sublyme, nell’essenza, è ontopoiesis, quale disvelatezza della completezza: è altro dal consueto. In forza del progetto autopoietico, il consueto e quel che è durato fin qui si fanno inessenti. L’autopoiesis non è escogitare qualcosa a piacimento, non è un librarsi nell’irreale. Ciò che l’autopoietica in quanto progetto, tenendo separato, sveli e progetti in anticipo, disveli, lascia fare per la prima volta all’essente il suo ingresso e lo esporti ad illuminazione.
La verità in quanto disvelatezza accade nel progetto, nell’autopoiesis. In quanto estasy sublyme della verità, il sublyme è, in modo conforme inerente o aderente all’essenza: non è puro arbitrio ricondurre l’architettonica, la plastico-figurativa e la musicale all’autopoietica, alla poesia?
Sarebbe così se le volessimo interpretare a partire dalla parola e come specie di questa: la parola, la “poesia”, è di per sé tuttavia soltanto una modalità del progettare, dell’ontopoiesis. La determinazione essenziale del sublime in quanto autopoiesis: il sublyme è l’ontopoiesis, la determinatezza del sublyme come espressione possiede una sua correttezza. L’opinione per cui il sublyme sarebbe
espressione è inoppugnabile . Certamente,
l’Acropoli è espressione . Altrettanto certamente, il sublyme è una particolare espressione. Ma il sublyme non è certo sublyme perché è espressione, bensì è espressione perché è sublyme, non soltanto la caratterizzi in termini di
espressione e non contribuisca in nulla alla determinatezza dell’essere-sublyme, ma inibisce ogni domanda genuina su questo essere. La caratterizzazione del sublyme come espressione, è corretta e inconsistente, non è valida neppure per il linguaggio. Il linguaggio è certamente al servizio dell’intesa, della discussione e dell’accordo. Ma non è soltanto, un’espressione fonetica, oppure scritta, di ciò che dev’essere comunicato, per l’appunto il vero e il non-vero. Laddove nessun linguaggio, come in pietra, pianta e animale, lì non c’è alcuna svelatezza dell’essente, e in tal senso neanche una disvelatezza del non-essente e dell’inessente e del vuoto. Mentre il linguaggio nomina le cose per la prima volta, il nominare conduce per la prima volta l’essente alla parola e all’apparire. Il nominare o dire è un progettare, è indetto in quanto l’essente è indire progettante è al contempo disdetta di ogni opaco disordine. Il dire progettante è autopoiesis, e con ciò la prossimità e la lontananza degli Dèi. La lingua originaria è dizione in quanto ontopoiesis originaria , c’è l’ontogenesi del sorgente mondo: la poesia, resta la configurazione fondamentale del sublyme, ma questo perché nel dire ontopoietico per l’esserci viene in generale progettato e disvelato l’essente in quanto essente e si perviene al dispiegamento e alla custodia o alla cura. Progettare, costruire e dare forma in senso plastico-figurativo accadono sempre nel già svelato della dizione e del dire, per ciò non sono mai, linguaggio, bensì autopoiesis ogni volta originale nella singolarità: la determinatezza dell’essenza dell’ontopoiesis in quanto progettare non esaurisce la sua essenza. Senza lo sguardo o l’essere-in-vista-dell’essere nell’essenza pura dell’autopoiesis, non si apprende ancora il divenire della verità. Soprattutto, non si afferra concettualmente in quale senso la sublymità sia necessaria per il divenire della verità. L’essenza piena dell’ontopoiesis viene in luce nella risonanza: ontopoiesis – l’essenza del sublyme – è la risonanza ab-scissa dell’essere. Non produzione dell’essente. Ma che cosa significa essere, a differenza dall’essente? Quell’essente qui, l’organo, lo cogliamo nella sua differenza . L’organo è. Ma l’ essere lo si percepisce a fatica, sebbene si sia altrettanto certi che l’organo è e non è, così come si sappia che è un organo, nonostante tutto il grande buon senso e la sua prossimità alla vita, cos’è più prossimo dell’essere? Cosa sarebbe l’organo e ciò che è consueto, senza l’essere? Si percepisce l’essere e il suo concetto se si intuisse quella svelatezza, che appare nel progetto autopoietico. L’essere è quel che cosa e l’essente, è disascoso o svelato ed ascoso. L’essente è di per sé soltanto in forza essenzialmente per l’essere-sublime: l’essere in libertà: essere un fondamento, la fondatezza, l’evento della singolarità iniziante che si dà o si eventua quale dinamica ontokronotopia. Con- fondazione, inizio ontogenesi ascoltati distintamente e compresi nella singolarità in transcendenza sublyme in autopoiesis della risonanza dell’essere, il progettare la svelatezza come l’alterezza dal consueto.
Il progetto rilascia liberamente qualcosa che non soltanto non compare mai a partire dal sussistente e dal consueto, ma nemmeno può mai essere compreso dal sussistente. Il progetto è alterezza ab-scissa in quanto gettatezza della fondatezza. Cosa significa alterezza nell’ontogenesi di fondazione e inizio, e in che modo quel che con ciò è nominato coappartiene al progetto in modo conforme o aderente in inerenza all’essenza? La verità in quanto svelatezza è sempre disvelatezza della contrastanza, eristika in cui tutto l’essente e l’inessente è nella stabilità strutturale e a partire da cui si kripta o dekripta in quanto schiudentesi. In tal modo, la contrastanza resta sempre gettata in quell’oscuro abisso: la contrastanza, in che modo è? Entrambe le modalità dell’essere sono possibili soltanto se l’esserci-sublyme si getti nella contrastanza, ovvero si dà nel meson dell’essente in quanto essente e inessente, ovvero per l’esserci. Mentre l’essere-sublyme è la contrastanza eristika, diviene la risonanza sublyme. Nel progetto autopoietico, altrimenti dal consueto, la svelatezza si getta sempre svelata nella contrastanza, sempre progettata in anticipo ciò significa che il progetto ontopoietico viene aggettato dall’esser-ci-sublyme: la contrastanza eristica nella sua svelatezza dall’estatizzazione in ciò che è dato-in-attività e dalla custodia di ciò che è dato-in-risonanza: la sublyme-bellezza: la contrastanza c’ è soltanto se il sublyme saprà essere sublyme. Il sublyme è già sempre gettato nella sua contrastanza eristica. Hölderlin è colui che autopoietizza il sublyme. Ma questo aggetto è sublyme, in modo conforme aderente e inerente all’essenza, è ontopoiesis. Se però il progetto è autopoiesis, allora l’aggetto non sarà qualcosa di preteso, ma la svelatezza dell’esserci sublyme, già gettato. Ciò in cui il sublyme è gettato è l’estasy, lo schiudentesi fondamento su cui il gettato, viene a riposare. Il progetto che conformemente aderisca all’inerenza dell’essenza è aggetto progetta soltanto se dall’ascoso fondamento trae fuori una svelatezza, se ciò che è dato-in-dinamica è dato-in-risonanza nel fondamento in quanto destinanza ascosa e da disascondere. Nel progetto, fa ingresso nella disvelanza, al fondo, non è un che di estraneo, bensì soltanto il più proprio, fin qui ascoso, dell’esserci sublyme. Il progetto viene dal nulla, non discende dal fin qui vigente;non viene dal nulla, perché , in aggettanza, trae fuori l’ascosa e trattenuta destinanza, la getta nella fondatezza e la fonda in senso autentico, quale progettare la risonanza è al contempo, essenzialmente il fondare. La svelatezza può diventare svelatezza della verità, in tal senso può accadere, soltanto se il progetto è un progetto fondante. Ma fondante lo è mentre si dà schiudentesi nell’aperto e precisamente in quanto la schiudentesi, nella sua controversia col mondo progettato. Poiché il sublyme in quanto autopoiesis è transonanza, progettante fondare, autoevento della transonanza nell’alterezza e nella svelatezza, cioè la verità, in tale modalità che venga a contendere il contenzioso . La verità accade soltanto in quanto svelatezza , viene in ekstasy soltanto nel sublyme.
L’essenza del sublyme come risonanza dell’essere è il fondamento del sublyme. L’essere del sublyme non consiste nel fatto che è sussistente come essente, ma che si attiva in quanto contenzione della disvelanza dell’essere sublyme. Perciò il sublyme possiede senz’altro quell’ eminente alterezza, è stabile in sé e si riprende da tutto il sussistente.
L’essenza del sublyme è sublyme perché il sublyme deve essere, la sua essenza nel dire la verità a del pensiero nel concetto, nel portarla nell’impresa essenziale, nel sublyme. La sublymanza è l’ontogenesi della verità, è un’essenza, il sublyme è la verità, è il fondamento del sublime: ma il sublyme c’è?
Esiste il sublyme di per sé? che cosa è il sublyme?
Nel sublyme è in ekstasy l’accadere della verità, nel sublyme, la verità è in ekstasy. La sublymanza della verità, questa è l’essenza del sublyme. La sublymanza è la verità in ekstasy: il sublime è la verità. Donde viene ? Forse, dal nulla? è proprio così quest’oscuro abisso inizia l’evento del sublyme. L’inizio del sublyme è sempre la libertà, quale estasy dell’esserci.
L’essenza del sublyme in quanto ekstasy che si eventui in verità è l’origine sublyme di Hölderlin: l’essere-sublime eventua l’aletheia ontologica quale sublymanza dell’essere nel sublyme. C’è l’interessere tra le tre varietà di verità e c’è l’interesserci epistemico nel senso che tutte le varietà-verità si danno, si offrono alla mondità quale comprensione del mondo, mentre l’esserci comprende l’essere in transcendenza estatica immaginaria, o in transcendenza ontica o fenomenica o analitica dell’essere delle entità quale prova ontologica o ontoteologica o ontoteleologica o transontologica dell’esistenza dell’essere-sublyme o quale transcendenza transepistemica dell’esser-epistemè-del-sublyme o dell’essere transepistemica transontologica del sublyme. Anzi solo la verità ekstatika del sublyme discopre sia la transermeneutica sia la transepistemica transontologica dell’essere sublyme dell’esseRe, mentre la metafisica della verità o l’analitica o la fenomenologia o l’ontica della verità si adeguano al paradigma trascendente della metafisica analitica fenomenica. Qualora si desideri comprendere anche l’essere sublyme delle entità mondane è consentito anche privarsi dell’ontologia per affidarsi alla classica ermeneutica epistemica o alla transcendenza epistemica o alla trascendenza analitica o alla trascendenza fenomenica per discoprire solo le verità delle entità della mondanità o le verità metafisiche o le verità trascendenti analitiche fenomeniche: l’ontologia fondamentale del sublyme, la domanda sull’essere-sublyme dalla quale il pensiero europeo sorge, viene invece declinata come analitica esistenziale del sublime, come descrizione accurata del sublime, rigorosa, ontologica della dimensione ontica del sublime in cui il fare e l’essere-sublyme quotidiano degli esseri si svolge quale transcendenza del sublime o transcendenza ontologica immaginaria del sublyme. Esserci nel sublyme, quale dasein nel sublyme, esistere nel sublime, o abitare poeticamente il mondo-tempo nel modo sublyme, è declinato da Heidegger in transcendenza exstatica del sublyme, dopo essere sempre stato solo analizzato in trascendenza dinamica o trascendenza analitica fenomenica kantiana, lì l’esserci o il dasein o
l’esistenza è una
posizione, è la condizione per avere predicati, non è un predicato; mentre nella Critica della ragion
pura, l’esistenza diventa un concetto puro della categoria di modalità, torna ad essere il dasein: si può considerare
l’esistere un predicato? Se sì, si ha una trascendenza epistemica o transepistemica; se no, non è un predicato, è quindi una problematica anche delle categorie di Aristotele, tradotte da Boezio con “praedicamenta” o pre-dire o prevedere : la prima categoria è la sostanza, o l’essere un
praedicamentum, ma l’esistere non è un predicato e lì si nasconde una ontologica
fondamentale, e fondamentalmente distruttrice dell’ontologia, per cui il gegenstand è
inafferrabile o indicibile o invisibile o inconoscibile, di cui conosciamo soltanto le idealità della transcendenza e che spesso sconfina nella teoria dell’impossibilità dell’ontologia o dell’impensabile epistemico del noumenico: l’esistenza o la
distinzione tra cose-persone: le cose sono in sé le persone sono per sé, perché essere come verità e identità è dei trascendentali o summa genera dei medievali.
Essere ed esistere sono la stessa cosa versus il classico problema dell’esistenza delle cose che non esistono, si pensa che esistano, ma non esistono: si immagina la transcendenza fenomenica, ma non esiste, se ne può parlare, ma non esiste, sono entità non esistenti, ma l’ontologia fondamentale non è
impossibile: esistere come essere, sia nella realtà che nella mente, ed esistere come essere nella transcendenza. L’essere è una singolarità transepistemica e per ciò transontologica. Il problema della singolarità transepistemica transontologica si svela nell’ esistenza dei numeri o gli angoli e altre entità matematiche, o le menti e le emozioni, o la bellezza sublime, ma in un modo diverso da come esistono le transentità del gegenstand.
L’esistenza è un translogos del numero, la cui numeralità si predica o si predice quale intensità kategorica: si dice numero per tutte le transentità nello stesso senso: qui esistenza e numero sono un essere singolarità della transcendenza. Se sono nomi non c’è problema. Se sono predicati, l’equivoco c’è nell’esistere nella mente e nell’ esistere dell’esserci. È noto che il problema veniva risolto con l’analogia entis:ma non si può applicare a esistere-essere, perché il
numero sia e possa essere usato come nome e come predicato, oltre che essere interpretabile come un predicato di predicati, e ciò riguarda tutti i concetti fondamentali o generi
sommi, o trascendentali: dell’essere si può dire che è, della storia si può dire che ha una storia, dell’io si può
dire che è proprio, della bellezza che sia ideale o vaga o aderente o adeguata e ciascuno di essi può essere pensato in relazione agli altri:l’essere in relazione al numero, e il numero in relazione agli enti, la storia in relazione agli enti, e la bellezza in relatività al vaga o aderente o adeguata o fenemenica o ideale o kategorica. Il significato dell’essere è adeguatamente espresso dalla transcendenza esistenziale della bellezza e per ciò dalla transepistemica fenomenica. Che cosa comporta l’idea che il senso
dell’essere sia adeguatamente colto dalla transcendenza esistenziale? Naturalmente la transcendenza esistenziale sia quale
esistenza in senso ontologico, sia in senso translogico, sia nella transestetica. Il modo di quella trascendenza fenomenica e analitica dell’in-vista-della-pro-spettiva è lo sguardo della trascendenza analitica e fenomenologia husserl- kantiana. Intesa non in quanto scuola di pensiero ma in senso metodologico, il come del darsi della transvivenza al pensiero transvisivo, immaginario e teoretico che la guarda, o è in-vista-della-prospettiva della transcendenza exstatica immaginaria ontologica, quale pensiero poetante del sublime che deve osare inoltrarsi nella più originaria problematica della gegenstand, quale contrastanza o nell’essere dell’ente sublime in transcendenza spazio-temporale. L’ontologia del sublime è quindi possibile solo o ancora come transcendenza fenomenoica del sublime, giacchè la filosofia del sublime è ontologia fenomenica del sublime o della transcendenza della transpurezza o dell’essere-in-vista-di-prospettive transcendenti del sublime: la transcendenza temporale si è originata dalla transcendenza transermeneutica del sublime dell’esserci, ma in-vista-di-prospettiva ontologica si presentò come transcendenza analitica e fenomenica del sublime dell’esistenza.
Ciò che è onticamente più sublime, talmente sublime da essere il sublyme, è transontologicamente il più sublime, anche perché non sembra aver bisogno di essere pensato, talmente è aderente inerente alla transvivenza dell’esserci e disvelato è la transcendenza del sublyme quale estasy transdinamica della mondità o dell’ontologia del mondo-esserci-mondo-in-libertà. Heidegger ha svelato e disobliato nel transoblio il darsi e l’eventuarsi del transublime quale transesistenziale-ontologico che transceli o transkripti in sè e per sè transenigmi su transenigmi. Se l’essenza transontologica dell’essere e dell’esserci preceda e transcenda quale priorità-in-transcendenza ogni distinzione tra anima e corpo, se l’‘essenza’ dell’Esserci sta nella sua transesistenza, l’analitica esistenziale o l’analitica dell’esserci o la dasein-analytik precede translogicamente, transfenomenicamente, analiticamente, onticamente, transepistemicamente e sopratutto transontologicamente ogni scienza, o epistemica e ogni sapere fenomenico o ontico che si voglia, o ogni transcendenza transfenomenica o transcendenza ontica.
Fra le strutture ontologiche o gestell-sublyme dell’esserci sublyme nel mondo–sublime-gli “esistenziali”–sublimi ci sono l’in-essere-sublyme, il con-essere-sublyme, l’essere-per-il-sublyme. Esserci-sublyme e mondità-sublime non si trovano in prossimità l’uno accanto all’altra ma l’esserci-sublyme è la mondità dell’essere-sublyme, perché «das Alleinsein ist ein defizienter Modus des Mitseins», “l’esser soli è un modo deficitario del con-essere”. La sublymità è un evento costituente dell’ essere-alla-fine-senza-fine del sublyme che disveli l’alterezza sempre incompiuta indicibile ed inaudita quale futuro-anteriore della transcendenza exstatica dell’evento o transcendenza-che-si-eventui quale esserci sempre in vista dell’evento sublyme, mai solo del fenomemo sublime dell’evento. Lì il chiasma qualità-quantità si dà quale infinità o non-finito o senza-la-fine o senza telos o negazione kategorica qualitativa del finito aderente o gegenstand, giacchè anche alla fine c’è sempre un oltre o un essere-in-vista-dell’evento della transcendenza sublyme, o in transcendenza abissale sublyme: ma una ontologia della transcendenza è ancora kriptata e non ancora gettata in vista per la trascendenza fenomenica o trascendenza analitica. Se il fenomeno primigenio della temporalità originaria e autentica è l’avvenire, l’esserci-sublyme è possibilità sempre in transcendenza della singolorità o in vista dell’evento sublyme tanto che il sublyme sia la possibilità della trascendenza nella purezza o semplice possibilità d’esserci della transcendenza sublyme, una possibilità sempre sublime d’ essere sempre in vista della transcendenza abissale e senza fine, o senza la fine e sempre nell’indeterminatezza o della transcendenza indeterminata. L’esserci-sublyme non ha una fine, bensì esiste in modo finito, è finito nell’infinito è infinito nel finito: è infinito nella monade infinitesima estasy della mondità è estasy dell’esserci, è transcendenza infinita nel finito o nell’apriorità o nell’arkè o nella transcendenza paradigmatica; ed è per quell’essere-in-vista-della-transcendenza che la Cura è la cura sublime dell’ essere-sublyme-transcendenza-sublyme della singolarità in transcendenza.
La Cura è il tempo sublime estatico nella sua sublymità esistenziale e fenomenologica e quindi ontica e ontologica; la Cura è la tensione sublime all’essere che sempre c’è senza-fine; la Cura è la temporalità sublime ekstatica come avvenire-essente stato-presentante la temporalità e si rivela come il senso dell’autentica cura quale estatico esserci-sempre-in-vista-della-transcendenza sublyme.
L’esserci-sublyme come Cura si declina nelle forme del sublime, del com-prendere, del parlare, del poetare e il modo d’essere-sublyme della dis-chiusura è caratterizzato dalla curiosità fenomenica del sublime, moto dell’essere-senza-fine o essere-sempre-in-vista-della-transcendenza sublyme, essenziali caratteri della tentazione sublime. Il modo in cui si danno anzitutto e per lo più è la Singolarità densamente infinita o pregnante di infinità che svela la differenza tra spazio-tempo intramonade e spaziotempo extramonade, quale esserci-sublime nella mondità di un senza-fine . Heidegger è in risonanza con l’estasy: la singolarità è un esistenziale e appartiene come fenomeno ontologico alla costituzione positiva dell’esserci sublyme. Autenticità e inautenticità del Dasein-sublyme vanno intese in senso fenomenologico e ontologico come modi diversi di abitare poeticamente il mondo sublime. Emblematica, in questa direzione, è la differenza nell’ontologia del sublyme tra paura (Furcht) e angoscia (Angst) quale transcendenza della singolarità sublyme. Mentre la paura nasce sempre da qualcosa di specifico, l’angoscia scaturisce dall’ essere nella vivenza sublime, la paura assale quando si è di fronte ad un ente intramondano sia pure sublime. L’angoscia si leva dall’essere-nel-mondo o dell’essere-nell’abisso-abgrund-senza-fondo-senza-fine sublime. La sublimità dell’angoscia è l’essere-sublime la transcendenza della singolarità nel mondo-sublime: quale essere sempre in apprensione dell’in-vista-della-transcendenza-sublyme: lì c’è la transcendenza dell’angoscia quale essere-sempre-in-vista-dell’evento del niente, del non-ente, del nulla.
La Gettatezza–sublyme dell’essere-sublyme, quale transcendenza della gettanza sublyme mostra in estasy la gnostica-Heideggeriana, esplicitata quale scadimento dell’esserci non può perciò neppure essere concepita come “caduta” da un più puro e superiore “stato originario” del quale non avremmo né esperienza ontica, né comprensione ontologica «Das Dasein ist als solches schuldig», anche se velato – dell’esser nel mondo quale essere in vista della transcendenza del sublime, quale fondamento di un «ursprünglichen Schuldigseins», di un essere-sublyme originario in transcendenza della sublime singolarità.
La caduta, la gettanza o pro-gettanza sublime disvela l’essenza della trascendenza temporale dell’esserci-sublime. Il senso dell’esserci come essere nel mondo è la temporalità del sublime quale ekstasy dell’ontocronia o trascendenza temporale, il suo costante esistere come apertura mai chiusa e mai compiuta, la sua infinità, suo essere-senza-la-fine fondata sull’abgrund, sul senza fondamento quale esserci-sublime che non ha tempo ma è temporalità della vivenza-sublime, vissuta, aperta, in contrastanza nella transcendenza spazio-temporale immaginaria. Non è che l’esserci riempia con le fasi delle sue realtà effettuali istantanee una stringa elastica o dinamica o un segmento sussunto, ma estenda se stesso, sì che il suo esser proprio è fin dall’arkè costituito come estensione o transcendenza exstatica dell’evento sublyme. Nell’essere dell’esserci sta già il “tra” riferito a nascita e morte. L’esserci ontico o fenomenico esiste per nascita, e per nascita muore anche proprio nel senso dell’essere-alla morte. Entrambi i “capi” e il loro “tra” sono, finché l’esserci fattiziamente esiste, ed essi sono in quel modo possibile dell’essere in vista della transcendenza dell’essere dell’esserci, quale cura della gettanza degli eventi della transcendenza sublyme. Nascita e morte si “con-nettono”, nel modo che è proprio dell’esserci, nella singolarità in transcendenza di gettanza e sfuggenza o precorrente essere-alla-morte, quale transcendenza della singolarità sublyme. In quanto cura, l’esserci è il “tra”sublime è la transcendenza sublyme.
L’eco agostiniana la risonanza , la distensio temporale che l’esserci è da sempre e senza-fine, per sempre e nel tra, nella transcendenza temporale exstatica è il coincidere della struttura ontologica o gestell-sublime con la dinamica-sublime e matematica-sublime del tempo, ontologia sublime del Dasein-sublyme e estasy-sublyme, o transcendenza dinamica del sublime, sia pure quale risonanza Husserl-Agostiniana sempre in vista della transcendenza fenomenica dinamica per la transcendenza epistemica o ogni com-prensione del sublime-temporale-in-estasy o ontocronia-sublime: Il tempo-sublyme non è né oggettivo né soggettivo, né naturale né della physis ma dell’esserci sublime quale ontocronia-in-estasy:enigma sublime del tempo-sublyme sempre senza-fine, quale transcendenza enigmatica della ontocronia sublime . Un enigma che si chiarisce com-prendendo che il tempo, o lo spazio o lo spaziotempo, o la transcendenza ontokronotopica non siano una cosa o una entità, ma un accadere di processi nel mondo, una transcendenza spazio-temporale, un eventuarsi dell’ontocronia dell’estasy sublyme, i quali acquistano il loro significato solo nell’esserci-sublyme proteso alla cura, destinato a finire senza la fine e sapiente di tale finitezza poiché “si dà” verità, c’è transcendenza dell’aletheia solo nella misura o dismisura e fintanto ché vi è dell’esserci . L’essere nel mondo da parte dell’esserci consiste nel suo abitare poeticamente il sublime, o essere-in-vista-della-transcendenza sublyme: ha la sua fondatezza nell’ontologia dell’esserci , o meglio la sua transcendenza fondante si eventua nella transcendenza dell’esserci, nella struttura ontologica della transcendenza sublyme, nel costituire una struttura ontologica sublime che è una donazione di senso al mondo sublime, senza-fine, senza fondale, abissale «ist kein Ding, keine Substanz, kein Gegestand», non è una cosa, una sostanza o un oggetto ma è data come attuatrice di atti intenzionali nel plesso della transcendenza della singolarità di senso: ogni ente dal modo d’essere difforme dall’esserci va concepito come insensato, per essenza destituito di qualunque senso o c’è solo la transcendenza del senso .
La non cosalità dell’esserci-sublime, sia quale matematica infinita sublime, sia quale dinamica estatika sublime è la fondatezza della trascendenza della singolarità anche del suo essere-sublime-spaziale, quasi la kantiana dasein dell’essere-nello-spazio: l’esserci stesso, nel suo essere-nel-mondo, è “spaziale” o dasein-spaziale-sublyme-in-estasy: l’esserci occupa, letteralmente, lo spazio. Non è affatto soltanto sussunto nella porzione spaziale riempita dal suo corpo . La transpazialità dell’esserci-sublyme non consiste in un semplice occupare luoghi, ma nell’apertura di senso che si inoltra nella radura sublime illuminandola. Ecco perché l’esserci-sublyme è nel contempo sublime spaziale in senso originario e la dimostrazione che questa spazialità è esistenzialmente possibile solo grazie alla temporalità non può prefiggersi di dedurre lo spazio dal tempo, o di risolverlo in puro tempo. Lì si disvelò la trascendenza quasi ontologica in Kant: un’ontologia, ovvero di una teoria dell’ente o essere dell’ente che dispiegasse la filosofia trascendentale verso la problematica della singolarità in trascendenza dell’ente, della teleologia, dell’esperienza estetica, dell’intersoggettività, la destinanza della trascendenza è al contempo una nuova comprensione epistemica della natura. Il Giudizio o logos quale metafisica della verità è una ragione che si trasforma, individuando la presenza di un carattere “significativo” nell’esperienza della bellezza trascendente o della purezza aderente in natura, ma comprendendola come un’esperienza diversa e non subordinata a quella concettuale, che prima era il paradigma d’ogni significatività quale apriorità epistemica. E’ una ragione che scopre un principio d’orientamento dello stesso operare concettuale, che dispiega l’ontogenesi di concetti, ma rinuncia a farne una legge epistemica . E’ una ragione della purezza della trascendenza che si trasforma in un accordo possibile su esperienze non concettuali, per cercare di trovare il principio di una idea filosofica trascendentale come tentativo di dar forma ad un’ontologia: quale nuova teoria kantiana dell’esistenza o dasein-analytik, che intenda presentare una formula kantiana del problema ontologico dell’esserci, esigenza che si disveli dalla critica epocale dell’ontoteologia svolta da Kant, quanto dal nuovo senso di esistenza o dasein-analytik-ermeneutica kantiana : concetti e termini come quelli di posizione, determinazione completa, riflessione, forma, simbolo, esistenza, ovvero la problematica di una ontologia trascendentale delle categorie o lo stesso statuto ontologico dell’ente fenomenico: la deduzione è una ontologia della trascendenza in senso non soggettivistico. L’intreccio tra soggetto della purezza e della trascendenza ontologica kantiana mostra la possibilità d’identificazione di un ente della singolarità in trascendenza e d’esistenza, quale dasein-analytik e comporta la possibilità di far valere l’intero complesso delle forme: l’Analitica viene a delineare una ontologia delle condizioni di senso dell’uso delle forme ontologiche: la costituzione categoriale dell’oggetto in generale prende la forma dell’ontologia della trascendenza del fenomeno. Il Giudizio o metafisica della verità riflettente, Reflexion, la teoria o logos della riflessione trascendentale , concetti della riflessione: problematica del gegenstand o dell’oggettualità empirica costringono all’accentuare i presupposti ontologici impliciti nella funzione del giudicare trascendentale delle categorie: fenomeni che consentano ogni esistenza della singolarità in trascendenza, che è centrale per l’ontologia della trascendenza, ma che lo sarà ancora di più nel contesto della Critica del Giudizio o della critica della metafisica della verità. La teoria dell’ideale quale spazio di indeterminatezza della fondazione categoriale-non-categoriale tra i fenomeni della singolarità in trascendenza, problematica della indeterminatezza che configura ormai un’ontologia della trascendenza distinta da quella dell’oggetto in generale, che può essere definita un’ontologia del “mondo”, in trascendenza fenomenica, nel senso di una teoria dell’orizzonte o di una ontologia della trascendenza della mondità, quale fondale o hyntergrund o abgrund abissale. L’unica forma in cui il principio di finalità si manifesta in forma pura, è l’estetica. Giudizio o metafisica della verità ed estetica e nesso tra Giudizio o logos e sentimento del piacere non è più quello della natura intenzionale del Giudizio, contrapposta a quella dell’intelletto. La logica del giudizio estetico o metafisica della verità estetica prevede piuttosto un atteggiamento inintenzionale del Giudizio, che ha luogo in un riferimento non-predicativo all’ente della singolarità in trascendenza, prima di ogni sua comparazione: giudizio che si compie per mezzo della percezione in accordo tra immaginazione della trascendenza e trascendenza epistemica o intelletto quale senso di una percezione nel piacere estetico, paradossi che qui possono crearsi con la distinzione tra esperienza estetica e coscienza estetica: il momento estetico si intreccia e rischia di confondersi con quello conoscitivo: il problema del senso cognitivo dell’esperienza estetica o della condizione estetica della conoscenza quale a priori o principio estetico, apriori-epistemico sussunto nell’apriori-estetico. Analitica della bellezza ma sopratutto l’analitica del sublime svela un’immagine estetica-ontologica della dimensione profonda dell’ontologia della libertà: una nuova prospettiva capace di estendere l’ontologia del fenomeno nell’estetica è una dimensione del fenomeno che può rivelarsi solo al di fuori dell’epistemico conoscitivo, quale singolarità in trascendenza dell’ente: estensione quantitativa e qualitativa si coniuga con la bella forma: esistenza e aderenza nel gegenstand ontologico del Giudizio della ontologia problematica del soprasensibile. L’esperienza estetica indica il paradigma di un evento della tanscendenza o ereignis: orizzonte che non è né natura né libertà e che si presenta come un fondamento indeterminato, che non può essere esplicitato, ma a cui è necessario fare riferimento: è la transcendenza-sublyme ontologica della libertà. Fenomenologia, Empirismo tradizionale ed Razionalismo sono inadeguati per descrivere la trascendenza-sublime fenomenica ontologica della percezione. L’empirismo crede che l’esperienza sia la fonte primaria di conoscenza, e quella conoscenza è dedotta da percezioni sensorie. Il razionalismo pensa che la ragione sia la fonte primaria di conoscenza, e che quella conoscenza non dipenda da percezioni sensorie. Ma l’Empirismo tradizionale non spiega come la natura di coscienza determini le percezioni, il Razionalismo non spiega la natura delle percezioni determinanti la coscienza: un giudizio può essere definito come una percezione di una relazione tra alcuni oggetti di percezione. Un giudizio può essere un’interpretazione logica di segnali presentata da percezioni sensorie. Ma il giudizio non è una pura attività logica, né una pura attività sensoria. I Giudizi universali possono trascendere ragioni ed esperimenti.
La percezione non è pura sensazione, né è pura interpretazione. L’esperienza può essere riflessiva o ariflettente. L’esperienza ariflettente può essere conosciuta da una riflessione sussunta. La riflessione può essere consapevole come se fosse un’esperienza. La riflessione può essere anche un modo per capire e strutturare esperimenti.
La riflessione ha un orizzonte interno nella coscienza ed un orizzonte esterno nella mondità: riflettono l’un l’altro tempo e spazio, influenza l’uno e l’altro. La spatialità del corpo animato dell’esserci nell’analytik-dasein, o l’immagine del corpo animato quale singolarità in trascendenza è influente nella intenzionalità del corpo animato, quale trascendenza della spazialità: è l’origine della dinamica della trascendenza ontologica influente sulla sublimità spaziale. Pensieri che non possono essere espressi sono temporaneamente inconsci. Pensieri che possono essere espressi possono divenire consapevoli o divenire consapevoli prima che siano espressi. Ogni sensazione appartiene ad un campo sensorio. Il concetto di un campo sensorio implica che tutti i sensi siamo trascendenze spaziali, e che tutti gli oggetti sensori trascendenze dello spazio. Ogni oggetto percepito appartiene ad un campo di altri oggetti che non sono percepiti. Ogni sensazione percepita appartiene ad un campo di altre sensazioni che non sono percepite simultaneamente dal soggetto. Lo spazio può essere definito come una forma dell’esperienza esterna, piuttosto che come una ilemorfia fisica ove siano sistemati oggetti esterni. Le relazioni tra oggetti nello spazio sono rivelate dall’esperienza del soggetto che percepisce. Un campo di percezione estetica è un campo dove le percezioni sono presenti nella trascendenza temporale e spaziale. Le percezioni possono essere trascendenze fenomeniche come un fenomeno ontico, o ontologico della singolarità in trascendenza quale trascendenza della libertà ontologica. La libertà è l’essere-in-un-mondo per essere la trascendenza della libertà. Se l’esserci-sublyme è spazio-tempo-sublime o ontocronia sublyme in estasy lo è perché è una sublymanza spazio-temporale: come senso dell’essere di quell’ente che chiamiamo esserci, viene indicata la temporalità o spazialità sublyme. Sublime la messa in chiaro della contrastanza d’essere dell’esserci: nel sublime c’è l’apprensività, l’intuizione e la comprensione dell’intenzionalità della kurvatura dello spazio-tempo cosmico e kaosmico, cronologico irreversibile e kairologico reversibile nel mikro e nel macro infinito ed infinitesimo. Forse chi per primo eventuò la differenza tra spazio tempo intramonade in supersimmetria con lo spazio tempo della mondità disvelò il sublime leibniziano o meglio, la domanda leibniziana risuona: perchè esiste il sublime piuttosto che il nulla, perchè c’è la bellezza piuttosto che il niente, perchè si dà il sublime piuttosto che la bellezza, perchè c’è l’evento del sublime, perchè c’è l’estasy sublime, perchè c’è la fenomenica sublime o la noumenica sublime o la metafisica del sublime o l’analitica del sublime o l’ermeneutica del sublime o la mitologia del sublime o l’ontoteologia o l’ontica del sublime? Quando si svelino quelle domande si è di fronte all’ontologos leibniziano del sublime immaginario. Leibniz scrisse un frammento sull’apocatastasi o reintegrazione finale di tutte le cose, Apokatastasis, nella storia ci sono dei salti, dei varchi, dei momenti di sospensione, ed è lí che si nasconde Dio, pronto ad agire secondo un suo disegno lungimirante. Ciò che sembra un continuum in realtà è un discretum: l’apparente ripetizione dell’identico non impedisce lo sviluppo di piccolissime virtualità nascoste: lì si kripta il sublime infinitesimo e si svela in una spirale che ascenda verso l’apocatastasy arcana e sublime o mente di Dio o essere sublime apocatastasy nella mente di Dio, quale supersimmetria tra la monade divina e la monade mondità nella monade infinitesima del dasein-analytik quale discrepanza e asimmetria o contemplatezza riflettente. Ma c’è anche il nulla ed il nulla è il nulla nell’intramonade divina o della mondità o dell’esserci, quale infinitamente niente o nulla abissalità sublime dell’essere che c’è, si eventua, si dà quale nulla sublime o essere sublime che si gettano nel fondamento, nel fondo dell’essere quasi ci fosse una specie di doppiofondo, una bistabilità abissale tratto fuori dal nulla sublime liberamente: è il trarre il mondo dal nulla in modo perfettamente razionale, perfettamente legittimo, quale doppiofondo. Fondamento di ciò che è è la sua ragion d’essere. Ma fondamento del fondamento è la libertà, il mondo è fondato sulla libertà della purezza dell’ evento sublime, una paradossale vicenda quale variante leibniziana dell’argomento ontologico del nulla sublime: eventi del sublime che accadono, si eventuano dal trarre fuori dal nulla, o meglio dalla mente sublime divina della musa Kalypso, in forma di sublime: s’est trouvé tout inventé dans l’entendement divin avec une infinité d’autres, parce que cette suite d’evenements non è verità? Ed è la libertà, che è ma poteva non essere intrascendibile, privo di crepe e fratture entro cui spiri il vento dell’infinito sublime o del sublime infinito della libertà del tempo o l’oggetto infinito quale gegenstand infinito o ob-getto sublime di Ricoeur declinato secondo paradigmi e stilemi sublimi, o essere una condizione dell’esistenza temporale sublime dell’estasi dell’apokatastasy leibniziana o di Agostino il quale nei suoi celebri paradossi sull’esperienza del tempo sublime disvela l’esistenza di un oggetto sublime quale infinito sublime paradoxale: il tempo sublime non è mai quello che è, non è presente quando è presente, non è passato quando è passato, e quindi pretendere di misurarlo è come pretendere di misurare ciò che si sottrae a qualsiasi misura, giacchè si svela sempre quale dismisura sublime paradoxale. Aristotele nella sua Poetica spiega un concetto temporalmente determinato qual è quello di imitazione, non solo non comporta alcun riferimento alla rappresentazione physis, semmai la sospende o la stravolge: l’imitazione è anzitutto imitazione di azioni che per loro natura scorrono lungo l’asse del tempo, ma azioni il cui contenuto è il mito sublime, la mitologia sublime della musa Kalypso, giacchè fondata sul gegestand infinito o con possibili interpretanza infinite. La poetica-sublime e la physis-sublime appartengono a due regioni ontologicamente separate, distinte e incongruenti, ma in un chiasma moebiusiano: la poetica-sublime svela eventi che sono per l’esserci sensibilità e destinanza, la physis-sublime invece si dà quale tempo o misura del movimento dei corpi nello spazio o dynamis sublime, perciò la differenza è fenomenologica o ontica, ma non ontologica nel senso della dynamis dell’essere dell’ente, quali eventi del sublime, eventi che presentano una sostanziale identità di struttura ontologica: sono ontologia della disvelatezza della luce, quale ermeneutica della differenza e della contraddizione, per cui il senso si mostra negli opposti come altro da sé, inesauribile, capace di negarsi. Estasi della filosofia del sublime: quale interpretanza infinita che interroghi l’infinito trascorrere della formattanza sublime: evento che si eventui, nient’altro che evento, evento che differisce da qualsiasi altro evento l’abbia preceduto. C’è verità là dove si sostenga che il mondo sia sensato e sensibile, e c’è verità là dove si sostenga che il mondo non abbia sensibilità ma solo il logos, o la metafisica della verità epistemica: non si pensi l’essere che è e insieme l’essere che non è, non si pensi l’essere che diviene, perchè c’è la contraddizione e dunque il totale oscuramento della verità. Parmenide inaugurò così la metafisica della verità, o il pensiero che pensi l’essere: è la metafisica della verità che pensi l’essere epistemico e mai l’estasy sublime dell’essere abissale, essenziale origine del nihilismo quali phenomena della sublime disvelatezza. I phenomena quali figure nella spazialità infinita o ad interpretanza infinita si disvelano sempre irrudicibili al pensiero calcolante epistemici, anzi la loro presenza è una continua decostruzione della dynamis sublime: sia quale cronocromodinamica quantica, sia quale ontodinamica sublime o ontokronia del niente, del non-ente, del nulla. Quella dinamica sublime svela l’ontocronia nihilista dell’estatica Dasein-analytic quale topologica sublime del Dasein-analytic: il Dasein o Dasein-Welt, quale essere-nella-verità del sublime Dasein. I phenomena nihilisti sono semptre fenomeni sublimi del non-ente, del niente, del nulla, comprensibili senza gli strumenti del logos o della sensibilità o della congruenza intuitiva, giacchè lì l’entità non c’è, anzi lì si disvela solo l’abissalità estatica dell’essere-sublyme quale Essenza e essenziale Ontogenesi del Nihilismo. Heidegger gettò il nulla quale estatica progettanza dell’essere: il Nothing si dà si eventua quale evento del nulla, anzi solo il nulla getta la profondità abissale e sublime, quale ab-senza delle entità spazio-temporali sensibili o epistemiche della metafisica della verità o del logos. I phenomena nihilisti sublimi ex-sistono, nella loro Ex-sistenza che disveli la struttura ontologica dell’essere sublime ex-jectante l’existenziale ex-sistenza quale pro-gettanza-re-gettata presentemente assente dal nulla abissale sublime. Heidegger pensò così al nulla quale evento abissale della sublyme ontodynamis. La rosa è senza motivo, fiorisce perché fiorisce, quale auto-manifestarsi entità dell’ecstasy temporale o estatica della transcendenza in una danza cosmica che libera
la luminosità intrinseca o la translucenza o auto-organizzazione o Ereignis o kronotopodynamica nella physis sublime o dinamica sublime della mondità. Eraclito eventuò per prima l’essere sublime e poi la dynamis sublime. Eraclito fonda la dinamica sublime dello scorrere dell’essere nel nulla. Il pensiero sublime di Eraclito è ancora poetante ma nello stesso tempo è anche la prima singolarità sublime di contrastanza eristica: vi è contenuto il principio della dynamis sublime. La dynon-sublime è la dea sublime dell’esserci sublime, lì la singolarità sublime è completezza, lì la singolarità sublime si dà, si eventua quale differenza dell’ontodynamica della physis sublime, lì c’è l’autodynamica sublime della differenza nell’intrasingolarità, lì c’è l’abissalità sublime dell’essere nell’ente o l’evento sublime dell’essere nelle entità mondane, lì c’è il kryptarsi dell’essere nelle singolarità della physis sublime, lì c’ è il tramonto o meglio è l’insorgenza senza eclisse dell’astrophysis che dà luce e si dà alla luce senza tramontare. Non c’è orbita o gravità ma solo il soggiornare sublime senza fine, o il sorgere della purezza della transcendenza della physis sublime in relatività con la disvelatezza sublime e l’oblio.
L’idea è la dynamis sublime dell’essere stesso in sé e per sé, come ciò che è aletheia o disvelatezza sublime o verità aristocratica e sacerdotale. Eraklyto di animo variabile e intriso di ambiguità evocò una sibilla dalla bocca delirante che disse cose di cui non si ride, non addolcite né da ornamenti né da profumi. Il signore che svelò l’oracolo in Delfi non dice e non nasconde, ma pro-getta il sublime: tratti in inganno nella conoscenza del visibile, simili a Omero, trassero in inganno : tutto quel che si contempla e apprende si lascia lì, tutto quello che non si vede o che è indicibile o inaudito lo si porta via giacchè è sublime. La presenza in Eraclito dell’ oracolo si spiegò con l’intenzionalità di offrire una sacralità al pensiero, quasi si trattasse di una rivelazione ermeneutica sublime. Eraclito svelò la verità sublime nel logos, benché la verità sublime eterna, non la si comprenda mai, né prima di udirla né
dopo: così è il mondo, svelò, ma si è ignari da svegli, come nei sogni sublimi, tale verità riflette la physis sublime in ogni ente, quale stabilità della physis-archê ontologica, ma non c’è risonanza anche se si ascolta: sì è presenti, ma assenti. Sublime è il pensiero, è l’ ascolto della risonanza dinamica della physis sublime che raccolga l’intima natura della physis kryptata, giacchè ama nascondersi. E si dà o si eventua solo nella dynamis sublime. Si dovrà sapere che anche la guerra è sublime, e che la giustizia è contesa sublime, tutto avviene nella sublime contesa o eristica sublime. Polemos sublime o l’eristica dinamica della physis sublime è l’ontogenesi che rivela la fenomenica degli dei e l’ontologia della libertà dell’esserci, quale fondamento della mondità eleusina. Eraclito svelò la dinamica sublime dell’eristica in accordo o in discordanze discordi, quale bellissima e sublime armonia, concorde pur discorde: armonia sublime di tensioni contrastanti, come nell’arco e nella lira: questi infatti trasformandosi sono quelli, e quelli a loro volta, trasformandosi, sono la dynamis sublime, concorde e discorde, armonica e disarmonica, dinamica sublime ontologica-cosmologica che svela la struttura ontologica della dinamica sublime cosmica; il suo apparente caos trova nella singolorità sublime la dinamica strutturale latente, profonda, invisibile: l’armonia sublime invisibile è più pregnante o ontologica della visibile. La via in su e la via in giù sono identiche o invarianti nella dynamis sublime ontologica, così come è sempre lo stesso sia il principio e sia la fine nella sfera. Quella dynamis sublime del mondo è la stessa per tutti, non c’è né una per gli dei né una per gli esseri animati o inanimati, ma c’è sempre stata ed è e sarà fuoco vivo in eterno, che al tempo sublime si accenda e al tempo si spenga. Dinamica sublime reciproca di tutte le cose col fuoco e del fuoco con tutte le cose, con l’oro e dell’oro. Mutamenti sublimi dinamici del fuoco: dapprima mare, del mare una metà terra, l’altra soffio kosmico della dynamis o cosmogonia della physis sublime. Il kosmos dinamico sublime è la physis sublime che si dà, si eventua in una propria sublime dinamica strutturalmente stabile, si rivela in dynamis sublime della physis-archê sublime , interpretate come sublimi metamorfosi fenomeniche dell’ ontogenesi dinamica abissale : come sono gli insondabili confini sublimi dell’anima. Eraclito svelò così gli inesauribili movimenti dell’essere dell’ente, quale dynamis della physis sublime cosmica, quale struttura ontologica della bellezza-sublime della divinità o assolutezza dell’armonia fenomenica così interpretata nell’ermeneutica eristica della dynamis sublime: le fanciulle lungo la via che appartiene alla divinità, con il proprio desiderio sublime si inoltrano nella Notte verso la luce. Alla porta dei sentieri della Notte e del Giorno le fanciulle persuadono Dikê nel consentire il passaggio sublime, per la strada maestra che porta, infine, alla sublime dea o Verità sublime, la quale svela la sublime rivelazione: o sublime che giungi,
rallegrati, poiché una sorte sublime ti ha condotto a percorrere il sentiero sublime. La divinità sublime parmenidea è rivelazione della Verità sublime. Le qualità dinamiche dalla dea sublime della Verità o della Alêtheia sublime si svelano nella sua ontologica disvelatezza della dinamica sublime.
La dea è e si manifesta, si dà o si eventua nella dynamis sublime. Essere è pensare la dinamica sublime: quali siano le vie di ricerca sublimi:l’una è e non è possibile che non sia, è il sentiero della Persuasione, perché svela la dynamis sublime della Verità, l’altra non è ed è necessario che non sia: è un sentiero ove nulla si apprende: non si può conoscere ciò che non è, né esprimerlo. Infatti la stessa dynamis sublime è pensare ed essere. La rivelazione della dinamica sublime della Verità, affidata al mythos afferma l’essere, l’altra il nulla che non è; indeterminatezza dinamica dell’eristica sublime solo apparente giacchè svela l’essere sublime come vera e unica possibilità, e l’essere che non può non manifestarsi nel pensiero quale fenomeno dinamico sublime esistenzale dell’ esserci.
Essere la dynamis sublime o essere la verità dinamica della disvelatezza: to on o to eon, indica per un verso l’ente, ciò che è, per altro tutto ciò che è, per altro ancora significa quanto è immutabile, imperituro ed eterno, in ciò contrasta l’instabile physis sublime, come assenti, alla mente, siano saldamente presenti, non si può recidere l’essere dal suo essere congiunto con l’essere sublime, né come disperso dappertutto in ogni senso nel cosmo, né come raccolto insieme nella dynamis sublime dell’essere, qui:
l’essere to eon è pro-posto come lo sfondo che accoglie, stringe tutte le entità, la dinamica sublime che dà significato al molteplice degli enti presenti e assenti, lontani e vicini; l’instabilità dinamica della physis-archê sublime disvela l’assoluta dynamis nell’essere sublime: annichilisce il nulla, risolve la problematica del passaggio dal nulla all’essere o della transcendenza dinamica sublime
dall’essere al nulla o dispersione e concentrazione dell’essere nella cosmologia sublime o sublime proximità accanto all’essere, un non-essere quale entità fenomenica di modelli cosmogonici sublimi.
In relatività con l’epistemica cosmica dell’essere sublime in relazione con Senofane, il quale contrappone al
politeismo e antropomorfismo un monoteistico incentrato sulla singolarità dell’essere sublime e divinità della mondità nei segni dell’essere. È necessario il dire e il pensare che l’essere sublime sia: infatti l’essere sublime è,
il nulla non è: vi esorto alla contemplatezza del sublime, da questa prima via di ricerca si deve essere in lontananza,
ma anche da quella su cui gli esseri che nulla sanno
vanno errando: è l’incertezza che guida una dissennata mente, si è trascinati, sordi e ciechi , sbalorditi e senza giudizio,
dai quali essere e non-essere sono sublimi e non sono la medesima sublimità, e perciò del sublime c’è un cammino reversibile: che sia il sublime che non è!
Ma il sublime è l’occhio che non vede, l’orecchio che non sente le risonanze e la lingua che non parla, ma con la purezza estatica del sublime dinamicamente disvela la sua
consistenza ontologica sublime.
È la dea della verità del sublime che soggiorna senza eclisse, senza tramonto che svela la purezza dell’essere sublime in luce con il tramonto senza mai più coniugare essere e nulla, o la follia dell’ essere in interagenza con il non-essere.
Eraclito dissolve quell’eristica fenomenica o epistemica nella relatività dinamica della physis sublime che si dà alla luce e non si disvela, come la dea aleteia dell’essere sublime: è l’essere sublime, senza fine, perché è ora insieme tutta transquantika sublime, singolarità dinamica sublime. Quale è l’ origine della dynamis sublime o transdynamica transublime?
Dal non-essere o dal nulla non è consentito
né dirlo né pensarlo, perché non è possibile né dire né pensare
che non sia la dynamis sublime dell’esserci. Quale eventualità lo avrebbe mai costretto a nascere, dopo o prima, se derivasse dal nulla? Perciò è fenomeno che sia , o non sia per nulla.
E’ dall’essere dynamis sublime che insorgerà la certezza insorgente e soggiornante senza fine e senza eclisse, e che sia in relatività alla disvelatezza ed all’oblio: né il nascere né il perire consentì: l’essere si stringe con l’essere, è senza principio e senza fine. Lo stesso è il pensare, è il pensiero, perché senza l’essere nel quale si eventui,
non c’è il pensare: nient’altro o è o sarà
all’infuori dell’essere: la dynamis sublime dell’esserci è nascere e perire, essere e non-essere, o insorgere o soggiornare nel sublime o kronodinamica o transdinamica transublime: da ogni parte dynamis sublime, o nell’apeiron sublime. L’essere sublime è senza fine: non potrebbe sorgere dal nulla né passare nel nulla; è singolarità dinamica sublime indivisibile, disvelanza della dea della disvelatezza sublime: tra l’essere e il nulla, non rimane che un sentiero dinamico disvelante la physis sublime o la transphysis dell’esserci sublime.
La dynamis sublime c’è , si dà, si eventua: come può il
non-essere viceversa determinare ciò che è? L’assoluta assenza della dynamis sublime non si svela che nell’abissalità sublime kryptante: ex nihilo nihil , l’eventualità di una transgenesi sublime del nulla dal nulla si eventua sempre quale tramonto dell’essere sublime, ma l’esserci sublime che mai tramonta, che insorge e soggiorna è la dynamis sublime illuminante o translucente della trans-physis ontoepistemica, che implica la svelatezza della dea sublime o la sua verità. L’essere sublime soggiorna nel vuoto della physis sublime indivisibile ma dinamica, stabilmente senza eclisse e senza fine, atemporale, eternamente senza tramonto con la sua dynamis sublime, invulnerabile è un’icona del sublime, un’imago sublime della dynamis, un’immagine sublime, purezza transcentente e con una significanza cosmologica: l’essere della physis sublime o della transphysis o dynamis sublime disvelante, oppure occultante, disorientante, accadente esserci nella physis sublime quale etereo fuoco della fiamma, leggero, a sé medesimo da ogni parte identico, e rispetto all’altro, invece, non identico; opposto o in contrastanza con la notte oscura, di struttura densa e pesante: è la dynamis sublime quale ordinamento del mondo, verità in evidenza dell’essere sublime.
L’essere è sublime vivenza . La dea sublime delle verità non trema e si dà nell’evento sublime. Il mythos della dea sublime si dà sempre sorgente nell’archè-physis
quale transcendenza della purezza ontologica del sublime quali eventi sublimi dinamici o fenomenici, o la loro ermeneutica finita o infinita interpretazione del sublime trans-physico: il sublime è il manifestarsi stesso dell’esserci della dynamis sublime in relatività e in equilibrio con la physis dell’essere Aletheia sublime, verità dinamica, sempre insorgente e senza tramonto, alternante luce e notte, quale STORIA sublime ed ONTOLOGICA
della sublimità della PHYSIs Sublime o transphysis transublime.l’esistenza è una
posizione, è la condizione per avere predicati, non è un predicato, l’esistenza diventa un concetto puro della categoria di modalità, dunque torna ad essere
piuttosto simile ai predicat: si può considerare
l’esistere un predicato? Se sì, si ha una predicativizzazione generale del discorso, e il dualismo
ontologico-predicativo ; se no, occorre specificare bene in quale senso l’esistere non è un predicato o categorie di Aristotele, tradotte da Boezio con “praedicamenta”: in questo
modo poiché la prima categoria è la sostanza, anche la sostanza risultava essere un
praedicamentum). In effetti nella tesi l’esistere non è un predicato si nasconde una tesi ontologica
fondamentale, e fondamentalmente distruttrice dell’ontologia, la tesi per cui la cosa è
inafferrabile inconoscibile, di cui conosciamo soltanto le proprietà, linguisticamente espresse dai
predicati. Una posizione che è un tema costante da S. Tommaso a Gadamer, e che spesso sconfina
nella teoria dell’impossibilità dell’ontologia.
Ammettiamo ora che esista una attività tanto generale da essere l’attività senza la quale non si può
fare alcunché. Alcuni ritengono che questa sia appunto: l’esistenza;
distinzione come preliminare a distinzione cose-persone: le cose sono in sé le persone sono per sé: se mai questa attività super-generale corrisponde al “perdurare nel
tempo”, non ad “essere-esistere”. Naturalmente perdurare ha a che fare con essere: perdurare è funzionalmente analogo a essere. Essere ed esistere sono la stessa cosa Essere e tempo Heidegger asserisce che l’ontologia fondamentale
lla che introduce la tesi “ontologica” l’idea che il senso
dell’essere sia adeguatament
metaontologico nell’interpretazione di van Inwagen consiste nella costruzione e decostruzione e
ricostruzione di predicati, dunque si conferma più o meno direttamente il primato dell’analisi
concettuale in ontologia. È peraltro la costruzione di certi predicati che fa lavorare per così dire il
rasoio di Ockham: si tratta di modi di descrizione della realtà che ci evitano di riconoscere oggetti
come “distanze” o “buchi” o “eventi”, sostituendo ad essi strutture diverse di predicati inerenti a
uno ristretto numero di oggetti sicuramente riconoscibili monadikoi arithmoi. Tale teoria, lanciata da Platone e ripresa da Aristotele, è stata
sviluppata da Julia Annas in un libro molto importante sulla matematica in Platone e Aeristotele : i numeri
sono ontologicamente doppi in quanto servono a unire ciò che è distinto, e a distinguere ciò che è
unito. L’uno, in altre parole, è equivoco poiché è ciò che unifica una molteplicità, creando l’uno dal
molteplice, ed è anche ciò che individua-isola il singolo nel molteplice. Si tratta dunque della
distinzione tra uno-tutto e uno-singolo.
Il fatto che già nei Greci lo on debba diventare necessariamente un
en, questo non mi è riuscito di svelarlo, lo confesso apertamente!”. In effetti la numeralità
dell’essere è un problema per l’ontologia heideggeriana, e Heidegger non si è mai reso conto che la
numeralità è la condizione della dicibilità, non ha cioè mai sottolineato con chiarezza la natura
positiva del nesso tra linguaggio e matematica.
La riflessione ontologica di Heidegger metaontologiche, tanto che Heidegger finisce per fare poi quasi esclusivamente della
metaontologia: ossia per fermarsi a lungo a riflettere sulle condizioni dell’ontologia.
Solo nel 1928, però la problematica
metaontologica si dichiara come tale.
Perché Heidegger introduce il termine “metaontologia”
Proprio il termine “metaontologia” è utilizzato qui da Heidegger per precisare e distinguere i
concetti di ontologia fondamentale e di metafisica: le ontologie
regionali, ossia le domande ontologiche specifiche di ciascuna scienza, e l’ontologia fondamentale,
ossia l’ontologia (filosofica) che mira alla considerazione generale del senso dell’essere, e che
dunque è la premessa e il fondamento delle ontologie regionali. Heidegger qui sottolinea come i
problemi di fondazione delle scienze siano problemi ontologici: per la scienza storica si tratta di
capire che cosa è la storia, per la fisica si tratta di capire che cosa è la natura: ontologia designa anche la domanda sugli
oggetti tematici delle scienze, benché per Heidegger non sia propriamente ontologica la domanda su
ciò che “c’è”, sull’esistenza dei singoli oggetti, ma piuttosto sui concetti fondamentali o sull’ambito
di ciascuna scienza.
Poco tempo dopo, nel corso citato del 1928, Heidegger chiarisce che all’interno della metafisica
c’è una parte distinta dall’ontologia fondamentale, e collegata alle ontologie scientifiche (regionali),
e tale parte è la “metaontologia”. La metaontologia, dice Heidegger, è precisamente quella parte
della metafisica incaricata di porre, in relazione alle ontologie regionali della scienza,. Dunque a rigore la metaontologia e non l’ontologia è la disciplina che dovrebbe
occuparsi dei problemi ontologici della scienza, che cosa è la metaontologia
La necessità del nesso tra ontologia e metaontologia appare qui con estrema chiarezza: è ovvio che
porre il problema dell’essere è possibile sulla condizione che si riconosca e per così dire si veda
“una possibile totalità dell’essente: per porre la questione ontologica è necessario
presupporre la nozione di essere come totalità degli enti, e come apertura delle diverse possibilità
ontologiche. Ma per vedere tale totalità ci occorre l’esserci, la prospettiva sull’essere dischiusa
dall’essere-qui . Così la comprensione ontologica richiede “l’esistenza effettiva dell’esserci”,
e questa a sua volta “l’effettivo essere semplicemente presente della natura”, e tutto l’insieme infine
richiede la considerazione della totalità “essere”. Dunque “essere” che comprende esserci e
natura. “Da tutto ciò – spiega Heidegger – risulta la necessità di una peculiare problematica che ora
ha come tema l’ente nella sua totalità. Questa nuova impostazione del problema è implicita nella
natura stessa dell’ontologia e risulta dal suo capovolgimento, dalla sua µetaß???. Designo questa
problematica come metaontologia”. Con metaontologia Heidegger indica dunque il
“capovolgimento” (metabolé) dell’ontologia. (il punto di partenza non sono più gli enti ma
l’essere), e un trascendimento delle regioni specifiche dell’ente (per tematizzare “l’ente nella sua
totalità”). Egli aggiunge anche che tale trascendimento comporta un rinvio all’unità dell’essere, ma
una unità diversa da quella della universalità delle scienze. In questo senso, la metaontologia si
pone accanto all’ontologia fondamentale, che è invece un “insieme di fondazione ed elaborazione
dell’ontologia”, ossia l’analitica dell’esserci e della temporalità, ed entrambe entrano a costituire la
metafisica.
Ora accade però che Heidegger, nell’arco di qualche anno, sembra aver dimenticato del tutto la
posizione metaontologica, così accuratamente delineata. Nel 1935 nel corso estivo sull’Introduzione
alla metafisica non c’è traccia del termine meta-ontologia né dell’interrogazione relativa.
che nella questione metaontologica sia di mezzo quella stessa difficoltà che porta Heidegger alla
“fine” di Essere e tempo, l’oblio della questione metaontologica e le sue ragioni
Sicuramente, le complicazioni del rapporto di Heidegger metaontologi la metaontologia, ci avverte
Heidegger, non è una semplice scienza “ontica” induttiva, una semplice sommatoria “che racchiude
i risultati delle singole scienze”; d’altra parte“quello che qui dividiamo apparentemente tra
diverse ‘discipline’ e provvediamo di etichette è una cosa sola – così come appunto la differenza
ontologica è un o il fenomeno originario dell’esistenza umana”. In altri termini: l’unire che porta a
pensare la totalità-essere non è un semplice unire; il dividere che porta a chiamare questa ricerca
“metaontologia” non è un semplice dividere.
Tutto questo riguarda profondamente la possibilità di parlare dell’essere in termini discreti, e
dunque il nesso tra ontologia, identità matematica
(l’essere una della singola cosa).za meta-ontologica il “metà-”, scompare, e al tempo stesso emerge uno dei
grandi temi del secondo Heidegger, ossia la questione della metafisica, o dell’“oltrepassamento
della metafisica”.
connessione tra ontologia e scienze specifiche, ontologia fondamentale
“metaontologia” resta non chiarito, ma ciò avviene proprio perché la stessa questione
metaontologica è il punto oscuro del lavoro heideggeriano. Heidegger continua a elaborare la
nozione di ontologia fondamentale distinguendo ontologia e metafisica, a un certo punto anche
insistendo sulla ontocronia come contrapposta alla ontologia, in generale oscillando, proprio
intorno alla problematica dell’essere (in senso meta-ontologico)distinguere l’ontologia dalla meta-ontologia, l’ontologia (come indagine su ciò
che consideriamo esistente e presente, ma anche come indagine sull’essere in quanto essere, e nella
sua trascendenza rispetto agli enti) dalla riflessione sulle condizioni dell’ontologia.
dell’essere” non riesce a dar conto dell’essere matematico – che il
continuo dell’essere debba tradursi nel discreto delle cose.
Essere, matematica ontologia
perché ativo del dire (sagen) a differenza del
‘la casa dell’essere’, allora per
restare nella metafora resta l’inquietante questione: dove, in che luogo si trova questa casa?. Ora non è chiara la via attraverso la quale “l’inquietante questione” potrebbe incontrare una
soluzione; né è davvero chiaro in quale punto si collochi l’enigma perché il dire del pensiero deve dire l’Essere (piuttosto che la
differenza rispetto all’essente)…. La parola è accordata al dire dell’essente. Ma essa d’altra parte
può parlare così perché parla dell’apertura dell’essere (Lichtung): la differenza ontologica (tra l’essere e gli enti). I
nomi, a loro volta, per essere filosoficamente compresi devono essere tradotti in predicati. Ma
nell’ottica dei predicati “l’essere” scompare, ossia risulta una sorta di x inconoscibile, la cosa, o
upokeimenon, a cui ineriscono le predicazioni. Così la visione dell’essere come insieme di enti
porta al dileguare degli stessi enti. Heidegger pensava di ovviare a questo inconveniente proprio
eliminando il primato della cosa, cioè degli enti singoli, nella considerazione ontologica, e dunque
sostituendo alla visione discreta dell’essere come molteplicità di enti, una visione continua: l’essere
unico come costituente di tutti gli enti. Ciò gli sembrava possibile solo “ricordando” la differenza
tra essere ed enti.
Questa metaontologia heideggeriana vuole mettere in collegamento le ontologie delle scienze,
ponendole in rapporto all’unità dell’essere e al dover essere: ma
perché tale impresa dovrebbe essere distinta dalla metafisica, o dalla ontologia fondamentale? Non
è un caso che Heidegger si sbarazzi presto del termine metaontologia: in realtà si accorge che il
termine metaontologia designa un problema più che una soluzione: esso indica quella che gli appare
una incapacità della metafisica a porre la questione ontologica generale in rapporto alla scienza: l’essere è o
non è un predicato? Se lo è, è difficile ammetterne l’univocità, se non lo è, è difficile ammetterne la
descrivibilità.
come gli altri concetti fondamentali o generi sommi della tradizione filosofica, ha la caratteristica di
essere usato tanto come predicato quanto come condizione di predicati. Il primo uso è proprio del
linguaggio naturale, il secondo del linguaggio filosofico, ed è in filosofia che si vedono i rapporti tra
concetti fondamentali o generi sommi come essere, linguaggio, numero, tempo,
Il sublime o storia sublime della Physis sublime o della transphysis è essenzialmente un luogo sublime,una topologia della sublimità dell’abisso,della fondatezza,dell’aldilà ontodynamica sublime:la storia del sublime della Physis sublime è la storia dei luoghi del sublime,la storia sublime del sublime è la storia dell’Essere sublime,o dell’eterno ritorno del sublime o della risonanza infinita dell’essere sublime,nella latenza,custodita,curata per eventuarsi nella epokè sublime della Physis o della transphysis dinamica sublime.
La storia del sublime nella Physis o delle dynamis sublime transphysica è la storia della radura dell’Essere sublime, dell’Essere diradato,sgombro,libero d’Essere nell’abisso sublime, senza nulla, senza niente, senza fine, senza tramonto, senza eclisse.
Nessuno è ancora stato libero di ricercare la storia dell’ontologia del sublime nella Physis dinamica della transphysis transublime,aldilà dell’ermeneutica teologica, oltre la metafisica nichilista transcategorica, transepistemica, transparadigmatica.
Non c’è né l’ontologia dell’essere sublime, né l’ontosofia del sublime o la storia sublime della sublimità nella Physis della dynamis sublime o transphysis.
La storia del sublime si fonda sulla storia sublime della dynamis sublime:senza essere liberi di contemplare il sublime della transphysis transublime dynamica, non c’è il sublime ma solo fondamentalismo teologico, teocrazia:la storia sublime del sublime nella Physis è la storia sublime della dynamis d’Essere sublime in presenza della contemplazione dell’Essere transphysis o transublime.
Il sublime c’è quando l’essere si pone dinanzi nella contemplazione dell’Essere transphysis dynamica che si dà, si getta alla presenza nella radura, nella topologia dell’Essere, quale ontologia dell’Essere sublime dinamico, il Gegengrund sublime o fondale sublime transphysico che si eventua nella ontovarietà della gettatezza del sublime della dynamis sublime è la radura dinamica che custodisce, kriptata, latente la cura dell’Essere dynamis della transphysis.
I luoghi della Gegengrund sublime o fondale sublime della transphysis sono gli spazi kaosmici ove si getta dinanzi,davanti l’Essere sublime della dynamis, i luoghi del sublime dinamico sono quelli che l’esserci si trova di fronte non ad un orizzonte del mondo, o ad una prospettiva mondana, o ad un tramonto o eclisse cosmici, ma l’Essere è abitato dynamicamente dall’orizzonte e dalla prospettiva dell’Essere senza fine, senza declino,senza tramonto, senza eclisse, quale eterno ritorno della risonanza dell’Essere sublime della dynamis transphysica.
Solo così si eventua l’epochè della storia sublime della dynamis sublime, non teokratica, del sublime nella Physis dinamica della transphysis. Tanto per essere rigorosi fino in fondo:il sublime della dynamis non è la topologia della teocrazia, né il sublime è la singolarità nichilista transcosmica del transtempo transimmaginario, giacchè quelle suggestive topologie sono sempre transcategorie della prospettiva del mondo tramontante mentre l’orizzonte dell’Essere sublime della dynamis non si trova mai di fronte all’eclisse, al tramonto, alla fine della storia, del transtempo, del transpazio, del transkosmo o della transphysis.
Nel sublime della dynamis invece c’è l’eterno ritorno della differenza ontologica tra il Gegenstand quale contrastanza eristica della dynamis sublime transphysica: non il nulla o il niente, ma l’Essere sublime dinamico che ci viene in-contro, l’Essere della dynamis sublime che si getta alla presenza, per abitare l’Essere che contempla la radura ove si eventui la transphysis transublime.
La storia sublime della sublimità della dynamis sublime è la storia della differenza che si eventua nell’ontologia dinamica, quale presenza che abita il luogo transkaosmico della transphysis dynamica sublime.
La storia sublime del sublime dynamico della Physis sublime e della transphysis è la storia dell’Essere che contempla l’essere dinamico e di fronte, quale presenza dinamica della radura, ove non ha mai abitato né l’entità, né l’Esserci, né la mondità, né la metafisica, né la teocrazia, ma solo la risonanza dell’Essere dynamis sublime che ci viene in-contro, quale eterno ritorno della transphysis sublime dynamica. La storia sublime della sublimità transdynamica della Physis è la storia delle origini della transphysis dynamica, tanto per abitare i luoghi storici del sublime dinamico, si eventua nella risonanza quale Essere dynamico e sublime Essere transublime che ci viene incontro, Essere che abita l’Essere, Essere che si incontra kriptato nell’Essere sublime della Physis o transphysis dynamica.
La topologia, il luogo ove l’Essere dynamico ci viene in-contro e ci abita è il sublime della dynamis: la topologia del sublime dynamico è la sublime topologia della storia del sublime della transphysis dynamica, solo nella topologia del sublime dynamico la storia si eventua quale storia sublime della sublimità transdynamica della transphysis: giacchè solo lì è dinamicamente essere storia sublime del transublime della transphysis dynamica e mai più storia della teocrazia, storia metafisica della teologia teocratica, storia metafisica della transteologia teocratica,storia della volontà di potenza della teocrazia, storia dell’etica teocratica, storia metafisica dei transfenomena transcosmici.
I luoghi ove il sublime della dynamis ci viene incontro, o dove l’essere in-contra l’essere dynamico che si eventua ed abita l’essenza del pensiero della dynamis sublime, sono i luoghi del sublime della transphysis dynamici, sacri, oscuri, misterici, kriptati, perché quella prossimità dell’essere con la sua ikona che si getta alla presenza e la abita è sublimità dynamica nel senso di indicibile, inaudita, con paradigmi transfisici transcosmici, la storia sublime del transublime è la storia degli spazi dynamici, abitati solo dall’Essere sublime dynamico che ci viene in-contro, quale Gegenstand sublime o fondale sublime dynamico transphysico, mai nullità, e nel contempo:Essere sublime che si incontra nell’essere transdynamico che si getta ed abita, nella contemplazione, l’Essere dynamis della transphysis.
Le varietà del venire incontro dell’Essere sublime dynamico sono infinite, indicibili, senza eclissi: perché i luoghi del sublime della dynamis sfuggono alla classificazione dell’imperativo transcategorico del rigore razionale o della metafisica transideale nichilista, transergetica, transimmetrica, transinferenziale, translogistica, transteocratica.
Gli eventi del sublime della dynamis sono sempre in relatività con gli eventi e le ontovarietà dell’Essere sublime transdynamico che ci viene incontro, che si eventua quale dynamis sublime ontologica: si incontra l’Essere sublime dynamico, si contempla la dynamis d’essere sublime transkaosmica.
I luoghi del sublime-trans-dynamis transublime sono gli spazi topologici ove l’Essere sublime dynamico si dispone nella transcontemplazione, nell’ascolto,nella transvisione, nella transensibilità e nel pensiero transdynamico dell’Essere sublime di fronte, dinanzi, davanti che ci viene incontro, nella Gegenstand sublime o fondale dynamico della transphysis transkaosmica.
La storia sublime del transublime-dynamis è la storia delle radure, dei vuoti ontologici della Physis-dynamis, ove l’essere sublime si eventua per essere transcontemplato e per transabitare transdynamicamente l’essere di fronte, oltre che abitare dinamicamente solo il mondo, la Physis-dynamis sublime, il transkosmo.
Quando un luogo, una radura, un vuoto sono abitate transdynamicamente dall’Essere sublime che si getta e che viene in-contro all’Essere, si eventua il sublime e la sua storia quale storia sublime del transublime transabitare dinamicamente l’Essere dynamis, in libertà, in verità, in prossimità con l’Essere dynamica sublime.
La libertà di ricerca sulla storia sublime del transublime della Physis-dynamis si eventua nella storia dei luoghi ordinari del transenso del sublime, della sua transessenza, della sua transpresenza qui ed aldilà del mondo i luoghi del sublime, anzi meglio la topologia del sublime, lo spazio vuoto, la radura, lo spazio libero dalla transmondità ove è custodito, curato, evocato e transcontemplato il Gegenstand sublime o il fondale transphysico: l’Essere sublime che viene incontro per transabitare dynamicamente, non solo il mondo, ma la transikona dell’Essere sublime, la transessenza dell’Essere sublime, l’Essere transdynamis, l’Essere ontologico sublime.
Si eventua così nel transpazio e nel transtempo del mondo la differenza ontologica: si presenta la topologia dell’Essere sublime, di là e di qua la topologia transfluttuante del mondo dell’Esserci sublime, del mondo transvirtuale, del mondo transimmaginario, del mondo ontologico, del mondo dynamico sublime.
Il mondo dell’Essere sublime si getta nella transmondità anche quale mondo sublime, mondo transcaotico o mondo transcosmico, mondo transcaosmico, mondo transdynamico, mondo transestatico e la sua transfluenza transmetafisica si dispiega nel mondo transetico, transepistemico, paradigmatico, transermeneutico, transdinamico, transnoetico.
Quale fondamento della verità dell’Essere dynamico sublime la sua transfluenza dà transenso al transkaos, al transinvisibile, al transindicibile, al transinaudito, all’assenza presente della sua sacralità sublime: l’unica che possa salvare o curare nel mondo dell’aldilà, della dynamis sublime.
La Topologia dell’essere sublime e la sua topologia animata dell’Essere sublime transanimato che trascende
l’Esserci,ma non è l’Essere sublime ontologico dynamico.
Quelle ontovarietà dispiegano la complessità della fondatezza dell’Essere sublime nel mondo transvirtuale, transanimato, ontologico, transimmaginario, transdynamico, transmetafisico, transinergetico, transimmetrico e disvelano quanta volontà di potenza ci sia nella storia sublime del transublime della Physis-dynamis sublime.
Volontà di potenza dell’eterno ritorno dell’Essere sublime, nell’epochè della storia dell’Esserci sublime, ma anche volontà di transfluenza transegemonica transimperativa transcategorica nella transmetafisica, transermeneutica, transdynamica, transetica, transestetica, transepistemica, transvirtuale, transimmaginaria, transonirica, transestatica, transmitica, transmagica.
Nell’Essere sublime, l’Essere sublime animato non si adegua, in verità né all’Esserci, né all’Essere ontologico o dynamico.
Nel mondo del sublime il mondo animato non ritrova l’adeguatezza metafisica, epistemica, razionale, dynamica, estetica, etica con il mondo dell’Esserci, né con l’Essere nel mondo cosmico, immaginario, virtuale, kaosmico.
Ma quella differenza ontologica dell’adeguatezza non trascura l’ortogonalità influente della volontà di potenza metafisica della storia sublime della sublimità, anzi la sua transcategorica imperativa dà senso, identità, teocrazia storica e trascendentale.
L’Essere sublime, quale essere animato nel mondo sublime è la misura di tutto: del transkosmo che c’è e del mondo che non c’è, o è transinvisibile, transindicibile, transinaudito, transmitico, transmagico, transestatico; l’Essere sublime è anzi l’unico centro transgravitazionale che dà transenso, transtabilità, pace, e soprattutto e per lo più dà il transimpianto, la transcreazione, la transGestell sublime al transmondo dell’Esserci, dell’Esser qui, dell’Esser là, dell’Esser aldilà.
La topologia del sublime, quale storia sublime della Physis sublime è la Gestell-sublime del mondo e dell’Essere animato, quale Esserci che ci viene in-contro nella sua morfogenesi di Essere sublime animato, e perciò da transcontemplare.
Giacchè solo quell’Essere è sublime della physis che ci potrà salvare, o curare, o consolare, o guidare nel destino nella sorte, nell’avventura della storia sublime della sublimità.
La Topologia dell’Essere sublime è implementata nella bistabilità dei transentieri che si biforcano: c’è la superficie della Gestell sublime transfondante il mondo dell’Esserci, transvirtuale, trascendente, transimmaginario, transmetafisico, transetico, transdynamico, transestetico, transinergetico, transcosmico, transepistemico, transermeneutico, ma c’è, quale eterno ritorno nella superficie transimmetrica,l’Essere sublime animato che ci viene incontro nel vuoto ontologico, nella radura dynamica dal nichilismo, nella singolarità transkaosmica del nulla, quale Gestell sublime: contro-Essere, Essere sublime che ci incontra e avviene,si getta nell’Essere ma anche nell’Esserci, per abitare con il senso del sublime della Physis o dell’Essere sublime animato.
La storia del sublime è stata, ed è,sempre interpretata quale volontà di transpotenza della metafisica imperativa transinfluente: non c’è una storia dynamica del sublime, né una storia ontologica, né una storia sublime, né una storia ontologica, né una storia sublime nel senso di Topologia del sublime dell’Essere sublime più che del mondo o della transmondanità.
Il futuro della libertà di ricerca della storia del sublime si presenta nel transplesso, o nel transchiasma, dell’Essere storia della Gestell sublime dell’Esserci e del mondo, e storia della Gegenstand sublime o fondale transphysico dell’Essere sublime che ci in-contra, che avviene in-contro, quale risonanza dell’Essere sublime animato sempre, eternamente ritornante nell’aldiqua dall’aldilà. L’Esserci sublime che ci viene in-contro, quale Gegenstand sublime o fondale transphysico è la donazione di misura, la transmisurata topologica del sublime e della storia del sublime animato che transabita dynamicamente l’Essere sublime, oltre che il mondo e l’Esserci sublime, si transeventua quale transtabilità del transKaos, morfogenesi transvisibile dell’invisibile, transkoinè, linguaggio comune transetico e dynamico dell’indicibile, dell’inaudito, transmistero dell’indecidibile, transmistico svelato del sublime eternamente ed infinitamente transinterpretato in transermeneutica del vuoto silenzio della singolarità del sublime, quale storia del sublime.
La storia dell’Essere sublime è la storia dell’abbandono, della kriptazione, della translatenza, del transoblio dell’Essere sublime ontologico nell’Essere sublime animato: sia quale transvivenza dell’Esserci, sia quale transvivenza della mondanità eterna, transfinita, transmitica, transindicibile, transinaudita.
L’Essere sublime che viene in-contro o che si in-contra è l’essere animato che dalla latenza kriptata, transcustodita, transcurata, della radura della Topologia dell’Essere sublime, si transeventua imperativamente quale transmisura del transtempo e del transpazio, della dynamis e della transestetica, del transkosmo e del transKaos, del bene e del male.
Ma quella transgettatezza dell’Essere sublime non è semplicemente imperativo metafisico della volontà di transpotenza, quella è solo la sua metamorfosi transteocratica, transinfluente, altrimenti il sublime sarebbe solo una delle transvarietà transermeneutiche, transepistemiche, transestetiche, l’Essere transgettati, quale sublime dell’Essere animato dà transtabilità alla più transcomplessa Ontoteologia o Teoontologia della dynamis sublime.
Aldilà del bene e del male, anzi quale transfondatezza che transeventua ora l’uno ora l’altro o transannienta sia l’unità, sia l’alterità la storia che si getta, quale storia del sublime si presenta sempre nella sua transvarietà ontoteologica transinfluente che si dà, che ci viene in-contro, che si in-contra nei transentieri ininterrotti del sublime, quale metastabilità del transKaos, orizzonte transprospettico dell’Essere sublime animato che dà transenso all’Esserci sublime, alla transvivenza, alla transcreazione, alla transmondità, all’aldilà.
L’Essere sublime animato che si in-contra si getta nell’Esserci, nel transmondo, nella transvivenza quale transimpianto transimperativo transtabile della volontà di transpotenza dell’Essere sublime: è la Gestell dell’Essere sublime animato che ci viene in-contro, non quella metafisica, o transetica, transepistemica, ma quella metastabilità che annienta il Kaos, il nulla, il niente oltrechè l’Esserci preesistente, per fondare la Topologia del sublime dal nulla, dal transinvisibile, dal transinaudito, dal vuoto transcosmico.
La Topologia dell’Essere sublime che ci in-contra transabita transmistericamente il fondamento dell’Essere sublime animato, dell’Esserci della transvivenza del transmondo: transabita la transtabilità della Gestell sublime quale venire in-contro della presenza che ci in-contra nell’Essenza dell’Essere sublime.
La transtabilità dell’Essere sublime animato è la storia del sublime quale transkaos e transonanza che si presenta davanti di fronte al transKaos per Essere sublime Gestell topologica della radura, del vuoto dell’invisibile, dell’indicibile, dell’inaudito: la storia del sublime è la storia dell’Essere di fronte al transKaos, quale Essere sublime animato che ci viene in-contro e che si in-contra nella essenza della transvivenza, dell’Esserci, della transmondità dynamica sublime.
La storia del sublime è la storia sia sublime della metastabilità dell’Essere sublime animato che si presenta, si transeventua, ci in-contra nella transfondatezza dell’Essere sublime, dell’Esserci quale transvivenza, del transmondo, dell’Essere sublime aldilà.
Il Metaodos-dynamis è il transentiero ininterrotto del Gegenstand sublime o fondale transphysis: eterno ritorno della transonanza dell’Essere sublime che ci viene in-contro, e che si transgetta alla presenza dell’Essere sublime che si in-contra di fronte, dinanzi, quale transevento dell’Essere sublime animato. Il transgettarsi incontro nella metastabilità della presenza sia quale volontà di presenza o teocrazia,sia quale dono della transmisura del sublime o Ontoteologia, la storia del sublime dà transenso all’imperativo transcategorico del Gegenkaos Essere di fronte, davanti, incontro al transKaos del transmondo.
Ma la sua presenza si transeventua anche nel transgettare nell’essenza del fondamento dell’Esserci e della transvivenza l’incontro dell’Essere sublime animato, quale Topologia dell’Essere sublime o transvarietà dell’Essere ontologico.
La storia del sublime sarà la storia dell’interfaccia, intervolto, interessere animato che ci viene incontro nel transentiero dell’Essere sublime. Il campo del sublime è il transvolto dell’interessere sublime topologico animato. I transentieri del campo del sublime sono la transonanza dell’eterno ritorno della storia del sublime-dynamis.
Il campo sublime è l’intervarietà della Topologia dell’Essere quale campo metamorfico che dà ortogonalità all’abisso, dà la transvisione dell’Essere sublime animato all’invisibile, dà ascolto al silenzio inaudito, dà transenso al sublime che transgetta i transentieri dell’essere sublime animato nell’Abgrundynamis, nel senza fondo delle fondamenta dell’Essere: il campo mitiko è la Gestell-dynamis dell’Abgrundynamis, transimpianto della metastabilità che s’eventua nei transentieri dell’abisso.
La storia del sublime è la storia del campo dynamico, quale intervarietà della topologia dell’essere sublime animato.
Il campo sublime è la metastabilità, la Gestell dell’abisso, dell’Abgrundynamis, dell’interessere, dell’intervolto, della transfaccia ortogonale imperativa dell’aldilà che si transeventua quale vuoto transcosmico, radura dell’invisibile, silenzio dell’inaudito, transindicibile. Il campo dynamico del sublime è la transonanza dell’eterno ritorno dell’Essere sublime animato che si transgetta nella storia quale storia del sublime-dynamis.
Il campo dynamico del mondo è la Gestell-dynamis sublime nell’Abgrundynamis, quale ortogonalità imperativa senza fondo nell’aldilà, oltre l’orizzonte, oltre il tramonto della storia, oltre la fine della storia, oltre l’eclisse del mondo della storia classica.Il campo dynamico del sublime, la Gestell sublime, l’impianto sublime ove l’Essere animato che avviene, si transgetta dall’aldilà, ci viene in-contro e si incontra nella Gegenstand sublime o fondale transphysico, quale Essere sublime aldilà che si presenza di fronte, davanti, dinanzi quale transvolto, dell’invisibile, indicibile, inaudito del sublime nella volontà di transpotenza metafisica transinfluente, nella dynamis, nell’Estetica, nella Noetica, nell’Ermeneutica.Il campo del sublime dynamico si presenta sempre aldilà
della semplice teocrazia, quale volontà di transpotenza della metafisica ideale dell’aldilà, nella sua transvarietà di ontoteologia o Teontologia: transevento che si incontra nei transentieri dynamici della transgettatezza dell’interessere animato quale transvolto transimmagine dell’Abgrundynamis, dell’Essere sublime abissale che si in-contra nella radura topologica, nel vuoto ontologico, transcosmico, nelle singolarità nichiliste della transcronotopia dynamica transimmaginaria. La differenza ontologica tra il campo dynamico della storia sublime e la storia classica del sublime si transeventua nella differenza tra la storia della volontà di potenza dell’Esserci metafisico e la storia della Topologia dell’Essere sublime animato che ci viene incontro, che si in-contra, di fronte quale Gegenstand sublime o fondale transphysico dell’aldilà, dell’abisso sublime, quale matastabilità, Gestell sublime dell’Abgrundynamis.
La storia del sublime dynamico è la storia dell’immagine dell’Essere sublime che ci in-contra di fronte: transvolto dell’immagine, transdynamis.Il campo del sublime è la dynamis dell’abisso che ci sta sempre di fronte, ci transabita e che ci in-contra quale aldilà. Ma il campo dynamico del sublime, si presenta anche quale metastabilità, transimpianto, struttura ontologica,in qualità di salvezza, cura, pensiero dynamico della Physis sublime.
La storia del campo dynamico del sublime è anche la storia dell’Essere sublime: nella sua transvarietà di dynamis, di transimmagine dell’Essere sublime animato, mai quale volontà di transpotenza della metafisica dell’immagine del mondo.
Anzi il campo dynamico del sublime con la sua dynamis transinfluenza la transmondità, mai può essere soggetto, giacchè la sua fondatezza si disvela sempre dalla metastabilità dell’abisso, dell’invisibile, dell’indicibile, dell’inaudito, dell’aldilà i quali si presentano di fronte, davanti, in-contro alla mondanità, e si transgettano nella sua transfondatezza senza essere mai fondati.
In quel senso il campo dynamico del sublime è transdynamico, è più dynamico, dalle transimmagini del mondo: la storia del sublime è la dynamis della volontà di transpotenza della metafisica nichilista, della fine della storia; è più dynamica, giacchè abbandona le transimmagini del mondo per transgettare in-contro le transimmagini dell’Essere sublime animato. Il campo sublime non è stato, e non sarà mai una nuova metafisica, se mai è la Teontologia, senza essere ontologica: si transeventua invece quale alterità, senza essere differenza, e quale relatività senza essere dispiegamento.
Il campo dynamico del sublime è la radura ove si transgetta e si incontra sempre di fronte l’evento dell’immagine dell’Essere sublime animato.La storia del sublime è la storia dell’accadere della presenza, volontà e transpotenza dell’immagine dell’Essere sublime che si dispiega dall’abisso, dall’aldilà, dall’invisibile, dall’indicibile, dall’inaudito: che decostruisce il transtempo e l’immagine del mondo, dell’Esserci, della metafisica imperante nichilista.
Il campo dynamico del sublime crea il transpazio alla dynamis che si transeventua dalla metastabilità dell’Abgrundynamis, ma non dà fondatezza alla Grundynamis sublime: si svela in-contro, di fronte, in relatività, quale immagine dell’Essere sublime mai fondata, né fondabile dalla immagine del mondo, o dell’Esserci, o della Physis: Teontologia della dynamis quale transvolto, transvarietà della Ikona-dynamis del sublime dynamico.Il campo dynamico del sublime della Physis è la storia della differenza del venirci in-contro dell’Essere e del suo transgettarsi nel mondo, nella Physis sublime transcosmica: in qualità di transimmagine dell’Essere che si transeventua, quale Essere sublime animato metastabile della transvarietà dell’Abgrundynamis: nella sua transvarietà della semplice transgettatezza nella storia dell’Esserci, o dell’Essere sublime nel mondo.
Mai mondo nell’Essere o volontà d’Essere mondità dell’immagine dell’Essere.Daseyn e dynamis sono i sentieri del campo dynamico del sublime ove si eventua l’in-contro la Gegendynamis della Physis sublime ontologica .Lì la transonanza dell’Essere sublime che ci in-contra, dà transenso alla Teontologia, quale alterità della metafisica nichilista, in relatività con l’ontologia dynamica della Physis sublime .La storia di quell’in-contro si in-contra nella transonanza della storia del sublime, quale storia dell’immagine d’Essere sublime che si transgetta di fronte all’immagine del mondo o dell’Esserci: dynamis sublime che si transgetta in-contro al Daseyn. Il campo dynamico del sublime della Physis è quella Topologia ove la storia sublime si eventua quale dynamis del Daseyn, ed anche dell’immagine del mondo, attraverso l’immagine dell’Essere sublime animato in relatività con l’immagine dell’Essere che si transgetta dall’aldilà, dall’invisibile, dall’abisso, Abgrundynamis, indicibile. Ma il campo dynamico del sublime della Physis ontologica è anche la Topologia metastabile della abgrundynamis: immagine dell’abisso dell’Essere o dell’Essere abissale che si transgetta nella storia del sublime o transcendenza ontologica delle idee sublimi della filosofia sublime o struttura ontologica del sublime o essere-sublime-nel-mondo .
Dasein sublime come la struttura ontologica transcendente del sublime o transcendenza sublime dell’ essere, o transcendenza come essere-sublime-nel-mondo o sublime trascendenza dell’essere quale trascendenza del Dasein o Transzendenz des Daseins come “idea di essere” sublime. Dasein, l’idea di essere sublime che transcende tutti gli esseri, Dasein sublime quale transcendenza nel mondo o la transcendenza sublime del Dasein. La transcendenza sublime è la trascendenza dell’”idea di essere” in interazione spazio-temporale o transcendenza spaziotemporale sublime in interazione con l’essere ontologico: quale caos della notte sublime, in interazione con il mondo del sublime. Il mondo è sublime tempo-spazio-sublime.
In qualità di abgrundynamis il campo dynamico del sublime si metastabilizza in gestelldynamis, ikona della sua struttura ontologica, ove si eventua l’incontro tra l’Essere sublime animato, dynamis e l’immagine dell’Esserci sublime.Il campo dynamico del sublime della Physis è al tempo stesso stabile ed instabile:la sua stabilità è relativa all’Essere sublime animato che si transeventua quale essere sublime: dall’abisso sublime dell’Essere ci viene incontro e in-contra l’Esserci ed il mondo, la Physis sublime e la sua struttura ontologica.
E’ stabile nella Gestell sublime dell’immagine dell’Essere sublime ma instabile nell’Abgrundynamis intermittente la Gegendynamis,quale risonanza dell’Essere sublime dynamico della Physis.L’anfibologia del campo dynamico del sublime dà alla sua Gestelldynamis l’essenza della metastabilità in relatività con l’ontologia, quale Teontologia, in relatività con l’immagine dell’Esserci e del mondo quale teokrazia della storia classica del sublime.Quella differenza è essenziale, perché crea la biforcazione tra l’immagine della storia sublime e l’immagine del mondo della storia del sublime della Physis. Il sentiero nel campo dynamico del sublime dell’immagine della storia del sublime della Physis è stato interrotto, giacchè la storia si è dispiegata, ed anche, o immagine della volontà di transpotenza della metafisica o teocrazia.La Teontologia, quale immagine dell’Essere sublime che si getta nella immagine della storia del sublime non è più presente né nel mondo, né nel dynamico mondo, né nel mondo transdynamico, né nell’Esserci del dynamico campo del sublime della Physis. Solo la libertà di ricerca eventuerà nel futuro un’immagine della storia del sublime quale gettatezza dell’Essere sublime animato, che si disvela dall’abisso dell’aldilà.Solo così il campo dynamico del sublime della Physis quale campo animato dell’immagine o interimmagine della storia del sublime transeventua la storia del mondo animato, mentre fin’ora la storia del sublime si è presentata nell’interpretazione dell’immagine del mondo transimperativa e transinfluente, quale volontà di transpotenza metafisica sull’immagine della storia del sublime della Physis.Nella storia del sublime della Physis si transeventua una transinterferenza: quale immagine della storia del campo dynamico del sublime che dà la misura non solo al mondo, all’immagine del mondo, all’Esserci, alla dynamis, al nulla ma anche purtroppo all’essenza fondamentale dell’Essere, la storia sublime dynamica, esprime, disvela la verità, ma anche la occulta, la oblia, la kripta sotto la parvenza della cura, della latenza che custodisce conserva, accudisce, consacra e contempla. L’interferenza ontologica nella differenza transermeneutica del campo dynamico del sublime della Physis dà la misura della sua volontà di transpotenza imperativa transkategorica, ma anche la valenza dell’Esser sublime quale sentiero, dinamica di svelatezza della transdynamis, di contemplazione che dekripta l’evento dell’incontro che ci incontra nel chiasma dell’Essere sublime animato, quali immagine in relatività con l’Essere sublime ontologico.Quella transinterferenza che appare originariamente nel campo dynamico del sublime della Physis, si transeventua in altri campi quale la transPhysis o la transkoinè, disvela la differenza ontologica tra l’Essere-sé dell’Esserci nel mondo e l’esser-sé quale transdynamis: nella storia del sublime della Physis c’è sempre la trivarietà della Topologia dell’Essere: transSeyn, transDaseyn, transdynamis ove l’Esserci o l’Essere è indeterminato, ma sempre in relatività quale transDynamis: Esserci sempre nell’Essere-sè e nell’Essere al di là dal sé, transdynamis, senza paradossi di identità o di principi logici di contradizione, anzi quelle transevenienze non fanno altro che confortare l’imperativo transcategorico del campo dynamico del sublime della Physis.
L’interferenza di quella presenza, nel campo dynamico del sublime ontologico della storia del sublime della Physis dà la misura dell’ indeterminatezza, dell’invisibile, dell’infinitesimale, dell’indicibile, dell’inaudibile, del bene e del male, ma anche della transdynamis dell’adilà del bene e del male, dell’aldilà del mondo e del nulla, dell’aldilà del tempo e dello spazio, dell’aldilà della cronaca e della storia mitopoietica, dell’adilà della transdinamica e dell’estetica, dell’aldilà della guerra e della pace.Nell’interferenza ontologica quelle transvarietà sono solo episodi transeventuali dell’immagine del campo dynamico del sublime che dà la misura dell’Esserci quale Essere-sé nell’Essere sublime animato nel mondo sublime animato, nella Physis sublime animata.
La storia del sublime è creatrice di storia,non solo nel suo campo transdynamico del sublime della Physis, ma in generale e nel senso della globalità, quale transevento della nuova dynamis: transdinamica dell’Essere sublime animata in qualità di transvarietà dinamica: transEsserci, Essere sublime, Essere in relatività con l’Essere aldilà.
La nuova dynamis dell’Essere sublime animata è creatrice di storia del campo dynamico del sublime della Physis, o di quello transimmaginario, transvirtuale, transortogonale, metafisico transinfluente nichilista, decostruttivo, transermeneutico, transepistemico, transdynamico, transestetico, transinergetico.Il campo dynamico del sublime quale storia transdynamica del sublime della Physis sarà così il fondamento della nuova dynamis: quale transdynamica dell’Essere contemporaneamente, quale transdynamis, Esserci, Essere alterità nell’aldilà, Essere sublime dell’Essere animato.Il campo ontodynamico del sublime così è, non l’unico, ma il più evidente nella creazione della storia, sia Gestell, sia Gegen-Gestell: o meglio, e di più, è il Gegen-Stell: l’impianto della storia sublime della Physis, struttura ontologica che ci viene incontro dall’adilà, dall’alterità, ma che ci in-contra nel sentiero dell’Essere sublime animato.
Il Gegen-Stell, la sua struttura ontologica, è la metastabilità che ci viene incontro, quale presenza che ci incontra nel campo ontodynamico del mithos della Physis per impedire il declino nel nulla, nel kaos, nell’abisso, nell’Abgrundynamis.La storia mitika che crea la storia dell’immagine del mondo, è la presenza metastabile dell’aldilà, dell’alterità che ci incontra sempre di fronte, per interferire nel declino, nel klinamen abissale della metafisica nichilista tramontante, eclissante.Ma affinchè appaia la presenza della storia del mithos della Physis nel campo mitico interferente non è sufficiente il sapere dell’Esserci e del mondo, ma indispensabile dispiegare il sapere dell’Essere animato che si eventua di fronte e ci incontra dall’alterità dall’aldilà.
Il campo mitiko della storia del mithos della Physis si presenta nel mondo della storia solo attraverso il sapere del fondamento dell’Essere animato, il quale s’eventua sempre quale interferenza che ci incontra sempre di fronte, e viene ad abitare ontodynamicamente il dynamico campo della storia mitika dell’Essere animato.Solo il sapere dell’Essere consente di essere sempre di fronte ed incontro all’Essere mitiko nell’equilibrio del campo ontodynamico del mithos che consentirà di decostruire e creare il sentiero della storia del mithos della Physis. Il sapere dell’Essere mitiko si dispiega nel campo ontodynamico del mithos della Physis quale creazione della storia mitika del mithos, che dà fondatezza, getta nel mondo e nell’immagine del mondo mitiko le kategorie del mithos e la verità dell’Essere animato.
Il sapere dell’Essere mitiko che ci viene in-contro e ci incontra nel campo ontodynamico del mithos della Physis, quale sapere mitiko dell’Essere animato, che getta nella storia mitika del mithos della Physis la sua creatività, la sua verità, la sua missione dell’Esserci, la sua immagine del mondo. Quella sapienza mitika dell’Essere mithos della Physis che si eventua sempre di fronte, quale Essere animato trascendente la semplice volontà di potenza metafisica teokratica, o nichilista o sinergetica kosmica per dispiegare, nel campo ontodynamico del mithos che crea la storia sulla volontà di verità del mithos, e sulla volontà animata, o volontà mitika della storia mitika.
Mai sarà animata una nuova ontologia, ma è già trascendenza e tramonto della metafisica nichilista, epistemica, ermeneutica, paradigmatica che disvela l’immagine del mondo quale creatività dell’immagine della storia della globalità del mondo.
La volontà di verità mitika fonda la Teontologia, quale sapere dell’Essere animato nel campo sacro del mithos che crea la storia del mithos e l’immagine della storia dell’Esserci globale del kosmo: la storia mitika della Physis quale misura della storia del mondo, quale ATTRATTORE STRANO della dynamis.
Prima di Leibniz non esisteva una teoria dei fondamenti della ragione: il primo assioma logico dei fondamenti della razionalità moderna è rinvenibile nella frase leibniziana: “nihil est sine ratione”, niente è senza ragione ovvero nessun ente può esistere senza un fondamento, senza una razionalità.
Ma quando si opera l’ oltrepassamento della metafisica e quando si attua la “differenza ontologica”, è ancora fondamentale quell’assioma leibniziano e, successivamente, hegeliano ? Le conoscenze razionali sono confutabili sia attraverso la messa in crisi dei fondamenti sia attraverso la costruzione di una metafisica che pone ai fondamenti originari dei problemi irrisolvibili, aporetici e paradossali.La logica è entrata in crisi irrimediabilmente.Tale crisi era già, in origine, permanente?
La risposta è forse rinvenibile nella contrapposizione tra il nihil est sine ratione leibniziano e A.Silesio per cui la rosa è senza perché; poiché fiorisce di sé, non gliene cale; non chiede d’essere vista.Ora, di queste contemporaneità, sorgenti in simultanea, tra nascita dei fondamenti e crisi degli stessi è intrisa la storia della dynamis.E’ la storia della dynamis che si ripete e che si ritrova ad un bivio, ad una biforcazione.
Fin dall’origine, nella dynamis o nella trans-M-sublime………
| g.p. di monderose”.